Gianluigi Nuzzi per “la Stampa”
A guardarlo al microscopio certo dà ribrezzo. Eppure il fungo schiumoso che Gianmarco Pozzi aveva in bocca potrà dare una svolta definitiva sulla morte di questo ragazzo e, quindi, portare ai suoi eventuali assassini. Un colpo di scena, senza dubbio dopo settimane passate a ritenere che il 28enne ritrovato morto il 9 agosto a Ponza fosse vittima di un incidente. Infatti, finora per i medici era tutta colpa della cocaina assunta dal buttafuori che lavorava nei locali notturni dell'isola.
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Sia la morte di Gianmarco che strafatto di polvere bianca era precipitato involontariamente nell'intercapedine del muro di contenimento dove poi venne ritrovato dai vicini, sia la presenza di quel fungo schiumoso, provocato dalla dannata polvere bianca. Ora il professor Vittorio Fineschi, ordinario di medicina legale all'università La Sapienza, mina la tesi della disgrazia e imbocca quella dell'omicidio, dopo un pestaggio.
Ma possibile che un fungo possa davvero cambiare così radicalmente la spiegazione di una morte? Fineschi, dopo aver visionato più di cento foto eseguite in obitorio al corpo del pugile, sottolinea che una simile entità patologica si forma nei casi di decessi per edema polmonare acuto massivo, cagionato da morte violenta. E quindi - nel caso specifico - l'edema è stato determinato dall'aggressione, dall'esser stato messo a testa in giù nell'intercapedine dai suoi aguzzini, tanto da riscontrare il polmone destro collassato.
Certo, la ricostruzione di Fineschi - che sarà formalizzata in un'apposita relazione pronta per il 2 gennaio - è di parte, visto che l'esperto del caso Cucchi lavora nel pool di professionisti ingaggiati dai familiari. E, soprattutto, va rafforzata da altri elementi per convincere il pubblico ministero Beatrice Siravo a seguire questa strada, mettendo in secondo piano la relazione della dottoressa Daniela Lucidi, incaricata dalla procura subito dopo il dramma.
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La professionista, basandosi solo sui test tossicologici e sull'esame cadaverico esterno senza autopsia, aveva sempre sostenuto due punti precisi: il ragazzo si era intossicato da cocaina, probabilmente in preda a deliri, e le ferite riscontrare sul corpo rimangono compatibili con una caduta dall'alto. Una posizione che collimava con le risultanze dei carabinieri dell'isola pontina, arrivati a supporre che il giovane fosse precipitato involontariamente in quella dannata intercapedine, mentre vagava senza meta in preda ad allucinazioni.
Per puntellare le indagini Fineschi attendi i risultati di un ulteriore missione del papà di Gianmarco a Ponza, fino al luogo della morte, appunto l'intercapedine in cui Gianmarco è stato trovato morto. Già il luogo suscita degli interrogativi: larga meno di un metro, presenta un'altezza di due metri e 70 centimetri, mentre il 28enne era alto oltre un metro e ottanta. Allora è credibile che un ragazzo così atletico sia morto per un salto di appena 90 centimetri? Fineschi osserva, studia, misura e compara il materiale fotografico a disposizione, i dati sulle pareti dell'intercapedine con le ferite riscontrate sul cadavere.
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Si sofferma per accertare se i macro rilevi censiti sono compatibili con ecchimosi, fratture mappate sul ragazzo. Il tutto per coniugare i dati con l'ipotesi che l'abbiano infilato lì a testa in giù in un'inquietante ricostruzione che ora dopo ora prende forma. Il ragazzo scappa da casa a piedi nudi, supera il vigneto, inseguito, braccato, viene raggiunto e picchiato duramente dai suoi aggressori che gli rompono le costole, tanto poi da metterlo a testa in giù nell'intercapedine. Ecco, proprio la posizione a testa in giù determina l'edema e quindi l'asfissia che gli è fatale. Gianmarco precipita e si schianta incosciente.
