Ugo Magri per La Stampa
RENZI BERLUSCONI
Collaboratori molto stretti di Berlusconi rivelano che il Cav si è buttato a destra perché Renzi, quel cattivone, non gli ha dato la possibilità di fare diversamente. In altre parole, Matteo l’ha spinto di proposito nelle braccia dei «sovranisti». E per dimostrare che è andata proprio così, le stesse fonti rivelano un retroscena databile metà agosto, quando la politica sembrava chiusa per ferie.
Ci sarebbero stati contatti per verificare se Renzi avesse cambiato idea sul modello tedesco, quello interamente proporzionale, l’unico in grado di «sganciare» Forza Italia dall’alleanza con Salvini e Meloni. La risposta renziana è stata «no», nessun ripensamento, il tedesco è morto sotto i colpi dei franchi tiratori grillini, pace all’anima sua.
BERLUSCONI RENZI
Ad Arcore non si sono dati per vinti e, tramite i soliti ambasciatori, hanno fatto recapitare a Rignano il seguente consiglio non richiesto: «Attento, Matteo, che se la normativa elettorale non cambierà, dopo le elezioni controllerai solo la minima parte del tuo gruppo parlamentare, perché con un Pd diviso e le preferenze potrà accadere di tutto. Il sistema tedesco ti permetterebbe invece, tramite i collegi, di scegliere gli eletti a uno a uno...».
Pare che la risposta di Renzi alle sirene forziste sia stata netta, della serie: «Come farò le liste saranno affari miei, in ogni caso non avrò di questi problemi». Il Cav ne ha preso atto. E dal momento che unire le forze è l’unico modo di concorrere al premio (rimasto in vigore per chi supera alla Camera «quota 40») Berlusconi si è precipitato a gettare le basi del futuro listone di centrodestra senza nemmeno attendere che la Commissione affari costituzionali riapra, mercoledì a Montecitorio, il dossier della riforma elettorale.
BERLUSCONI E SALVINI
«GAME OVER»
Berlusconi non si attende più nulla e Renzi, a sua volta, ha piantato un paio di paletti. Il primo, segnala il toscano Dario Parrini, è «no a qualunque intesa che escluda uno dei quattro maggiori partiti». Con i grillini contrari non se ne fa più nulla. Ed ecco l’altro paletto: se il centrodestra desidera a tutti i costi cambiare la legge, si accomodi dunque sul «Mattarellum» nella versione aggiornata, detta «Rosatello» dal nome del capogruppo Pd che l’ha proposto.
Cioè un sistema per metà maggioritario, per l’altra metà proporzionale. La Lega sarebbe entusiasta, e pure in questo caso ci sono stati contatti estivi mediati da Giancarlo Giorgetti, il padano più influente dopo Salvini. La novità degli ultimi giorni è che perfino gran parte della dirigenza berlusconiana sarebbe disposta a convergere sul «Rosatello», sul presupposto che «tanto vinceremmo comunque».
renato brunetta paolo romani
Da Romani a Brunetta, da Gelmini a Ghedini, tutti ci vedono il male minore. Tutti, tranne uno: Berlusconi. Per motivi che sfuggono ai più. In fondo, col «Mattarellum» l’uomo vinse due volte, nel 1994 e nel 2001. Inoltre allearsi con Fratelli d’Italia e Lega nei collegi sarebbe mille volte più easy che mettere in piedi una lista unica nazionale. Eppure Silvio resiste, forse per dispetto nei confronti del «giovanotto».
E così va in scena la solita pantomima. Renzi si dichiara «disponibile a cambiare sistema elettorale, se ci sono proposte». Salvini applaude «pronto domani mattina a dare i voti della Lega per una legge chiara e maggioritaria». Di Maio, intercettato a Cernobbio, replica sprezzante: «Ah sì? Allora se la facessero». Come nel gioco dell’oca, si ritorna sempre alla casella del via.