Marco Giusti per Dagospia
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Che vediamo stasera? Io mi sono fermato alla terza puntata (o era la quarta?) quando viene fuori lo sperma alla cannella, ma sembra che la puntata chiave sia la quinta, l’unica diretta dallo sceneggiatore Ian Brennan, lezione magistrale di televisione e di ambiguità del true crime alla Ryan Murphy.
Insomma, questo “Monsters. The Lyle and Erik Melendez Story”, nove puntate su Netflix, dirette da Carl Franklin (tre), Paris Barclay (una), Max Winkler (una), Michael Uppendahl (tre), è una produzione ricca, imperfetta, ma piena di idee che ha la grande qualità di tener desta l’attenzione dello spettatore più smaliziato e logorato dalla enorme quantità di robaccia che vede tutti i giorni con quel gusto perverso delle serie di Ryan Murphy.
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Un po’ di sangue, un po’ di lotta di classe, qualche pisello in mostra. In quel di Beverly Hills, i due fratellini Melendez, Lyle e Eryk, interpretati dai bellocci Nicholas Alexander Chavez e Cooper Koch, ricchi e viziati, hanno ucciso da subito, alla prima puntata (è una storia vera, occhio!), papà e mamma, due star del calibro di Javier Bardem e Chloe Sevigny.
Gli hanno sparato col fucilone, bam! Bam!, poi hanno cercato di andare a vedere “Batman”, siamo nel 1989, son tornati a casa e hanno chiamato la polizia. Chi sarà stato? Una famiglia mafiosa? Fidel Castro, i Melendez vengono da Cuba? Dopo aver speso come pazzi i soldi del padre in orge e coca, Erik, due mesi dopo il fatto, non ce la fa più e spiffera tutto allo psicanalista, che a sua volta racconta tutto all’amante sciroccata e chiama anche Lyle in studio.
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Prima o poi la polizia capirà tutto. Lo sappiamo. A credere all’innocenza dei ragazzi è solo la famiglia cubana. Ma rimane il problema del perché lo hanno fatto? Perché uccidere così brutalmente i genitori. E questo lo saprete se vedrete l’intera serie, sapendo però che i due oltre che ricchi e viziati e sessualmente poco chiariti, sono anche bugiardi. Erik, specialmente, è un attore. E, allora, quel che dice sarà vero? Attenzione.
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Leggo che è bruttissimo il nuovo film di Amazon “Killer Heat”, thriller ambientato a Creta diretto da francese Philippe Lacote con Joseph Gordon Levitt che indaga su un omicidio. Ci sono Shailene Woodley e Richard Madden. 6% di gradimento su Rotten Tomatoes. Beh…
Non è bellissimo ma l’ho visto anche un po’ divertito il sequel di “Cassamortari”, film uscito solo su Amazon due anni fa di Claudio Amendola, che lo aveva scritto con la ora ex-moglie Francesca Neri e un gruppo di quattro sceneggiatori. Il sequel, sempre diretto da Claudio Amendola, è stato scritto da tre diversi sceneggiatori, e è misteriosamente scomparso il nome di Francesca Neri.
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Scompare anche, e ci dispiace, Giuliana Lojodice, che faceva la mamma dei fratelli Pasti, i cassamortari protagonisti del primo film. Loro ci sono tutti. Massimo Ghini, l’aviddissimo e tirchissimo fratello maggiore Marco (“Il bello di questo lavoro è il contante”), Lucia Ocone come la sorella Maria, che ha il vizietto di essersi scopata 118 vedovi inconsolabili, Gian Marco Tognazzi come fratello Matteo, quello che parla solo coi morti e non coi vivi, e Alessandro Sperduti come il fratello più giovane e meno avido, che nel primo film era legato alla mamma e qui si fa infinocchiare da Bella Salma, Caterina Guzzanti, una influencer barese che si finge spagnola.
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Torna anche, nella sequenza pre-titoli, il patriarca Giuseppe, interpretato da un romanissimo Edoardo Leo come padre della dinastia dei cassamortari, che ha sempre seguito il motto “Quando la gente muore solo in pochi ci guadagnano”. In più Claudio Amendola e i suoi sceneggiatori ci mettono una sorellastra coatta romana, Domiziana, interpretata da Silvia D’Amico, che di solito vediamo in ruoli seri, e uno chef barese, il Brando Patato di Michele Di Giorgio, compagno di Bella Salma.
Essendo un sequel, non abbiamo bisogno di presentare i personaggi, a parte le new entries, e le battute della Ocone arrivano più rapide (“ti sei sputtanato un milione in cripto-sto-cazzo per una che ti ha fatto vedere ’na caviglia”). Si vede, su. Abbiamo un bel cast di professionisti e anche Silvia D’Amico come comica se la cava. Amendola cerca di muovere la macchina da presa per rendere il set meno rigido delle casse da morto che vediamo. Sappiamo tutti che è il sequel di “Cassamortari”, che vogliamo di più…
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