Un assassinio? La Siravo rimane prudente. Le indagini le hanno portato sul tavolo molti moventi - quasi tutti legati a questioni di droga, spaccio, sgarbi, inimicizie, vendette e gelosie sul lavoro nella movida pontina - ma lei vuole prove certe per spingersi con più sicurezza davanti a un giudice. "Non ho pregiudiziali verso nessuna ipotesi - ripete a chi la interroga - ma servono prove concrete e scientifiche".
Del resto proprio la Siravo guardando le foto del cadavere era rimasta particolarmente colpita dalle ferite sotto la pianta dei piedi del ragazzo e aveva deciso di modificare il capo di imputazione in omicidio volontario contro ignoti. Alcune novità sono emerse però solo nelle ultime ore quando Fineschi, dopo aver visionato più di cento foto eseguite in obitorio al corpo del pugile, è entrato nella casa affittata da Gianmarco per la scorsa estate. Anche qui non sono mancate le sorprese.
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Oltre alla macchia sul copriletto, già focalizzata dal Messaggero, sono state rinvenute micro chiazze sospette anche su un ombrellone da spiaggia. Ora solo il luminol e l'analisi organica di quanto rinvenuto permetterà di capire se quelle tracce ematiche sono o meno riconducibili e si intrecciano al mortale destino di Gianmarco. Del resto, troppe cose non tornano. Sono almeno sei i misteri che meritano di essere evidenziati.
Il primo è l'ora della morte, indicata in un primo momento per le 11 e che ora Fineschi anticipa radicalmente, collocandola tra le 7.30 e le 9, a causa dell'eccessiva rigidità assunta dal corpo quando fotografato.
C'è poi il giallo dei documenti e del portafoglio di Pozzi mai rinvenuti, tanto che il 28enne venne identificato tramite il suo allenatore, grazie ad un tatuaggio che aveva sulla spalla recante il nome della palestra. Terzo mistero, l'appartamento: non si capisce come mai la casa dove viveva Gianmarco mai è stata posta sotto sequestro, anzi la mattina stessa è stata ripulita con acqua e varichina e poco dopo affittata a dei turisti.
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Quarto, i due compagni con i quali Gianmarco divideva la casa: i familiari del giovane lamentano che i due non abbiano mai voluto parlare, nemmeno al telefono poco dopo la tragedia, senza partecipare al funerale. Il quinto capitolo è dedicato ai vestiti scomparsi: i carabinieri consegnano gli indumenti del pugile alla famiglia, direttamente nelle valige al loro arrivo al molo di Ponza ma la famiglia denuncia la mancanza di gran parte dell'abbigliamento.
Quei capi avrebbero potuto raccontare molto: sono sparite sia tutte le divise che Pozzi indossava quando lavorava in discoteca, compresa quella utilizzata la sera prima, sia scarpe e ciabatte. Nel procedimento non ci sono indagati ma i familiari nutrono dubbi sui racconti dei due coinquilini e compagni di lavoro visto che entrambi affermano che al momento del ritrovamento del cadavere stavano dormendo. Secondo uno dei due Gianmarco sarebbe uscito da una finestra della stanza che presenta un'altezza da terra di sei metri. C'è poi il tema di cosa accade quando partono le indagini difensive a iniziare da una visita che dei giovani avrebbero fatto a Paolo Pozzi, padre di Gianmarco, al suo negozio di articoli sportivi a Roma, durante la quale gli sarebbe stato sconsigliato di proseguire gli approfondimenti tanto che il commerciante ha segnalato la cosa ai carabinieri.
