Nando Pagnoncelli per il “Corriere della Sera”
manifestazione per il no al referendum sul taglio dei parlamentari
L'esito referendario non ha riservato grandi sorprese, l'affluenza e le scelte degli elettori hanno di fatto confermato le stime pubblicate su questa pagine due settimane prima della consultazione. La netta affermazione del Sì cela alcune differenze di grande interesse: la prima è di tipo territoriale, dato che i favorevoli alla riforma sono più presenti nei comuni di dimensioni medio piccole rispetto ai capoluoghi, nelle periferie rispetto ai centri cittadini, nelle regioni del Centrosud rispetto a quelli del Centronord, con l'eccezione di Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Liguria, dove il No, pur risultando minoritario, ha fatto registrare percentuali decisamente più elevate.
referendum sul taglio dei parlamentari 6
Quanto agli elettori dei singoli partiti, considerando gli orientamenti di voto attuali, oltre al prevedibile plebiscito di Sì tra i pentastellati (94,3%) e il No prevalente con il 53,2% tra i sostenitori delle liste minori di centrosinistra (presumibilmente preoccupati per la possibile riduzione dei propri eletti) si registra una quota di contrari alla riforma un po' più elevata tra leghisti (37,5%) e dem (36,9%).
LUIGI DI MAIO SORRIDENTE PER IL RISULTATO DEL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI
Nel Paese i Sì raggiungono un consenso più ampio tra gli elettori di 35 e 49 anni (72,9%), tra coloro che hanno la licenza elementare o nessun titolo (74,5%), tra gli operai (76,7%), le casalinghe (75%) e i ceti impiegatizi (74,6%), tra chi si informa esclusivamente (85,1%) o prevalentemente (73,9%) tramite la tv e tra le persone che dichiarano di non utilizzare nessun mezzo di informazione (76%) e tra quelli che si esprimono positivamente sul governo (75%).
IL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI BY ALTAN
Il No prevale solo tra gli studenti (51,6%) e ottiene maggiore seguito tra gli elettori più giovani (18 e 34 anni) con il 38,4%, tra i laureati (40,6%), tra gli imprenditori e i ceti dirigenti (40,7%), tra coloro che si informano prevalentemente tramite Internet (41,5) - e, tra i frequentatori dei social network, tra gli utilizzatori di Twitter (41,7%) rispetto a Facebook (32,3%) o Instagram (27,5) - e tra i critici nei confronti del governo (40,8%).
Dunque, il referendum ha evidenziato le consuete fratture territoriali e sociali, ma sarebbe semplicistico attribuire il Sì ai ceti popolari e il No ai benestanti. Le analisi, infatti, mostrano un intreccio di motivazioni alla base della scelta di voto: in entrambi gli schieramenti il merito della riforma ha riguardato una minoranza perché, come già ricordato, le competenze in ambito giuridico e istituzionale sono patrimonio di pochi e per la maggioranza degli italiani è risultato arduo capire le implicazioni della riforma.
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Per i più hanno avuto peso gli aspetti più emotivi e simbolici: la politica continua a essere impopolare (basti pensare che solo il 17% degli italiani dichiara di avere fiducia nei partiti) e il taglio dei parlamentari ha rappresento una ghiotta occasione per esprimere il proprio malessere nei confronti della politica.
Ma anche nel fronte del No si è manifestato un voto emotivo, o «di pancia» come si suol dire, una scelta finalizzata a contrastare il populismo, in una sorta di derby tra il populismo del Sì («mandiamoli a casa») e quello del No («fermiamo i populisti»). E infine c'è chi ha votato contro la riforma per ragioni tattiche, con l'obiettivo di mettere in difficoltà il governo nel caso di affermazione del No. Insomma, nonostante la Costituzione sia materia delicata e riguardi tutti i cittadini, ancora una volta è prevalso il tifo da stadio.
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