1. I FAZIOSI SCIACALLI DEL «FATTO»
Alessandro Sallusti per “Libero Quotidiano”
FARINA E BRUNETTA
Ieri il Fatto Quotidiano, con la sua consueta ferocia, ha attaccato Renato Farina, nostro prestigioso collaboratore, perché in maniera legittima e trasparente ha avuto una collaborazione professionale (poche migliaia di euro all'anno) con il ministero guidato da Renato Brunetta. Sappiano quegli sciacalli che noi siamo orgogliosi di ospitare la firma di Renato, che in quanto a collaborazioni improprie (una vicenda del passato legata ai Servizi) è un dilettante rispetto a tanti colleghi legati a doppio filo non solo con i Servizi ma pure con magistrati e politici. Che dire, guardatevi allo specchio e fatevi schifo, giornalisti faziosi e dalla doppia morale.
TORNA BETULLA FARINA IL GIORNALISTA SPIA NELLO STAFF DI BRUNETTA
Pietro Colaprico per “la Repubblica”
alessandro sallusti vs. marco travaglio a otto e mezzo 4
Professione reporter: non è la sua. Non di Renato Farina. Avete presente il concetto americano del giornalista come "cane da guardia della democrazia"? Siamo agli antipodi. E non ce ne dovremmo occupare se un altro Renato, il Brunetta ministro forzista del governo in carica, non avesse nominato come consulente proprio lui, il fu "agente Betulla", anche se agente non è stato mai.
ENZO BALDONI
I suoi ruoli erano l'informatore a libro paga e l'agente provocatore, entrambi svolti con incredibile sprezzo del ridicolo. Lo stesso Vittorio Feltri gli dette del "vigliacco", quando Farina non volle ammettere di essere l'autore di un articolo che poteva costare il carcere a un altro collega del loro giro, Alessandro Sallusti.
Ora, senza emettere giudizi a casaccio, vanno segnalate alcune "faccende". La prima riguarda Enzo Baldoni. Come si ricorderà, fu il primo reporter italiano (era un free lance) a morire in zona di guerra afgana per mano degli assassini che sostengono di agire in nome di Allah. Betulla raccontò per filo e per segno la sua morte: s' era divincolato, ribellato e perciò ucciso. Tutto falso. Era una "manipolazione".
renato farina Pollari
I nostri servizi segreti erano lì lì per liberarlo e Baldoni, che non sapeva, che non capiva, l'ha pagata cara. Una versione ispirata - ma l'abbiamo saputo tempo dopo - da un altro factotum del potere, Pio Pompa. Un plenipotenziario manutengolo (e quindi perfetto capro espiatorio) del potente Niccolò Pollari, boss dei servizi segreti militari per volere di Berlusconi.
E veniamo alla seconda faccenda, esilarante se non fosse tragicomica e perversa. Maggio 2006, tre anni dopo il sequestro a Milano di un iman della stramba vita, chiamato Abu Omar. Farina telefona come giornalista ai magistrati che indagano. Chiede con insistenza un'intervista. Va a palazzo di giustizia e incontra Armando Spataro e Ferdinando Pomarici, che sul sequestro, organizzato dalla Cia, sanno già moltissimo.
renato farina foto di bacco (2)
Racconta loro alcune panzane, cerca di coinvolgere il pubblico ministero Stefano Dambruoso (mossa per spostare la competenza a Brescia) e quando esce chiama non il suo direttore, ma Pio Pompa: «È stata durissima, ma ce l'ho fatta». "Betulla" si sbagliava: non immaginava di essere già intercettato, che la sua venuta al palazzo di giustizia fosse attesa e che sotto la scrivania dei magistrati ci fossero le microspie.
abu omar
Veniamo alla terza faccenda, simile a molte altre: scrive il falso contro Romano Prodi, assicurando che quando era presidente del consiglio fosse d'accordo con gli alleati americani e i nostri servizi per il rapimento di Abu Omar. Articolo, anche questo, scritto per compiacere Pompa.
Al processo, patteggiò una condanna a sei mesi per favoreggiamento. E poi, giocando tra dimissioni e reintegri, è tornato a far parte dell'Ordine dei giornalisti. Ovviamente Farina, a malefatte compiute, era già entrato in Parlamento, eletto in Forza Italia. E la sua giustificazione è sempre stata di aver combattuto per la patria. Per la patria o per chi più volte ha provato, come voleva Pio Pompa, a «disarticolare la magistratura»?
ILDA BOCCASSINI
Anche contro Ilda Boccassini ha composto numerose infamie, la sua cifra professionale è in effetti l'attacco violentissimo su notizie che gli trovano altri. In Italia ci sono tantissimi giornalisti. Se Brunetta ha scelto uno con una carriera talmente screditata avrà le sue ragioni. Il ministro fa sapere che Farina ha già pagato il conto per il suo passato.
La simpatia, o l'amicizia, o essere stati sotto le stesse bandiere forziste non sembrano però sufficienti per far accedere nella zona dell'attuale governo, stretto intorno a Mario Draghi, uno con quel curriculum. Uno che, con protervia, mai ha chiesto scusa a chi ha infangato, ferito, umiliato.
renato farina NICCOLO POLLARI