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    “ALBERTO È SEMPRE MIO FIGLIO? FINO A UN CERTO PUNTO” – IL DOLORE DI ANTONELLA ZARRI, MAMMA DI ALICE SCAGNI, LA 34ENNE ACCOLTELLATA DAL FRATELLO A GENOVA: “VOGLIO CAPIRE SE ERA DIVENTATO UN PARASSITA DELLA SOCIETÀ O UNA PERSONA MALATA DA CURARE. NON MI CHIEDA ORA COSA PENSO DI LUI. COLPENDO ALICE HA VOLUTO UCCIDERE TUTTI NOI E…”


     
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    Alfio Sciacca per il "Corriere della Sera"

     

    alberto e alice scagni alberto e alice scagni

    «Alice era il cuore della nostra famiglia. Era una persona speciale e lui sapeva perfettamente che uccidendo lei avrebbe ucciso tutti noi». Antonella Zarri è la mamma di Alice Scagni, 34 anni, accoltellata dal fratello Alberto la sera del primo maggio a Genova. Una tragedia che ha travolto la sua famiglia e il cui bilancio poteva essere ancor più pesante.

     

    Pensa addirittura a un altro epilogo?

    «Mio figlio era arrabbiato col mondo. Diceva che si vergognava di respirare la stessa aria di sette miliardi di cogl Per questo avrebbe ucciso chiunque. Abbiamo registrato le sue telefonate di minacce a tutta la nostra famiglia. Nella sua intelligenza omicida ha colpito una sola persona per disintegrare la vita di tutti. Se poi quella sera non avesse trovato sua sorella forse avrebbe ucciso la prima donna che incontrava per strada».

     

    alice scagni 4 alice scagni 4

    Qual era il rapporto tra loro due?

    «Sempre appiccicati, una grande complicità. Erano i confessori l'una dell'altro. Per questo lei quella sera è scesa in strada tranquilla. Suo marito le aveva detto di stare attenta a portare fuori il cane da sola. Ma lei aveva risposto: "a me Alberto non farebbe mai del male"»

     

    Lei come ha saputo?

    «Mi ha chiamato la mia consuocera dicendomi che il cane di Alice era sotto il portone da solo. Ho capito subito»

     

    Ma non vi eravate mai accorti dei problemi di Alberto?

    «Lui ha cominciato a essere socialmente pericoloso negli ultimi due mesi. Prima era una persona della quale non condividevo molte cose, ma non pericoloso. Viveva da solo, ma avremmo denunciato prima se ci fossimo resi conto della sua pericolosità. E quando ce ne siamo resi conto lo abbiamo segnalato».

     

    alice scagni 3 alice scagni 3

    Segnalazioni che a quanto pare non sono servite a nulla

    «Nelle due settimane precedenti abbiamo avvertito chiunque. La stessa mattina del delitto abbiamo chiamato in Questura dicendo che avevamo registrato le sue telefonate di minacce. Non le hanno volute ascoltare. Alle 13.30 abbiamo chiamato il 112. Mi hanno detto che era festivo e, se volevo, potevo fare denuncia l'indomani. Li ho implorati di mandare una volante sotto casa di mia figlia perché le minacce erano chiare. Solo dopo la sua morte hanno ascoltato le telefonate.

     

    Si è capito che era un gesto premeditato e hanno aperto un'indagine. Ma anche giorni prima avevamo chiamato la polizia perché Alberto aveva dato fuoco alla porta di casa di mia madre. Ho detto agli agenti: "guardate che noi facciamo la fine dei genitori di Benno". E uno di loro ha replicato: "signora non la famo complicata". Insomma chi si occupa della sicurezza dei cittadini non ha saputo evitare una tragedia annunciata per mano di una persona che era diventata socialmente pericolosa».

    alberto scagni alberto scagni

     

    Ma Alberto è sempre suo figlio... Chi lo assiste ora?

    «Sempre mio figlio, fino a un certo punto. Voglio prima capire se era diventato un parassita della società o una persona malata da curare. Finché non lo saprò sospendo il giudizio. Abbia pazienza! Comunque ha un suo avvocato ed è ampiamente tutelato nei suoi diritti. Ma non mi chieda ora cosa penso di lui»

     

    Com' è cambiata la vostra vita?

    «Immagini, io ero in pensione da appena un mese. E quel giorno proprio Alice mi aveva regalato una maglietta con la scritta: "Non sono in pensione, sono una nonna professionista". (Antonella non trattiene le lacrime). Mi organizzavo per fare la nonna a tempo pieno del suo bimbo di appena 14 mesi. Spero che almeno lui non abbia traumi. Al momento sembra tranquillo, ma quando lo prendo in braccio guarda sempre verso la finestra e nessuno mi toglie dalla testa che abbia sentito le urla disperate di sua madre quella sera. Il portone è proprio sotto i loro vetri e lei era appena scesa».

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