Carlo Bertini per ‘La Stampa’
FRANCESCHINI RENZI GENTILONI
Matteo Renzi non vuol ripetere il bis del referendum costituzionale. Per questo, per la seconda volta in pochi giorni, avverte che non si farà da parte se dovesse andar male. «Non ci sarà nessun passo indietro e trovo sconcertante che tutto il tema della campagna elettorale sia quel che faccio io», risponde a Sky, dopo aver chiarito l' altro giorno che pure se il Pd scendesse al 20% lui non si dimetterebbe. Frasi tranchant che svelano certo la volontà «di non mettere la sua faccia come bersaglio di un eventuale risultato negativo», spiegano i suoi.
Ma che mirano pure a ricordare come il segretario eletto dal congresso abbia dalla sua la forza dei numeri, in primis quella dei gruppi parlamentari. Che saranno composti da un 80-85% di fedelissimi del leader. Come a dire: non ci sarà nessun ribaltone nel Pd e «non è aria di concedere congressi straordinari, pure se non si può prevedere, in caso di sconfitta netta, il livello di reazioni che si può contenere», ragiona un dirigente renziano. Quindi, il «resisterò» di Renzi suona come un avviso ai naviganti, grandi e piccoli, del Pd. Farebbe il segretario - viene già chiesto ad esempio a Franceschini. «L' ho già fatto», svicola il ministro.
GENTILONI BOSCHI RENZI
PRESSING PER ABDICARE
Nell' ultima settimana c' è stato infatti un pressing crescente da più parti affinché Renzi desse un via libera ad una candidatura ufficiale di Gentiloni come premier in caso di vittoria. Pressing giunto da esponenti delle correnti alleate, ma anche da renziani, che si son fatti interpreti di istanze raccolte sui territori, dei militanti e di varie categorie sociali. Sono in molti in questi giorni ad aver chiesto ai candidati in giro per l' Italia perché il segretario Pd non abbia investito il premier di un ruolo front line per strappare qualche punto in più di consenso.
GENTILONI ZINGARETTI
Renzi ha però deciso di non dare seguito a queste richieste perché un endorsement estemporaneo a Gentiloni in zona Cesarini sarebbe controproducente. E si è limitato a concedere una «deroga» a quanto prevede lo statuto sul doppio ruolo del leader Pd, dicendo sempre che non è lui il solo a poter ambire a Palazzo Chigi, ma anche altri. Per dare l' idea di una squadra in campo.
NIENTE FOTO DI SQUADRA
Squadra che però non sarà messa in bella mostra, a differenza di quanto dovrebbe fare il centrodestra giovedì a Roma. Renzi e Gentiloni saranno oggi insieme a Zingaretti su un palco romano, ma la chiusura della campagna ognuno la farà per conto suo: il segretario a Firenze, il premier di nuovo con Zingaretti nella capitale, Minniti a Pesaro, e così via.
Bonino Lorenzin
Non è prevista finora una photo opportunity del leader, del premier e dei ministri Pd riuniti su un palco; per non dire dell' assenza di qualunque manifestazione unitaria della coalizione di centrosinistra: con i big del Pd e delle varie liste della Bonino, della Lorenzin o dei prodiani-verdi-socialisti. Santagata pare abbia chiesto tempo fa di organizzare qualcosa tutti insieme, senza però ricevere riscontri.
MOGHERINI E ALFANO FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE
«Siamo avanti al Senato» Renzi comunque cerca di esorcizzare il timore diffuso anche tra i sostenitori del Pd di una prova deludente. «Non posso dire in quale, ma il Pd è primo in un ramo del Parlamento. Siamo ad un passo dalla maggioranza assoluta, non credete a chi dice cose diverse». A rivelare quale sia il ramo del Parlamento dove il Pd sarebbe avanti, in base ai sondaggi non pubblicabili, ci pensa il torinese Stefano Esposito: «Vedo Gigi Di Maio piuttosto agitato. Sarà per il fatto che il Pd è ormai il primo partito, avanti al M5S, in Senato?».
È la Camera alta infatti che nelle rilevazioni riservate fa sempre registrare un livello più elevato dei consensi al Pd rispetto a quelli della Camera: per via del fatto - spiegano gli esperti - che a Palazzo Madama non possono votare i ragazzi sotto i venticinque anni, fattore che favorirebbe i Dem a scapito dei Cinque Stelle.
L' AVVERTIMENTO DEL SEGRETARIO ALLA MINORANZA PER IL DOPO 4 MARZO
Dall’articolo di Maria Teresa Meli per il ‘Corriere della Sera’
«Non ci sarà nessun passo indietro»: Matteo Renzi è netto. Anche se il Pd dovesse prendere una batosta, e scendere, magari, al 20 per cento, lui non si dimetterà. «Sono il segretario eletto dalle primarie», afferma con forza il leader del Partito democratico.
Quello di Renzi è un messaggio a chi «parla già del dopo».
Ovvero agli avversari interni.
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RENZI ORLANDO EMILIANO
Sa che le minoranze da tempo vanno dicendo «il 5 marzo faremo i conti» e che ipotizzano «un congresso anticipato se il partito scenderà al 22-23 per cento». E invece di aspettarli al varco, Renzi li anticipa, forte del fatto che, come dicono i suoi, «non c' è una soluzione alternativa» a lui.
Non l' hanno ancora né Andrea Orlando né Michele Emiliano. Però i due sono pronti a giocare di sponda con pezzi della maggioranza del partito. Con Franceschini, per esempio, che a Renzi fa qualche appunto: «Forse dovrebbe fare più sintesi, mediare, ascoltare, accettare le critiche». E tra gli avversari del leader c' è pure chi vorrebbe coinvolgere Delrio nell' operazione. Di più. I renziani sono andati convincendosi che dentro il partito ci sia anche chi gioca di sponda con una parte di Liberi e uguali.
Con D' Alema, per l' esattezza.
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