Estratto dell’articolo di Giancarlo Dotto per “La Gazzetta dello Sport”
mourinho guardiola
Guardiola e Mourinho. Il Genio e lo Sciamano. Due tipi e due strade molto diverse per arrivare allo stesso esito e allo stesso mausoleo. Quello del leader carismatico che imprime effetti radicali di plagio nei suoi adepti.
[…] Che sia Barcellona, Bayern o City, Pep ti emoziona con lo spartito, la bellezza musicale e insieme inesorabile delle trame. Piedi che cantano alla lettera, nella beatitudine del trovarsi. Che sia qualunque cosa, ma soprattutto se è la Roma, Josè lo riconosci ascoltando il rumore del sangue nelle vene dei suoi legionari. Nel caso di entrambi, Pep e Josè, non è ammissibile stare con loro se non sposandone in pieno la causa. Vietato esitare o dubitare.
MOURINHO GUARDIOLA
Nel caso di Pep sono le sue visioni applicate allo spazio tempo del pallone in movimento, nel caso di Mou l’epica della dedizione e dell’impresa. Posseduti entrambi dall’utopia maniaca. Pep è in missione permanente al servizio della bellezza. Josè, come tutti i leader a vocazione settaria, pretende che sua fiamma sia alimentata a tempo pieno.
Entrambi non stavano nelle braghe mercoledì e giovedì sera, ma per motivi diversi. Pep era felice come un bambino dopo la mattanza del Real perché aveva “visto” per almeno per trenta minuti la sua utopia realizzata. Mou esultava, dopo cento minuti di sofferenza pura, perché aveva visto i suoi ragazzi andare alla guerra per lui.
mourinho
Oggi, come altre volte in passato, sulla bocca di tutti. Pep per lo spettacolo che sa dispensare, Mou per lo spettacolo che sa negare. Pep dice “vi vengo a prendere” e ti umilia come fa il più magnifico dei felini con il più vile dei ratti. “Vieni a prenderci” dice invece Josè, umiliando l’aggressore prima nello scacco dell’impotenza e poi nella resa.
[…]
Se Guardiola ha ammaliato il mondo attaccando il mondo, Mourinho lo ha conquistato arretrando. Ha fatto del difendersi la sua categoria del sublime. La cintura di castità come elemento di seduzione. Mou e la sua Roma (ma era così anche la sua Inter) danno spettacolo a loro modo predicando e praticando l’inaccessibilità del loro corpo. Nell’era del libero accesso, in cui chiunque accede a qualsiasi cosa, forse il vero rivoluzionario è lo stregone di Setubal.
GUARDIOLA CITY REAL 56
E pazienza se i moschettieri del culturalmente corretto, quelli eternamente genuflessi sul ponte dei sospiri dei Galeano e dei Soriano, la pensano diversamente. Mourinho è il loro cigno nero. “In Josè l’ego ha la meglio sull’intelligenza. È un personaggio creato su misura per questi tempi vuoti. Se Guardiola è Mozart, Mourinho è Salieri”, parole, cianuro (e stoltezze, aggiungo io) di Jorge Valdano.
Se Guardiola è Mozart, Mourinho è Wagner. Se i calciatori di Pep sono fate angelicate (è in atto anche la mutazione di Haaland), quelli di Mou sono valchirie assatanate. Puoi suicidarti attaccando e puoi schiantare il nemico difendendoti. Nel primo caso rubi l’occhio di chi ti guarda e annichilisci l’anima di chi ti affronta. Lo cancelli dalla partita. La lezione di Mou è più crudele. In un certo senso più sofisticata. Ti dà l’illusione di esserci nella partita, di dominarla.
GUARDIOLA MOURINHO
Insomma, due incantatori rovesci della stessa medaglia. Il genio di Guardiola che brancolando insonne ai confini tra fantasia e delirio vede Messi finto nueve o Stones vero centrocampista (questo sì, un delirio) fa il paio con quello di Mou che trasfigura il pio Bove in Aiace Telamonio, lo stesso Lorenzo Pellegrini, che di suo sarebbe un diafano talento, ed esce ogni volta dal campo che è un tappeto di ecchimosi, lividi, botte.
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Se Pep Guardiola resta, di gran lunga, il più grande di tutti (magnifica combinazione di lirica e intelletto applicata al pallone), Josè Mourinho è l’uomo dei miracoli e delle grandi suggestioni. Colui che ha moltiplicato tifosi e sogni invece che pani e pesci. “La squadra che io voglio è quella in cui, in un determinato momento, e di fronte a una determinata situazione, tutti i giocatori pensano in funzione della stessa cosa simultaneamente. Questo è quello che io chiamo gioco di squadra”, parola di Mou.
Che gli piaccia o no, la Roma è e resterà il suo capolavoro di allenatore. La squadra perfetta che, proprio grazie ai suoi limiti e alle sue debolezze, ha valorizzato di più le sue doti di taumaturgo.
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