Roberto Petrini per la Repubblica
divorzio renzi padoan
La battuta è elegante, come nello stile di Pier Carlo Padoan, ma il messaggio è piuttosto deciso. Di fronte alla fuga in avanti di Matteo Renzi che propone di «denunciare» il Fiscal compact e di posizionare il deficit-Pil ad un pelo dal 3 per cento come con le vecchie regole di Maastricht, il ministro dell' Economia, getta secchiate di acqua gelata sul fuoco. «Mi sembra siano temi per la prossima legislatura», risponde ai giornalisti a Bruxelles.
Aumento del deficit per 5 anni, recupero di 30 miliardi per tagliare le tasse a famiglie e imprese, sono uno scenario che lo stesso Renzi propone per i prossimi anni, probabilmente da brandire in campagna elettorale, e di conseguenza non all' ordine del giorno. Sulla scrivania che appartenne a Quintino Sella bruciano invece questioni molto più delicate ed urgenti: come si ricorderà Padoan sta tessendo un sempre difficile negoziato con Bruxelles per evitare l' aumento dell' Iva all' inizio del prossimo anno.
renzi padoan
Obiettivo complicato, per nulla scontato, e ci sarà ancora da sudare per raggiungerlo. Attenzione poi a non innervosire la Commissione - sembrerebbe la principale preoccupazione di Padoan: a Bruxelles infatti hanno già commentato gelidamente l' uscita di Renzi.
Senza contare che ci sono due scogli cruciali che riguardano invece l' oggi: le risorse per il contratto degli statali e quelle per tagliare le tasse sul lavoro e rilanciare l' economia. Almeno una decina di miliardi. Ed anche su questi denari Padoan tirerà fino all' ultimo, se è vero che persino l' idea di Gentiloni di fare una mega operazione sul cuneo, destinata anche agli over 50, viene scrutinata con grande attenzione a Via Venti Settembre.
CALENDA PADOAN
Se la questione risorse già allontana Padoan dalle sortite di Renzi, anche la tempistica non quadra. La «trasformazione» del "Fiscal compact" da trattato intergovernativo (lo firmarono solo 25 dei 28 membri dell' Unione) a trattato Ue, è prevista entro il gennaio del prossimo anno.
Tuttavia la Commissione non ha ancora tracciato un percorso istituzionale che porti all' integrazione delle severe regole varate nel 2012 nell' ordinamento giuridico europeo: dunque non c' è attualmente un tavolo dove l' Italia possa dire sì o no e l' esercizio del potere di veto, al momento, sembrerebbe «inattivabile».
Vestager
Questo non significa che con Bruxelles non si tratti: i tre salvataggi bancari, sia pure con mille difficoltà, sono stati portati a casa dai negoziati con la tenace Direzione generale alla Concorrenza. E anche il pressing per cambiare le regole non viene trascurato: il ministro dell' Economia ha detto proprio recentemente che è necessaria una «riflessione » sui meccanismi dell' Unione bancaria. Come pure è in corso, ormai da alcuni anni, un braccio di ferro tecnico-teorico sui cruciali algoritmi di valutazione dell' output gap e della crescita potenziale.
MERKEL MACRON
Forse quella del Tesoro è una posizione più vicina a quella del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda - si potrebbe liberamente ipotizzare - che propone prima un dettagliato piano di investimenti e solo successivamente di aprire la partita con l' Europa per una ulteriore flessibilità. Del resto se si vanno a guardare le posizioni dell' Italia, espresse dal Tesoro, nel recente documento, «Italian contribution on deepening the Emu» del maggio scorso, sulla riforma della governance europea, emergono idee e riflessioni che vanno verso un superamento, più che un rifiuto, del Fiscal compact.
In sintonia con il dibattito europeo, e senza chiudere al tandem Macron- Merkel, si parla di flessibilità per il rilancio degli investimenti e della crescita e dell' idea, cara a Padoan, di uno «schema» per sostenere i disoccupati in caso di shock. Ma accanto a queste indicazioni c' è quella del ministro del Tesoro unico per l' Eurozona e la proposta dell' emissione di bond europei per finanziare grandi investimenti.