Fabio Dragoni per “la Verità”
Generale Marco Bertolini, incursore paracadutista Folgore. Primo comandante interforze operazioni Forze speciali. Esperienze in Libano, Somalia, Bosnia Erzegovina. Capo di stato maggiore di tutto il comando internazionale in Afghanistan. Lei ha tutte le informazioni che ci servono per capire cosa sta accadendo in Ucraina ora.
«Le informazioni che ho io sono le stesse che ha lei».
GENERALE MARCO BERTOLINI
Mettiamola così allora. Le informazioni che abbiamo anche noi le sa interpretare meglio di noi.
«C'è stata un'importante controffensiva. Gli ucraini si sono ripresi la parte dell'oblast di Kharkiv occupato dai russi nella loro avanzata a Est. Prima avevano occupato l'oblast di Lugansk e in misura meno significativa quello di Donetsk. Le due regioni rivendicate fin dall'inizio dell'invasione da Mosca. Scendendo da Nord avevano guadagnato terreno su Kharkiv, ora ripresa dall'esercito ucraino arrivato fino al confine con la Russia. Una mossa effettivamente imprevedibile almeno in questa misura. Ma che conferma ciò che ho ripetutamente detto fin dall'inizio».
MISSILI RUSSI SULLA DIGA DI KRYVY RIH
Ovvero?
«Le forze messe in campo dai russi non erano dimensionate all'invasione dell'Ucraina. Soprattutto all'inizio erano distribuite su un fronte lunghissimo che addirittura partiva dal confine bielorusso ucraino vicino a Kiev per arrivare a Est. Le forze erano molto "diluite". La situazione per i russi è migliorata quando si sono concentrati sulla parte orientale. Si tratta comunque di forze poco significative per un fronte che continua a essere molto lungo».
Secondo lei quanti soldati ha impegnato la Russia?
«Dai numeri che si sentono, tra 160.000 e 180.000 soldati. Un numero assolutamente insufficiente per un'invasione».
guerra in ucraina
Quali sarebbero gli standard secondo lei?
«In linea di massima dovrebbe essere tre a uno in favore dell'attaccante. Questa superiorità può essere realizzata anche solo localmente, in base all'obiettivo. Evidentemente i russi questa superiorità non l'hanno voluta realizzare e ne hanno pagato le conseguenze. Ma questa controffensiva stimola una riflessione in più».
Siamo curiosi
GENERALE MARCO BERTOLINI
«Questa azione ucraina non nasce all'improvviso sotto un fungo. È stata preparata con adeguati spostamenti di truppe. Fa molto pensare che i russi non siano riusciti a prevederla. Una carenza informativa non indifferente visto che in Ucraina ci sono russi, ucraini russofoni o comunque "amici" di Mosca. Gli ucraini viceversa si basavano su informazioni fornite dalla Nato e dagli americani che li supportano. In termini di armamenti ma anche di intelligence».
Controffensiva ucraina condotta come, generale?
«Un'operazione terrestre classica fatta di artiglieria, carri e fanteria, presumibilmente con un apporto decisivo degli aiuti militari occidentali».
In un conflitto che lei ha più volte definito convenzionale e simmetrico.
«Nel senso che grazie a Dio fino a ora non è nucleare. E la guerra è comunque simmetrica perché condotta da due eserciti che applicano dottrine moderne con mezzi similari in quanto non c'è questa enorme sproporzione sul campo. C'è stata una fase in cui i russi hanno affondato il coltello nel burro, all'inizio dell'operazione. E ora è il momento della controffensiva ucraina. Intendiamoci, le guerre sono fatte tutte così. E non è affatto finita».
controffensiva ucraina nella regione di kharkiv 4
Che scenario ci aspetta?
«Sarebbe il momento giusto per negoziare. Finora gli ucraini erano parte soccombente e si sarebbero dovuti sedere al tavolo del negoziato con il cappello in mano cercando di salvare il salvabile. Ora hanno dato una dimostrazione di forza non indifferente, grazie all'aiuto occidentale e soprattutto Usa, e questa potrebbe aprire una finestra di opportunità anche per la Russia, almeno a sentire gli accenni sulla necessità di un negoziato da parte del ministro Lavrov. Ma non credo che succederà».
Perché?
generale marco bertolini.
«Si innescano anche questioni psicologiche e gli ucraini si sentono incoraggiati, credo illusoriamente, di poter prevalere. Sarebbe necessario ricordare che pure noi nella Prima guerra mondiale abbiamo avuto Caporetto, poi sappiamo come è finita. La guerra è così. L'unica costante sono i morti. Resta il fatto che la Russia prima poteva contare sul fianco destro della repubblica di Lugansk coperto più a Nord dall'oblast di Kkarkiv.
Ora il fianco destro è invece scoperto e questo indebolisce tutto il suo dispositivo nel Donbass. Poi c'è l'area di Kherson. Molto delicata. Con il fiume Dnepr che i russi devono attraversare per rifornire le truppe. Qui la pressione dell'esercito ucraino non è indifferente anche se si limita ad alcune penetrazioni minori.
controffensiva ucraina nella regione di kharkiv 5
Infine, c'è la centrale di Zaporizhzhia controllata dai russi e fortunatamente con gli ispettori internazionali attualmente presenti a controllare. Questo è un bubbone. Russia e Ucraina si accusano vicendevolmente di bombardarla rischiando imprevedibili conseguenze in termini di radiazioni nucleari che ci riguarderebbero direttamente.
