PIERCAMILLO DAVIGO E SEBASTIANO ARDITA
Valentina Errante per “il Messaggero”
L'incontro tra il procuratore di Roma Michele Prestipino e quello di Brescia, Francesco Prete, avverrà probabilmente martedì. Ma sembra oramai chiaro che il fascicolo sulla violazione del segreto d'ufficio, contestato a Paolo Storari, per avere consegnato all'oramai ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo i verbali secretati di Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria, andrà alla procura lombarda. Perché quei documenti riservati, nell'aprile 2020, l'ex pm di Mani pulite, li avrebbe ricevuti a Milano, nel suo appartamento.
E così toccherà agli inquirenti di Brescia stabilire quali siano le effettive responsabilità di Davigo, in un presunto concorso nel reato, finora escluso dai pm romani, che invece potrebbe configurarsi anche alla luce dei nuovi elementi. Nell'ultima bufera che travolge il Csm si inserisce, infatti, anche la politica. La notizia della presunta loggia non era uscita soltanto dal palazzo di giustizia di Milano per arrivare, in via informale, al Csm, ma anche da Palazzo dei Marescialli, attraverso Davigo, per raggiungere San Macuto.
PAOLO STORARI
L'ex pm di Mani Pulite, oltre che con altri consiglieri del Csm, aveva infatti parlato anche con il presidente dell'Antimafia Nicola Morra, «nella tromba delle scale» di Palazzo dei Marescialli, facendo un preciso puntuale riferimento al coinvolgimento (smentito dall'interessato) dell'ex amico e compagno di corrente Sebastiano Ardita, citato come affiliato alla loggia. E Morra ora ha trasmesso una nota ai pm della Capitale. Ieri intanto è stata la volta di Sorari davanti ai pm di Roma.
sebastiano ardita
L'INTERROGATORIO
Per due ore, ieri, il pm di Milano, Paolo Storari ha ripercorso davanti ai pm di Roma, che lo accusano di rivelazione del segreto d'ufficio, la vicenda dei sei verbali dell'avvocato Piero Amara secretati e consegnati nell'aprile 2020 a Davigo. Il passaggio sarebbe avvenuto a Milano, nei giorni del primo lockdown. Storari ha rivendicato la legittimità della sua iniziativa, affermando di sentirsi «sereno».
piercamillo davigo ospite di dimartedi' 3
Ha parlato di documenti consegnati per «autotutelarsi» (richiamandosi a una circolare del Csm del 94) perché, a suo dire, il procuratore capo di Milano Greco e l'aggiunto Laura Pedio avevano ritardato per mesi le iscrizioni di indagati, Amara compreso. «Storari non ha provocato assolutamente niente - ha detto il difensore Paolo Della Sala - Quello che è tecnicamente avvenuto è che le informazioni, perché i verbali non sono che il supporto di informazioni, sono state comunicate ad una persona autorizzata a riceverle. A sua volta questa persona le ha veicolate ad un organo istituzionalmente competente».
davigo
E ancora, ad ulteriore chiarimento, il difensore del magistrato ha aggiunto che «tecnicamente il dottor Davigo era persona autorizzata a ricevere quegli atti, tale si era qualificato, e in tal senso aveva autorizzato il dottor Storari». Carte quindi consegnate, è in sintesi la versione fornita ai magistrati romani, senza infrangere regole e rispettando i ruoli. «Riteniamo perfettamente legittimo e conforme a legge quanto accaduto».
PAOLO STORARI CON IL SUO AVVOCATO
L'ANTIMAFIA
Nell'ultima bufera che si abbatte sulla magistratura si è aggiunta due giorni fa la testimonianza del presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, che ha trasmesso ai pm di Roma una nota per riferire alcune circostanze relative a quei verbali «Ricordo perfettamente che Davigo mi portò nella tromba delle scale del Csm, questo atteggiamento mi insospettì, era quasi a far pensare che non ci si fidasse neanche del luogo in cui ci si trovava, mi disse semplicemente che sul dottor Ardita si stava adombrando un sospetto assai grave, e cioè che fosse in qualche modo organico a una loggia massonica segreta, occulta, in base alle dichiarazioni, io ricordo questo poi magari ricordo male, di un collaboratore di giustizia».
nicola morra
E aggiunge: «Ricordo che rimasi basito, esterrefatto dalle dichiarazioni in questione». Morra ha aggiunto di avere parlato della vicenda con lo stesso Ardita e con il consigliere del Csm Nino Di Matteo, che gli suggerirono di andare in procura.