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    IL FESTIVAL ASCOLTATO DA DARIO SALVATORI: “MUSICISTI E CANTANTI ITALIANI HANNO MALEDETTO LA PANDEMIA FIN DAL NASCERE. SI SONO CHIUSI, NEGANDO OGNI FORMA DI CREATIVITÀ E DI RISPOSTA AL DRAMMA. E’ STATO COSÌ A QUESTO SANREMO. MA GIÀ LO SCORSO ANNO SI RESPIRAVA ARIA DI LUTTO E DEL RESTO LA DIREZIONE ARTISTICA SUGGERIVA DI NON PORTAR IN GARA BRANI A TEMA PANDEMIA. IN ALTRI PAESI È ANDATA DIVERSAMENTE. LA SERATA DELLE COVER HA MESSO IN SCENA UN USO SCELLERATO DEL PIANOFORTE..."


     
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    Dario Salvatori per Dagospia

     

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    EUTANASIA ROCK

    Musicisti e cantanti italiani hanno maledetto la pandemia fin dal nascere.  Si sono chiusi, negando ogni forma di creatività  e di risposta al dramma. E’ stato così a questo Sanremo 72° ma già lo scorso anno si respirava aria di lutto e del resto la direzione artistica suggeriva di non portar in gara brani a tema pandemia.

     

    elvis costello 6 elvis costello 6

    In altri Paesi è andata diversamente. Per esempio in Inghilterra, colpito più di altri, eppure la difesa artistica è stata immediata, laboratoriale, un autentico muro di spinta al covid. Proviamo a vedere, tra Inghilterra e Irlanda, quello che hanno prodotto musicisti di varie generazioni nel corso di questi ultimi mesi.

     

    Elvis Costello ha registrato in piena pandemia il suo 32° album, “The boy named if”. Lo ha fatto con una concentrazione fuori del normale, sguainando la sua vecchia Fender Jazzmaster con qualche assolo più che efficace. Sentite cosa ha scritto  Daryl Easlea  su “Record Collector”, la più autorevole testata musicale inglese: “A causa della  pandemia, Elvis Costello ha registrato a distanza con la sua band. Lo ha fatto con tutto il vigore di un gruppo che suona guardandosi dritto negli occhi.”

     

    Yard Act Yard Act

    C’è stata anche la possibilità di far debuttare un gruppo, Yard Act, band post punk, con l’album “The overland”. Una formazione che non nasconde l’accento del West Yorkshire, misto a suoni synthpop e batteria digitale africana, tutto questo mentre l’Inghilterra aveva il maggior numero di morti e contagiati  dal covid. Di loro ne ha parlato Ethan Stewart su “Pop Matters” . webzine internazionale dal 1999: “Il suono degli Yard Act si basa sullo –spoken word- e sui testi culturalmente critici che non fanno  alcuno sforzo per nascondere le loro derive attraverso uno sperimentalismo dilagante.”

     

    noemi noemi

    E che dire dei Silverbacks, quintetto dublinese che con l’album “Archive material” hanno trovato un modo piacevole di usare la pandemia per accelerare i loro progetti. Dal punto di vista tematico al centro dei brani ci sono le persone, con i sentimenti scaturiti dalla pandemia.” Ne parla Jamie Wilde su “Clash”: “Quello che colpisce di più dei Silverbacks è la capacità di fondere armoniosamente diversi stili, anche nello spazio di pochi secondi. Un album affascinante e un bel passo avanti per la band irlandese.”

     

    EUTANASIA DEL PIANOFORTE

    La serata delle cover ha messo in scena un uso scellerato dello “strumento a corde ben percosse”. E’ la struttura stessa del piano a suggerire una postura difensiva, sovente solo a mezzo busto, in cui alle volte è facile barare. Con il piano si bara nel cinema, in televisione, nei servizi fotografici, persino in sala di registrazione.

     

    giovanni truppi e vinicio capossela giovanni truppi e vinicio capossela

    Anche a Sanremo non si scherza. La serata di venerdì  riservata alle cover si è aperta con Noemi, che si è presentata in perfetta solitudine, alle prese con “You make me feel” ( A natural woman), un classico di Carole King del 1968. Un brano potente, sensuale, una canzone che afferma e richiede. La King la scrisse insieme a suo marito, Gerry Goffin, e la destinataria era Aretha Franklin. Il top. Ma  in studio albergava tristezza e non si riusciva a cambiare mood. Alla fine si decise di utilizzare la band di Wilson Pickett e ad Aretha spuntò subito il sorriso in bocca.

    aka7even aka7even

     

    La sua interpretazione fu da manuale di musica soul. Suonò lei stessa il piano, soprattutto dal vivo, permettendo al brano di gonfiarsi e di evolversi, alzando il tono laddove era necessario. Quando la King ne propose la sua versione, riportò il clima del brano in un ambito folk californiano  - del resto, lei di New York, scelse prima San Francisco poi Los Angeles  -   consentendo alla canzone di esprimersi in tono “naturale”. Ecco, la versione sanremasca di Noemi non possedeva né la ”blue note” di Aretha, né il relax  dell’ autrice. Il piano andava decisamente evitato.

     

    le vibrazioni le vibrazioni

    Con la presenza e l’uso del piano si rincorre l’autorevolezza, che spesso non si materializza. Giovanni Truppi, ormai la più famosa canotta dopo quella di Bossi, si è seduto al piano con Vinicio Capossela che se lo guardava. Brano scelto: “Nella mia ora di libertà”, tratto dall’album “Storia di un impiegato”(1973).La canzone di Fabrizio De Andrè ne ha risentito. E anche noi.

     

    Aka 7even si è seduto al piano, come se fosse il gesto più naturale, solleticando Alex Baroni, scegliendo “Cambiare”(1997). Accanto a lui Arisa, che ha dato l’impressione di voler chiudere il brano prima del previsto.

     

    beppe vessicchio beppe vessicchio

    Veniano ai brani valorizzati dal pianoforte. Certamente “My way”(1969), canto del cigno di Frank Sinatra, scelta da Yuman, accompagnato da Rita Marcotulli, la miglior pianista italiana di jazz, la quale in due minuti è stata in grado di esporre il tema e di improvvisare in velocità. Straordinaria musicista.

     

    Infine Le Vibrazioni, che hanno proposto “Live  and let die”(1973) di Paul Mc Cartney e gli Wings. E’ bastato che al piano si sedesse il maestro  Peppe Vessicchio (malamente amplificato), il quale fresco di covid ha fornito nobiltà al brano.

    Ma usare qualche strumentista dell’orchestra no? Non c’è stato neanche un assolo di quei meravigliosi musicisti, solo un paio di intro di chitarra. Un pò poco.

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