1. TURISTA CITATO DA STENDHAL: QUANDO SARA’ FINITO SARA’ MAGNIFICO
Giorgio Ieranò per la Stampa
COLOSSEO
Visitare il Colosseo, scriveva Charles Dickens nel 1846, «è come vedere lo spettro dell' antica Roma, vecchia, malvagia, meravigliosa città. È il più impressionante, il più imponente, il più solenne, grandioso, maestoso, penoso spettacolo concepibile. Mai, nel suo più sanguinoso rigoglio, la vista del gigantesco Colosseo, pieno e traboccante della vita più libidinosa, può aver commosso un cuore come commuove tutti coloro che lo guardano oggi, una rovina. Dio sia ringraziato: una rovina!».
Ma non è solo il fascino romantico delle rovine che ha trasformato il Colosseo in oggetto dei sogni e delle fantasie di una schiera infinita di artisti, scrittori o semplici turisti. L' Anfiteatro Flavio è da sempre luogo favoloso. Fin da quando Marziale, nell' anno 80 d.C., ne salutò l' inaugurazione con i suoi epigrammi.
Pasifae ed il toro
Al mito millenario del monumento-simbolo di Roma è dedicata la mostra «Colosseo. Un' icona», aperta in situ da dopodomani al 18 gennaio, mentre un libro pubblicato per l' occasione ( The Colosseum Book di Nunzio Giustozzi, edito da Electa) ne ricostruisce la leggenda. Una leggenda che fin dalle origini si fa evocatrice di tutta la magnificenza e la crudeltà, di tutti gli splendori e le miserie dell' impero romano. Gli epigrammi in cui Marziale descrive i giochi inaugurali sono un repertorio di meraviglie, ma anche di orrori e bizzarrie.
Il poeta racconta le scene mitologiche rifatte dal vivo. A una poveretta toccò di impersonare la regina Pasifae posseduta da un toro. Un altro disgraziato fu fatto apparire da una botola in mezzo alle belve feroci: doveva svolgere il ruolo di Orfeo che incanta gli animali e, ovviamente, non li incantò.
EFFETTI SPECIALI NELL' ARENA
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Marchingegni di ogni tipo offrivano al pubblico mirabili sorprese. Gli antichi amavano gli effetti speciali. Il Colosseo viene allagato per ospitare battaglie navali ma anche leziose esibizioni di belle nuotatrici che incarnano le ninfe del mare.
I romani avevano anche già pensato a coprire l' anfiteatro con un telone (il velum ) che veniva disteso, all' occorrenza, dai marinai della flotta imperiale. La stessa soluzione che oggi, tra tante polemiche, si sta studiando per l' Arena di Verona.
Poi, certo, c' erano i combattimenti dei gladiatori. Un altro mito sempiterno che prospera da Marziale stesso fino a Ridley Scott. Peccato che quest' ultimo abbia infarcito il suo film Il gladiatore di imprecisioni storiche. Senza sfruttare, invece, l' unico fatto testimoniato con certezza dagli antichi: l' imperatore Commodo, il cattivo del film, amava davvero combattere nell' anfiteatro.
gladiatori colosseo
Il Colosseo subisce la damnatio dei cristiani, che condannano la crudeltà dei giochi circensi. Diventa luogo di culto: ai pellegrini si prescrive di raccogliere una zolla dell' arena, intrisa del sangue dei martiri dati in pasto ai leoni (anche se non si ha alcuna notizia certa di cristiani trucidati nel Colosseo).
Ma, nell' oscurità della notte, il monumento pagano si trasforma in un covo di demoni, si popola di diavoli e fantasmi. Benvenuto Cellini vi s' insinua alla luce della luna, in compagnia di un negromante, per evocare legioni di spiriti. L' architettura del Colosseo ispira anche la visione della Torre di Babele nei quadri di Pieter Brueghel il Vecchio. E pure Edgar Allan Poe dedica un poemetto al monumento che, tra Sette e Ottocento, diventa tappa obbligata del Grand Tour. Lo visitano Stendhal e Chateubriand, Nathaniel Hawthorne e Mark Twain.
colosseo cristiani
Ci va Goethe, l' 11 novembre 1786, e anche lui, che pure amava le feste galanti più delle rovine, ne resta impressionato. Annota nel suo Viaggio in Italia : «Quando si è visto questo monumento tutto il resto sembra meschino; è così grande che la sua immagine non si può contenere tutta nello spirito; ce lo ricordiamo più piccolo, e se vi ritorniamo ci sembra più grande». Più tardi lo visita James Joyce, che scrive, in una lettera al fratello: «Roma mi sembra un tizio che vive esibendo ai viaggiatori il cadavere della propria nonna».
