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    BR AL CINEMA - IL FONDATORE DELLE BRIGATE ROSSE CURCIO ALLA PRIMA DI UN DOCUMENTARIO SULLA VITA DELL’EX TERRORISTA AGRIPPINO COSTA: “TUTTO CAMBIA. SOLO I CADAVERI NON CAMBIANO PIÙ” - MA SULLA LOTTA ARMATA NON DICE NULLA....


     
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    Sebastiano Messina per “la Repubblica”

     

    CURCIO AGRIPPINO COSTA CURCIO AGRIPPINO COSTA

    C’è Renato Curcio, alle cinque della sera, nella saletta della Città del Cinema. Proiettano un film che è la storia di un ex terrorista che oggi ha 74 anni: proprio come lui. Uno che ha passato vent’anni in carcere: proprio come lui. E che è stato condannato per banda armata anche se non ha mai ucciso nessuno con le sue mani: proprio come lui.

     

    Ma non è lui. Il vero protagonista, che è poi l’unico personaggio del film, si chiama Agrippino Costa, un siciliano di Mineo che con Curcio ha condiviso il carcere e la lotta armata: ed è per lui che è venuto al cinema l’uomo che fondò le Brigate Rosse.

     

    L’hanno invitato a sedersi in prima fila, ma lui ha preferito la penultima. I ragazzi dell’organizzazione non l’hanno riconosciuto. E’ invecchiato, ha i capelli bianchi cortissimi e parla lentamente, pesando le parole una per una. E quando gli chiedono un commento, lui evita con cura di parlare di terrorismo.

     

    CURCIO AGRIPPINO COSTA CURCIO AGRIPPINO COSTA

    «Sono qui per ascoltare Agrippino» dice. «Lui va ascoltato perché è una persona che non ha reticenze nel raccontare le cose, è uno che attraversa la sua vita e la guarda in faccia. Una magnifica vita. Tragica ma magnifica, e d’altra parte il tragico fa parte del magnifico».

     

    «Ossigeno» - così si intitola il film del regista Piero Cannizzaro, magnifico documento di testimonianza storica e di narrazione introspettiva – racconta l’avventurosa vita di Agrippino Costa, che entrò in carcere per una condanna a sei anni per un furto d’auto e ne uscì dopo vent’anni e una dozzina di rocambolesche evasioni, tutte fallite.

     

    Operaio alla catena di montaggio, pizzaiolo, buttafuori in un bordello a Marsiglia, panettiere, rapinatore di banche, ladro di opere d’arte (il suo grande colpo fu il furto di una Venere di Botticelli), alla fine Costa diventò un ospite fisso dei penitenziari.

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    E fu lì che si arruolò prima nei Nuclei Armati Proletari e poi nelle Brigate Rosse, fiancheggiatore tra una pena e l’altra («Ma senza mai uccidere o ferire nessuno: io non ammazzerei neanche una zanzara»), finché lo chiusero di nascosto in un manicomio criminale, dal quale lo tirò fuori solo un provvidenziale appello di Dario Fo e Franca Rame.

     

    RENATO CURCIO RENATO CURCIO

    Alla fine del percorso, padre di dieci figli, Costa non ha dubbi: «La lotta armata fu una scelta sbagliata, i conflitti si risolvono con il perdono». Anche Curcio la pensa così? Lui, che non ha mai rinnegato quella scelta, risponde quasi sottovoce:

     

    «Se vogliamo fare una riflessione pacata sull’esperienza armata, con tutti gli elementi necessari, la faremo. Ma non stasera. Oggi abbiamo ascoltato una narrazione d’esperienza, ma i fenomeni sociali vanno analizzati con gli strumenti dell’analisi sociale».

     

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    E lei, non ha mai avuto voglia di narrare la sua storia? «Io faccio un lavoro di socializing, è già molto. Faccio ricerca sociale ». E ha abbandonato la speranza di cambiare il mondo? «Il mondo cambia sempre. Qualcuno riesce a cambiarlo. Solo i cadaveri non cambiano più. Il resto è vita».

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