Michele Bovi per Dagospia
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Madame è finora l’impareggiabile protagonista del prossimo Sanremo. Per il rischio squalifica a causa di una vaccinazione farlocca che le è già costata un provvedimento di giustizia e ancora prima per il titolo “Puttana” della canzone che aveva presentato al Festival. Quel titolo che ha fatto e continua a fare notizia in realtà risulta tutt’altro che originale.
Ammessa tra i 28 interpreti in gara nell’edizione 2023 Francesca Calearo, in arte Madame, eseguirà il prossimo 4 febbraio il brano “Il bene nel male”, originariamente intitolato appunto “Puttana”. Chi abbia deciso la modifica – la stessa artista, il suo manager o lo staff di Amadeus per evitare imbarazzi – non è chiaro. Sta di fatto che quell’epiteto che un tempo veniva pudicamente ammorbidito in “donna di facili costumi” ha una valanga di precedenti.
Nell’archivio delle opere musicali della Società italiana degli autori ed editori si trovano infatti a oggi ben 177 titoli che contengono il termine Puttana.
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Alcuni sono famosi, come “Grande figlio di puttana” degli Stadio del 1982, firmato da Lucio Dalla e Gianfranco Baldazzi sulle note di Gaetano Curreri e Giovanni Pezzoli.
Un anno prima Luca Barbarossa aveva depositato un “Roma puttana” alternativo a “Roma spogliata”. Non ritenne di apportare modifiche al suo “Non fare la puttana” il rapper Fabri Fibra: il brano uscì nell’album “Mr. Simpatia” del 2004.
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Tra i titoli presi in esame prevale il senso dell’imprecazione. Sono 10 i “Porca puttana” (uno lo depositò Alberto Baldan Bembo, arrangiatore e direttore d’orchestra in due edizioni del Festival di Sanremo) e 3 i “Puttana miseria” (uno del cantautore romagnolo Enrico Mancini per le edizioni Brutture Moderne). Ci sono i più delicati “La mia puttana” (Daniel Ursini), “La mia puttana triste” (Luca Signorini) o gli ingiuriosi “Sei una puttana” (Gabriele Deliperi), “Puttana che sei” (Silvano Rosso), “Brutta puttana” testo di Manuele Pepe (cantautore in gara a Sanremo nel 1983) sulla musica di Giuseppe Landro e Leonardo Rosi.
Talvolta gli insulti si estendono ai familiari: “Quella puttana di tua sorella” (David Florio) e addirittura “Mia madre è una puttana” (Eros Priori).
A riscattare la parità dei sessi ci ha pensato la showgirl e modella pugliese Gaetana Fasano, autrice del testo di “Uomo puttano”, musica di Pietro Forleo.
Un’alternativa a Puttana è Prostituta, vocabolo citato nel titolo di 45 canzoni registrate alla SIAE. Si va da “La prostituta stupefatta”, scritta dal poeta e medico Ariele D’Ambrosio sulle note di Alessandro Cerino, a “Innocente prostituta” della pianista cantautrice Valeria Sanzone.
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Il primo a depositare un brano con questa parola nel titolo fu il leggendario direttore d’orchestra Carlo Savina, che Ennio Morricone nella sua biografia ha citato come propria guida: è di Savina “Poppea… una prostituta al servizio dell’impero” motivo conduttore del film omonimo diretto nel 1972 da Alfonso Brescia.
Tra i diversi sinonimi nell’archivio SIAE troviamo 6 “Peripatetica” (uno di Pino Morabito con la musica di Elvio Monti) e il latineggiante “Dolce meretrice” di Simone Andreoli.
Un altro importante musicista che si cimentò in titoli con simili caratteristiche fu il maestro Geden Capellari, abituale accompagnatore negli anni Cinquanta di artisti di primo piano come Nilla Pizzi, Carla Boni, Giorgio Consolini. Il maestro Capellari fu insignito nel 1986 della medaglia d’oro della SIAE insieme con Ennio Morricone, Federico Fellini e Renato Carosone. Resta sua la canzone con il titolo più impetuosamente espressivo del concetto di donna di facili costumi. Nel 1981 Capellari compose e depositò “Mignotta”.
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L’archivio della SIAE custodisce altre perle ipoteticamente assimilabili. 43 canzoni contengono il termine Zoccola, che però può essere riferito anche a un topo di fogna. Non lascia molto spazio a equivoci “Zoccolaccia isterica” depositato da Alessandra Amadii concertista e docente al conservatorio di Bolzano con il testo del concittadino paroliere Oscar Ferrari.
Sono invece 205 i brani che contengono la parola Troia, che può confondere l’antica città dell’Asia Minore con l’ennesimo termine dialettale per diffamare una signora. Dovrebbe essere proprio questo il caso del titolo “Sei nata troia”, una canzone depositata da Francesco Miscoria, leader del gruppo friulano Quei bravi ragazzi. Miscoria viene da una scuola prestigiosa: si è diplomato al CET di Mogol e si è specializzato nella composizione di brani folk e goliardici: “La botta di culo” è un suo successo.
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Senza dubbio il “Lucciole vagabonde” del paroliere Bixio Cherubini musicato nel 1927 da Cesare Andrea Bixio suonava più elegante rispetto a tutti i sinonimi utilizzati successivamente. Anche il termine lucciole era riferito a donne che offrono prestazioni sessuali dietro pagamento di un corrispettivo in denaro, ma certamente quel titolo non avrebbe provocato alcun imbarazzo ad Amadeus.
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