Estratti dall’articolo di Susanna Turco per ‘L’Espresso’
Hanno trattato allo sfinimento. Riga per riga, nome contro nome, selfie contro selfie. Per davvero e per finta, come si conviene alla contemporaneità che rende indistinguibile l' una cosa dall' altra.
SALVINI DI MAIO E LA TRATTATIVA LEGA M5S
Nell' epocale annusamento reciproco di Cinque stelle e Lega, i protagonisti della trattativa per «vincolarsi a qualcosa di vincolante» - come ha detto Luigi Di Maio in una delle sue ficcanti affermazioni - sono stati, più che sostanza, simbolo da ostentare. Il corpo e il tavolo dell' alleanza contrattuale, divisibile per coppie grillo-leghiste, o lego-grilline.
SALVINI DI MAIO BERLUSCONI
Giancarlo Giorgetti con Vincenzo Spadafora, Armando Siri con Laura Castelli. Claudio Borghi con Riccardo Fraccaro, e via snocciolando. Nei meeting itineranti, al Pirellone, alla Camera dei deputati, negli studi di commercialista, negli hotel del centro città o negli incontri virtuali via sms, mail, via chat («te l' ho scritto sulla chaaat», si è sentito urlare lungo le scale almeno in una occasione), e chissà in quali altri posti.
I volti dell' impensabile, ad affollarsi alle spalle degli elastici, bulimici, onnipresenti leader, Salvini e Di Maio. Le facce di cera da mostrare ai cronisti, come quando nel momento di peggior distanza Danilo Toninelli, l' architetto dei progetti costituzionali grillini - quello che, come si racconta nel libro "Supernova" di Biondo/Canestrari, fece infuriare Gianroberto Casaleggio perché progettava, in proprio, nuove leggi elettorali già nel 2013 - è riuscito a cinguettare un quasi convincente «sta andando tutto bene», proprio mentre Alfonso Bonafede, avvocato grillino ed eterno aspirante Guardasigilli costretto a un confronto consapevolmente impari con la (per di più invisibile) leghista Giulia Bongiorno, offriva la comunicazione decisiva sul fronte della giustizia: «Ora si va a pranzo».
luca morisi
Contraenti del contratto, figuranti accuratamente divulgati, tra slide, maniche di camicia, bottigliette di Coca Cola (solo Di Maio, gli altri acqua) e proclami del tipo: « Abbiamo trovato l' accordo sul turismo» - materia notoriamente divisiva.
In una specie di set cui mancava «giusto un plastico alla Vespa», come pure uno dei presenti non ha mancato di sottolineare.
I SEMIDEI DELLA COMUNICAZIONE
Pure corretto, in fondo. Chi può scordare il contratto con gli italiani a Porta a porta, la scrivania di ciliegio tirata poi fuori altre due volte, gli annessi e connessi. Anche qui, in effetti, è anzitutto comunicazione. Una ossessione dei Cinque stelle, quella per il mostrare la trattativa, dagli streaming scioccanti con Pier Luigi Bersani e con Matteo Renzi fino al più complesso dialogo sull' Italicum - primo passo col quale Di Maio nel 2014 uscì definitivamente dall' ombra e si fece accreditare come interlocutore, sfruttando l' ambizione dell' allora premier - per arrivare poi alle opacità di questi giorni, nei quali alla faccia della trasparenza si è faticato a sapere persino il luogo esatto degli incontri.
LUCA MORISI ROCCO CASALINO
Non è certo la prima volta che M5S fa vedere se stesso in trattativa. Ma è invece la prima volta - alla faccia di tutti gli spin doctor della storia della Repubblica - in cui i capi della comunicazione stanno seduti attorno al tavolo, fianco a fianco con i politici, i leader, gli aspiranti ministri.
A dimostrare che l' importanza è totale, che la comunicazione è una scienza di prima fascia, dentro la politica. Nei partiti populisti d' Italia, almeno. Siede,dunque, Rocco Casalino, il semidio dell' ortodossia che dalla Casaleggio discende a Roma per poi risalire in forma di resoconti, il capo dei vigili dell' urbe grillina che chiama «amore» tutti i giornalisti femmine e maschi coi quali voglia simulare confidenza; l' uomo che decide chi debba presentarsi a telecamere e taccuini e chi no e per quanto (stralcio di dialoghi autentici: «No, amore, Paola non te la do perché ha fatto già due collegamenti, poi si stanca e non rende. Ti posso dare Riccardo, lo vuoi Riccardo?»).
rocco casalino
Casalino, insomma, il tenutario dell' omonimo "sistema " - quello grazie al quale i vertici di M5S vanno in tv senza contraddittorio, come testimoniato di recente su Twitter anche dal Fdi Guido Crosetto - l' ingegnere cui a torto viene straricordata la partecipazione al Grande Fratello, quando invece assai più formativi sono stati gli ambienti di Lele Mora, che frequentava negli anni turbolenti di Fabrizio Corona.
rocco casalino
Come Casalino, stile film medievale dei fratelli Taviani, siede al tavolo del contratto anche Luca Morisi, lo storico capo dell' architettura web-tech di Salvini che insegna all' Università, ama farsi chiamare «filosofo digitale» e concede tutto, persino la foto di copertina del proprio profilo facebook, al capo della Lega che lui chiama «capitano».