stendhal
DAL FASCISMO A JEEG ROBOT
JAMES JOYCE
La retorica fascista non mancherà di sfruttare il monumento come simbolo della gloria imperiale. E l' anfiteatro, ben prima di Ridley Scott, è ovviamente scenario prediletto di molti kolossal in stile peplum . Ma fa la sua comparsa anche in altri film. Lo visitano romanticamente Gregory Peck e Audrey Hepburn in Vacanze romane . Ci si arrampicano prima Alberto Sordi in Un americano a Roma e poi Claudio Santamaria nei panni dell' improbabile supereroe romanesco di Lo chiamavano Jeeg Robot .
Tra le sue arcate combatte pure Bruce Lee, abbattendo i suoi avversari a colpi di kung-fu. Riprodotto, serializzato e smerciato in migliaia di immagini e souvenir, il Colosseo non è più solo un monumento del passato. È un' icona pop della modernità. Come diceva un viaggiatore inglese dell' Ottocento, citato da Stendhal, osservando alcuni muratori che si affaccendavano per puntellare le antiche pietre: «È la cosa più bella che ho visto a Roma: quando sarà finito sarà magnifico».
2. BANDO (SULL' ECONOMIST) PER DIRIGERE IL COLOSSEO
BRUCE LEE COLOSSEO
Lo. Bu. per “il Giornale”
Nel 2015 furono gli Uffizi, la Pinacoteca di Brera, il museo di Capodimonte a Napoli, la Galleria dell' Accademia di Firenze, il Palazzo Ducale di Mantova. Ora tocca al Colosseo: il bando internazionale per la ricerca del prossimo direttore del parco archeologico - che comprende oltre all' Anfiteatro Flavio, anche il Palatino, il Foro Romano e la Domus Aurea - è stato pubblicato ieri anche sull' Economist, oltre che sul sito del Mibact.
dario franceschini al colosseo
Presto, entro l' estate, si potrebbe allargare dunque la collezione dei gioielli culturali italiani a guida straniera. Ieri è stato lo stesso ministro dei Beni culturali Dario Franceschini a twittare: «Su the Economist il bando internazionale per il direttore del Colosseo. Ultimo passo della riforma dei museitaliani». Già, perché ad agosto del 2015 l' infornata di nuovi direttori aveva già portato alla nomina di ben sette stranieri (3 tedeschi, 2 austriaci, 1 britannico e 1 francese) sui venti selezionati alla guida dei maggiori siti museali. Da Eike Schmidt, 47 anni, esperto di fama internazionale, direttore degli Uffizi, Sylvain Bellenger che ha preso le redini di Capodimonte, mentre Brera è stata affidata al britannico di origine canadese James Bradburne.
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Una «svolta», aveva definito allora il ministro Franceschini il decreto che rivoluzionava il comparto cultura, che «colma anni di ritardi, che completa il percorso di riforma del ministero e che pone le basi per una modernizzazione del nostro sistema museale». Non senza evitare una pioggia di polemiche per il metodo di selezione internazionale per ricercare studiosi esperti di beni nostrani.
Ed è una nuova pagina anche per la storia del monumento capitolino, che conquista così la propria autonomia sganciandosi dalla gestione diretta della Soprintendenza e del Comune di Roma. La gara, che scade il 14 aprile e renderà noto il vincitore entro fino giugno salvo proroghe, ricerca per il Colosseo un top manager capace di «leadership strategica» e che possieda «competenza di gestione di tale sito».
OBAMA E FRANCESCHINI AL COLOSSEO
Quattro gli anni di incarico in palio per l' inquadramento di dirigente di prima fascia e un compenso di 145 mila euro all' anno, più un eventuale retribuzione di risultato di massimo 35mila euro. Il manager avrà il compito di coordinare e monitorare tutte le attività del sito, comprese «mostre ed esposizioni», oltre a occuparsi di «studio e la valorizzazione del patrimonio». Soprattutto, dovrà fare del parco «un luogo vitale, inclusivo, capace di promuovere lo sviluppo della cultura» e favorire «l' erogazione di elargizioni liberali da parte dei privati».