Francesco Semprini per “la Stampa”
fondo monetario internazionale
Il Fondo monetario internazionale invita alla cautela sul reddito di cittadinanza spiegando che, sebbene rappresenti uno strumento per calmierare le diseguaglianze, in alcuni contesti rischia di essere controproducente. L' assunto riguarda scenari relativi alle economie avanzate, e quindi l' Italia. E' ciò che si desume dai contenuti del Fiscal Monitor, il rapporto del Fmi che monitora lo stato di salute delle finanze pubbliche del Pianeta.
Nel «Capitolo 1», intitolato «Contrastare le diseguaglianze», si procede a una valutazione dello «Universal basic income», il reddito universale o reddito di cittadinanza, con uno modello tecnico che prende in considerazioni otto Stati (Brasile, Egitto, Francia, Messico, Polonia, Sudafrica, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti).
PENSIONE POVERTA'
Ne risulta che l'«Ubi» può funzionare in Paesi emergenti con «welfare» poco efficace, ma in quelli ricchi (nella fattispecie Francia, Gb e Usa) rischia di essere costoso rispetto alle forme di assistenza attuali. Anche se l' impatto di tale misura è molto variabile, segnala il Fmi, nel caso di un reddito di cittadinanza pari al 25% del reddito medio pro capite, il peso sulle finanze pubbliche può arrivare al 6,5% del Pil nel caso delle economie avanzate, ma anche al 3,75% nelle economie emergenti e in via di sviluppo.
«Un reddito di base universale può rappresentare un'opzione valida per sostituire spese sociali inique e inefficienti», spiega il direttore del dipartimento Affari bilancio, Vitor Gaspar. «Tuttavia - aggiunge - poiché è universale, l'Ubi può essere costoso e non raccomandabile in contesti di bassa capacità di manovra di bilancio». L'idea del reddito di base universale è salito alla ribalta dai primi mesi di quest' anno con diverse proposte pilota.
poverta
Ed è uno degli argomenti chiave nel dibattito politico interno all' Italia, sul quale il Fmi stesso si era pronunciato in passato in maniera possibilista. Gaspar tiene a sottolienare come l' obiettivo del Fiscal Monitor sia quello di «contribuire al dibattito presentando diverse considerazioni in merito».
Ecco allora che lo studio, pur non prendendo in diretta considerazione l' Italia, può essere estendibile al Paese. Il Fiscal Monitor spiega inoltre che il deficit italiano calerà nel 2017 al 2,25%, continuando la parabola discendente negli anni successivi fino a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2020.
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Sul fronte del debito, invece, ci sarà un incremento al 133% nel 2017 prima di iniziare la fase ribassista che lo porterà a quota 120,1% nel 2022. Sul capitolo disavanzo pubblico il monito del Fmi è rivolto a tutte le economie mature il cui debito resta a livelli record, al 110% del Pil nel 2017. Al contempo «i livelli di debito stanno crescendo anche a livello di G20», con il «leverage» nel settore privato «ora più alto di quanto lo fosse prima della crisi», con conseguenti rischi, nel tempo, alla stabilità finanziaria in vista di aumenti dei tassi di interesse.
Un altro elemento di turbativa che emerge è la Cina, come spiega un altroi rapporto del Fmi, il Global Financial Stability Report. «La dimensione, la complessità e il tasso di crescita del credito nel sistema finanziario del Dragone, soprattutto quello ombra, puntano a elevati rischi in termini di stabilità».