In questo caso, non sapremmo neppure chi ne è il vero responsabile, innescando però una situazione di pericolosa indeterminatezza che potrebbe scatenare un'escalation che ci coinvolga ancora di più».
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In tutto questo tanti opinionisti nostrani osservano e commentano giulivi come se questa guerra fosse un derby di pallone.
«Bisogna sempre tenere conto che per la Russia la perdita dell'Ucraina - che non faceva parte del Patto di Varsavia ma dell'Unione Sovietica stessa, ricordiamolo - sarebbe vissuta come un vulnus mortale. Anche se non ci fosse Putin al potere. E la Russia, piaccia o no, ha l'ambizione di essere una potenza globale ed europea al tempo stesso. Sente quindi che è in gioco la sua stessa sopravvivenza. Per questo sarebbe pericoloso se si sentisse senza una via d'uscita. In quella situazione potrebbe sentirsi obbligata a utilizzare risorse fino ad allora non sfruttate. E noi sappiamo che la Russia quelle risorse le ha».
generale marco bertolini
Russia e Cina fanno affari, generale. L'alleanza economica c'è. Potrebbe diventare pure militare?
«Guardi, con il venir meno della guerra fredda è rimasta una sola super potenza mondiale. Gli Stati Uniti d'America. Una volta erano due perché c'era pure l'Unione Sovietica. Mi riferisco all'essere superpotenza con un largo giro d'orizzonte: militare, economico, politico e culturale.
Oggi, la Russia non è messa bene economicamente, e politicamente ha problemi non indifferenti. Ma rimane comunque una superpotenza militare in termini sia convenzionali sia soprattutto nucleari. E la saldatura economica con la Cina e con l'India potrebbe aiutarla a recuperare terreno da un punto di vista economico. Però, se permette, vorrei fare una considerazione in più».
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Permetto
«Noi adesso siamo giustamente molto concentrati sull'Ucraina. Ci interessa più da vicino e ci spaventa. Però non dobbiamo dimenticare che è solo un tassello di una instabilità generalizzata e crescente che interessa tutto il contorno del blocco euroasiatico che va dall'Atlantico al Pacifico. Consideriamo le frizioni che ci sono in Kosovo e riguardano un Paese come la Serbia che è molto vicina alla Russia dal punto di vista culturale e commerciale. Si consideri la Siria. Il conflitto sembra in pausa ma quella guerra sta andando avanti dal 2011 con la Russia direttamente impegnata dal 2015.
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Poi c'è la questione fra Azerbaijan (quindi la Turchia) e l'Armenia (quindi la Russia). Poi ci sono i disordini in Kazakistan e si arriva all'annosa questione fra Cina e Taiwan. Un'enorme area di instabilità che ci riguarda da vicino. Non dobbiamo quindi concentrarci solo sulla crisi a noi più vicina, ma operare per evitare che altre simili e peggiori esplodano. Lavoro, insomma, per la nostra diplomazia, sempre che sia in grado di fare quello per cui esiste».
Ma la strana coppia Russia e Turchia? Ne vogliamo parlare? Amici ma non troppo. Nemici ma non troppo. Erdogan e Putin assieme al vertice a Samarcanda.
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«Difficile da spiegare e anche da capire; almeno per me. In Siria sono su fronti avversi. Un cacciabombardiere russo fu abbattuto dalla Turchia appena 12 secondi dopo aver oltrepassato lo spazio aereo di Ankara nel 2015. Eppure, nel tentato e successivo colpo di stato ai danni di Erdogan, si parla di un soccorso di Mosca senza il quale forse ora ci sarebbe un governo diverso in Turchia. Ankara in Libia appoggia il governo di Tripoli mentre Putin il generale Haftar anche attraverso la compagnia militare Wagner impegnata nel Sahel.
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In Azerbaijan - appoggiato dalla Turchia - abbiamo avuto scontri continui spesso sopiti perché la Russia sostiene l'Armenia. Insomma, la Turchia nella Nato si fa spesso gli affari suoi. Si pensi alle rivendicazioni territoriali continue su alcune isole della Grecia, teoricamente sua alleata.
Si è opposta all'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, almeno finché non ha avuto mano libera con i curdi. Non aderisce alle sanzioni in Ucraina e fa affari con la Russia da cui ha acquistato i sistemi antiaerei S400 facendo arrabbiare persino Trump. Dalla Turchia arrivano a Mosca merci sotto embargo.
La Turchia è un battitore libero che persegue una strategia pragmatica finalizzata ai propri interessi nazionali di aspirante grande potenza. Invidiabile almeno da parte mia. E tutto sommato fa comodo pure alla Nato. Perché è da Erdogan che domani potrebbe partire un negoziato con Mosca. Insomma, la Turchia di fatto continua a estendere la propria area di influenza nel blocco asiatico».
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Una curiosità: ma i mercenari di Wagner sono capaci?
«Il termine "mercenario" è suggestivo e romantico. La definizione più alla moda è contractor. Spesso mitizzati in positivo o negativo, a seconda delle tifoserie. Sono professionisti delle armi, che ovviamente hanno dei limiti. Sono idonei per obiettivi specifici ma limitati. Possono andare bene in operazioni del Sud Sahara, ma in Ucraina ci vogliono carri e aerei. Ci vogliono gli eserciti veri e propri».