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    “VERGOGNA, TIRATELA GIÙ, COPRIAMOLA” - IL GESTO DI PIETA’ NELLA “MACELLERIA MESSICANA” DI PIAZZALE LORETO: SAREBBE STATA CARLA VOLTOLINA, FUTURA MOGLIE DEL PRESIDENTE SANDRO PERTINI A COPRIRE CON UNA SPILLA DA BALIA IL CORPO SPOGLIATO DELL’AMANTE DI MUSSOLINI, CLARETTA PETACCI - NEL 1983, PERTINI, A PROPOSITO DI PETACCI E DELLA SUA FINE, DISSE: “LA SUA UNICA COLPA È DI AVER AMATO UN UOMO” – LA CONTROSTORIA DI MIRELLA SERRI SU CLARETTA (CHE SI SAREBBE POTUTO SALVARE SE…)


     
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    claretta petacci claretta petacci

    Estratto dell’articolo di Elisa Messina per corriere.it

     

    Una spilla da balia infilata alla buona per fissare i lembi di una gonna e coprire le nudità del corpo di una donna senza vita: un piccolo gesto di pietà in mezzo a una selvaggia esposizione della morte. A Milano sono le dieci del mattino di domenica 29 aprile 1945. Il corpo appeso al traliccio di una pompa di benzina di piazzale Loreto è quello di Claretta Petacci, l’amante di Benito Mussolini . I loro corpi sono appesi per i piedi insieme a quelli di altri gerarchi in quella che Ferruccio Parri, allora vice-comandante del Cln Alta Italia, definì una «macelleria messicana».

     

    Petacci indossa gli abiti con cui è stata uccisa il giorno prima: un tailleur nero e una camicetta di seta bianca che ora ha una grande macchia rossa di sangue rappreso al centro del petto. La gonna, per la gravità, le è scivolata giù sulle cosce e ha rivelato che non ha più le mutande. La nudità è solo una delle oscenità subite da quei corpi: e qualcuno vuole risparmiare l’ulteriore umiliazione all’unica donna della scena. Rimediando una spilla da balia, e coprendola, appunto. Qualcuno chi?

     

    sandro pertini carla voltolina sandro pertini carla voltolina

    Sul dettaglio della spilla da balia negli anni si è costruito un piccolo giallo storico: una testimonianza racconta un’altra versione dei fatti rispetto alla vulgata e introduce due nuovi protagonisti nell’evento che ha segnato la fine del fascismo: Carla Voltolina, allora staffetta partigiana e futura moglie di Sandro Pertini, e un partigiano della Brigata Garibaldi, Guglielmo Pacini, uno di quelli che, nelle foto dell’epoca, sono appollaiati sopra il traliccio della piazza e che hanno partecipato alla liberazione di Milano. Pacini è scomparso nel 2009 all’Isola d’Elba, dove viveva, e la sua testimonianza è stata sempre ritenuta attendibile dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi). Un anno prima della sua morte lo abbiamo incontrato per ascoltare dalla sua voce il racconto di quel giorno. Sarebbe stata Voltolina, ricorda lui, nel mezzo della confusione della piazza, a indicare il corpo di Petacci e urlare: «Vergogna, tiratela giù, copriamola, trovate una spilla!».

    CLARETTA PETACCI CLARETTA PETACCI

     

    A quell’ordine Pacini decise di muoversi, istintivamente: «Presi due lembi della gonna della Petacci e li tenni fermi mentre Carla li univa con la spilla». E ogni volta che il vecchio partigiano lo raccontava, mimava il gesto con le mani, come capita quando si fa rivivere un ricordo ben impresso nella mente. Sarebbe stata, dunque, la stessa Voltolina a chiedere e poi a mettere la spilla.

     

    Nelle ricostruzioni storiche ricorrenti, sulle quali molto è stato scritto e molto è stato romanzato, ad accorgersi delle nudità sarebbe stata una staffetta partigiana, nome di battaglia «Carla la bionda» che, assieme al prete partigiano don Giuseppe Pollarolo, avrebbe deciso di tirare giù dal traliccio il corpo di Petacci e di coprirlo. Dietro Carla si nasconderebbe Piera Barale, effettivamente presente in piazzale Loreto, mentre don Pollarolo era un prete al seguito delle brigate partigiane che venivano dalla Val d’Ossola e anche la sua presenza a Milano in quei giorni è confermata.

     

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    Forse la coincidenza del nome, Carla, ha fatto sì che venisse attribuita la responsabilità del gesto alla persona sbagliata? Non Piera Barale, dunque ma Carla Voltolina, pure lei giovane staffetta partigiana. Torinese, 24 anni, Voltolina ha scelto di entrare nella Resistenza, nelle formazioni Matteotti, sfidando l’opposizione dei genitori. I capi l’hanno mandata nella Milano ancora occupata dai fascisti, al seguito di Pertini, uno dei capi del Cln Alta Italia, quasi 50enne, che ha conosciuto le prigioni fasciste. I due si sarebbero sposati un anno dopo. Pacini, invece, è in piazzale Loreto perché fa parte della squadra partigiana che fa la guardia ai corpi di Mussolini, Petacci e degli altri 17 giustiziati, arrivati su un camion dal lago di Como a Milano.

     

    (…)

     

    BENITO MUSSOLINI CLARETTA PETACCI BENITO MUSSOLINI CLARETTA PETACCI

    Voltolina è morta nel 2005 senza lasciare una testimonianza di questo, ultimo, atto di pietà. Non era tipo da vantarsi dei suoi gesti. Femminista, giornalista impegnata nel sociale, subito dopo l’elezione del marito a presidente della Repubblica, disse: «Non ho nessuna intenzione di seguirlo al Quirinale bardata come una Madonna». Uno stile di vita a cui si mantenne fedele sempre, continuando ad abitare nella casa di 35 metri quadrati a Fontana di Trevi e considerando le stanze del Quirinale l’ufficio di Sandro. Nel 1983, Pertini, a proposito di Petacci e della sua fine, disse: «La sua unica colpa è di aver amato un uomo». Di certo avrebbe potuto salvarsi.

     

    Secondo le ricostruzioni considerate ufficiali il comandante «Valerio», nome di battaglia del partigiano che, materialmente, eseguì la condanna a morte del Duce, prima di puntare il mitra le avrebbe detto: «Togliti se non vuoi morire con lui». Lei non lo fece: scelse di restare accanto a Mussolini di cui era la compagna segreta da 13 anni e di condividerne la sorte.

     

    Claretta Petacci Claretta Petacci

    Probabilmente non è neppure del tutto vero che amare il Duce sia stata la sua unica colpa: una delle ultime biografie sulla figura di Petacci «Claretta l’hitleriana, storia della donna che non morì per amore di Mussolini» di Mirella Serri, smonta la leggenda della martire incolpevole e racconta di una donna cinica, che seppe approfittare della sua posizione di potere, tramò, chiese soldi e favori, addirittura fece affari con i beni confiscati agli ebrei e tenne rapporti riservati con i vertici del Reich a Berlino.

     

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    Nessuna di queste nefandezze, però, dà una giustificazione a quel finale: l’orrore di piazzale Loreto e lo scempio del suo corpo. Uno scempio a cui, una spilla da balia e la pietà di qualcuno, provarono a mettere una pezza.

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