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    IL DUELLO FERRAGNEZ-RENZI SUL DDL ZAN NON È ALTRO CHE L’ULTIMA ISTANTANEA DEGLI ECCESSI DELLA "CELEBRITY POLITICS", DOVE TRA SPETTACOLO E POLITICA NON C’È PIÙ SOLUZIONE DI CONTINUITÀ – MA LANCIARE UN GUANTO DI SFIDA A COLEI CHE HA 24 MILIONI DI FOLLOWER E CHE BRANDISCE IL TELEFONINO COME UN FENDENTE, VUOL DIRE FINIRE NEL TRITACARNE… - L'ANALISI DI PANARARI


     
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    Massimiliano Panarari per "la Stampa"

     

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    Renzi vs. Ferragnez. No, non è un peplum - quei film che furoreggiavano nell' Italia balneare di qualche decennio or sono, stile Maciste contro Ercole -, ma il rumore di spade e il clangore di trombe è il medesimo. Come lo sono le botte da orbi che si sono scambiate l' influencer e il politico intorno al ddl Zan. Il duello tra Chiara Ferragni e Matteo Renzi è un compendio degli effetti del tracimare della disintermediazione, allorché la classe politica sempre più sovente (e sconsolatamente) segue - un po' come l' intendenza.

     

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    E un' istantanea degli eccessi della celebrity politics, che ha fragorosamente abolito da tempo le distinzioni di ambito professionale in materia di acquisizione della popolarità e della visibilità nelle democrazie del pubblico, composto di cittadini-consumatori, cittadini-elettori, cittadini-spettatori e "opinionisti" a seconda delle tipologie dei media.

     

     E dove tra spettacolo e politica spesso non vi è più alcuna soluzione di continuità. Esattamente come in queste «baruffe chiozzotte» che si nutrono, infatti, della chiacchierata infinita che si svolge sui social network. Solo che - per citare l'«antropologa del cyberspazio» Sherry Turkle - non siamo dalle parti della «conversazione necessaria» del faccia a faccia (che è stato fondamentale per portare in tanti casi la lotta politica a convertirsi in dialogo tra i diversi), ma alla guerra simulata transmediale. E, una volta di più, alla starizzazione della politica, alimentata da politici-star contro star che si mettono a fare quella che può sembrare politica.

    FERRAGNI RENZI FERRAGNI RENZI

     

    Nella fattispecie, la singolar tenzone è, ovviamente, smaterializzata. E, quindi, in attesa di sapere se Ferragni, sfidata da Renzi a incrociare le lame de visu, raccoglierà il guanto, per adesso la saga si può seguire solo via social. In un tripudio di litigation e tifoserie, come tipico del processo di hooliganizzazione da cui la politica viene pressoché istantaneamente assorbita una volta trapiantata sui media sociali e "personali".

     

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    Ovvero quegli strumenti tecnologici che avrebbero dovuto garantire le sorti magnifiche e progressive di una rinnovata partecipazione e «democrazia diretta», e hanno invece generato soprattutto un' escalation di aggressività. A conferma del fatto che chi di disintermediazione colpisce, può perire. O, quanto meno, si ferisce. Perché è stato proprio l' attuale leader di Italia viva che, da segretario del Pd e premier, ha spinto più in alto l' asticella della disintermediazione - insieme a quella della personalizzazione - nel campo del centrosinistra. Infrangendo dogmi e consuetudini per sintonizzarsi sullo spirito del tempo postmoderno e antipolitico, ma scoperchiando così un vaso di Pandora che ha liberato potenze incontrollabili.

     

    MATTEO RENZI MATTEO RENZI

    E ha prodotto un effetto boomerang che finisce per ritorcerglisi contro, dal momento che nel mare magnum del web vale la stessa regola sintetizzabile con le (presunte) parole pronunciate da Stalin al vertice di Yalta: «Quante divisioni ha il Papa?». Che su Internet si chiamano milioni di follower, come i 24 sonanti posseduti da Chiara Ferragni. Il match Renzi-Ferragnez, quindi, è soltanto l' ultima pagina di una politica pop sempre più mediatizzata in cui le barriere sono cadute da tempo, e si sconfina "allegramente" alla ricerca dell' obiettivo fondamentale, che è di tipo rigorosamente quantitativo.

     

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    Un like non corrisponde precisamente a un voto (e men che meno a uno ponderato), ma sempre e comunque di costruzione del consenso si tratta per la campagna elettorale permanente di un partito (specie se non baciato dalla fortuna nei sondaggi). Così come certe forme di impegno civico degli influencer, a volte, danno l' impressione di essere l' equivalente della voce «allargamento del mercato» di un business plan, o di risultare ispirate da una forma opportunistica di marketing.

     

    Nel frattempo ci tocca così assistere pure all'«istituzionalizzazione» di Instagram, diventato la "Quinta" o "Sesta Camera" (ormai si è perso il conto...). Per Renzi, boxeur e pokerista, la battaglia con i Ferragnez è una sorta di «piatto ricco, mi ci ficco», ancor più perché alla vigilia dell' uscita di un libro (e il suo fiuto autopromozionale oramai sopravanza parecchie altre cose che sarebbero più opportune per chi fa politica).

    MATTEO RENZI MATTEO RENZI

     

    Ma dire - come ha fatto Ferragni - «che schifo che fate politici» suona effettivamente come uno slogan populista (e pure, giustappunto, un po' qualunquista). E, difatti, c' è chi scommette che il marito Fedez stia scaldando i muscoli per inserirsi nel vuoto politico lasciato da un grillismo prossimo alla smobilitazione.

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