GIMMY
Rita Cammarone per “il Messaggero”
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Sulla morte di Gianmarco Pozzi spunta una testimonianza importante, già acquisita dalla polizia giudiziaria. Un ragazzo di Roma, con obbligo di dimora a Ponza, ha riferito ai carabinieri alcuni importanti dettagli sull'uccisione del pugile 28enne, ritrovato cadavere la mattina del 9 agosto scorso sull'isola pontina in uno spazio angusto tra la parete esterna di un'abitazione e il muro di contenimento di un terreno a monte, in una zona impervia e scoscesa tra le località di Santa Maria e Giancos.
IL RISERBO Massimo il riserbo degli inquirenti su questa deposizione. Ma qualcosa trapela. Oltre a confermare l'ipotesi dell'omicidio, il ragazzo ha indicato il coinvolgimento di alcune persone nell'omicidio. Chi erano? Al momento si sa solo che le persone tirate in ballo dal testimone non sono di Ponza, e che uno tra loro è straniero, di nazionalità romena.
Si tratta di una testimonianza attendibile? Se lo chiedono anche gli investigatori della famiglia Pozzi, che ieri e l'altro ieri si sono recati a Ponza per effettuare alcuni accertamenti durante i quali hanno rinvenuto una traccia verosimilmente ematica sul coprimaterasso del letto utilizzato da Gianmarco nell'alloggio condiviso con altri tre ragazzi che come lui svolgevano il compito di buttafuori nella discoteca Blue Moon.
LA FAMIGLIA Recentemente la famiglia Pozzi ha accertato che, negli ultimi giorni di vita del ragazzo, l'appartamento era frequentato da un giovane romeno ospite dei ragazzi. Un dettaglio che rimanda alla testimonianza fornita agli inquirenti. Una coincidenza? Numerosi gli accertamenti disposti dalla Procura di Cassino che sul caso ha aperto un fascicolo contro ignoti per l'omicidio del 28enne romano. Oltre all'esame tecnico sull'iPhone della vittima, affidato al consulente Fabiano Querceto, sarà importante capire quali utenze di telefonia mobile erano eventualmente presenti sul luogo del rinvenimento del cadavere nelle ore di interesse. Il telefono della vittima è stato repertato dai carabinieri a qualche decina di metri dall'intercapedine dell'orrore.
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Diversi i messaggi ricevuti e non letti e un'ultima chiamata da un numero che quella tragica domenica, ricomposto dai militari dallo stesso telefono, avrebbe continuato a squillare a vuoto. Perché? Sul giallo di Ponza, legato alla morte dell'ex campione di kickboxing, aleggia un altro fattore importante per le indagini coordinate dal sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo. E' il fattore cocaina. Dall'esame tossicologico effettuato su campioni prelevati dal corpo del 28enne, la dottoressa Daniela Lucidi, incaricata dalla Procura, ha rilevato un'intossicazione acuta da cocaina con dosaggi compatibili con lo sviluppo di allucinazioni e deliri. Gianmarco prima di morire era strafatto di cocaina. In che giro era finito il buttafuori della discoteca più in voga della movida ponzese, nell'estate Covid?
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La famiglia Pozzi, che per Gimmy chiede verità e giustizia, si è affidata oltre all'avvocato Fabrizio Gallo, anche alla criminologa Roberta Bruzzone. In questi giorni il pool si è arricchito della consulenza medico-legale del professor Vittorio Fineschi che pur avendo a disposizione il solo materiale fotografico del cadavere sottoposto ad esame esterno - non essendo stata effettuata l'autopsia ed essendo poi stata cremata la salma ha già confermato che il 28enne avrebbe subito un pesante pestaggio prima di finire in quel luogo angusto, con l'osso del collo rotto e un evidente ferita alla testa.
La sua relazione sarà depositata in Procura nei primi giorni di gennaio. L'altro ieri a Ponza, gli investigatori della famiglia Pozzi hanno raccolto testimonianze su quanto successo quella tragica mattina presso l'alloggio dei ragazzi, in merito ad un'improvvisa assenza di acqua per la quale si sarebbe reso necessario l'intervento di un idraulico. Sono emerse versioni differenti su orari e presenze.
gianmarco pozzi