Se quello è il capitano, lui è lo stratega digitale, o per lo meno l' ideatore di iniziative come il concorso da campagna elettorale "VinciSalvini", uno dei canali attraverso i quali la Lega ha raccolto dai suoi propri militanti in modo simile a quello della grillina Associazione Rousseau, governata dalla Casaleggio; il responsabile, in una parola, di una buona fetta del successo mediatico di Salvini. E che però si vede assai meno di Casalino - perché lui spesso è quello che tiene la telecamera, cioè veicola il personaggio, prima ancora che il suo messaggio.
luca morisi
GLI UOMINI GRIGI
Ancor più in ombra e proprio perciò in questo caso ancora più in luce, stanno i due sherpa potenti di Di Maio e Salvini. Che hanno in comune le origini non salottiere, e poco altro: il leghista Giancarlo Giorgetti, 52 anni, è figlio di un pescatore e di una operaia, e nativo di Cazzago Brabbia, ottocento abitanti sul lago di Varese; il grillino Vincenzo Spadafora, 44 anni, è figlio di una casalinga e un ferroviere, e cresciuto tra Cardito, Afragola e Frattamaggiore. Le somiglianze, però, finiscono qui.
GIANCARLO GIORGETTI VINCENZO SPADAFORA
Uno bocconiano, l' altro non laureato, uno da sempre nello stesso partito, l' altro peregrinante in ogni dove. Giorgetti per natura schivo, per scelta riservato, incline a confondersi e a socializzare coi funzionari di Camera e Senato (con quasi tutti gli altri, muto), assai competente di conti pubblici, uomo di collegamento tra Lega e centri dell' economia e della finanza, scelto vent' anni fa da Umberto Bossi e poi sopravvissuto a tutte le fasi della Lega, anche le più turbolente, senza pronunciare mai una parola per caso. Spadafora, per dire la più lampante differenza, che come sogno nella vita aveva la tv, ha sempre dichiarato voler essere «come Pippo Baudo», e per il quale dunque la recente ospitata a Porta a porta ha significato una specie di apoteosi.
VINCENZO SPADAFORA LUIGI DI MAIO
Così come il trionfo di potersi esibire in un genere nel quale, a sentire chi l' ha visto all' opera, eccelle: stilare liste di nomi, infinite.
Ora: entrambi vengono definiti "Gianni Letta" dei rispettivi leader, eppure è già chiaro come, in uno dei due casi, il paragone con l' originale sconfini nella volgarità.
È vero che Spadafora è un tassello fondamentale dell' ascesa di Di Maio, un sintomo lampante della profonda metamorfosi del Movimento Cinque stelle. Ma, giusto per dirne una, nei venticinque anni che Letta ha passato al fianco del Cavaliere, Spadafora è stato visto transitare: nei pressi dell' Udeur di Clemente Mastella, tra i verdi di Alfonso Pecoraro Scanio, tra i margheriti di Francesco Rutelli (il quale da capo del partito gli diede l' incarico di costituire il movimento giovanile e poi da ministro lo volle capo segreteria ai Beni culturali), nell' Italia futura di Montezemolo.
vincenzo spadafora mattarella
Divenuto il più giovane presidente Unicef del mondo, Spadafora è stato poi nominato dal centrodestra Garante della neo Authority per l' infanzia anche attraverso i buoni rapporti con Mara Carfagna - che lo conobbe da ministra per le Pari opportunità e alla quale fu nemmeno a dirlo simpaticissimo. Era un piccolo regno (ufficio di dieci persone, 900 mila euro la dotazione annuale, 200-300 mila lo stipendio) a capo del quale Spadafora anche allora dimostrò una passione per le cose belle: una certa scrivania di cristallo per il suo ufficio, o per dire l' obbligo di affittare come Ncc solo Audi (Mercedes no, fa cafone).
vincenzo spadafora maria elena boschi
Capricci del potere? Fu allora che il futuro braccio destro di Di Maio scansò l' ipotesi di candidarsi in Scelta civica (mise in lista al suo posto Antimo Cesaro, sicuro che non potesse fargli ombra). Sognava la riconferma all' Authority per l' infanzia, non fu aiutato dai renziani e brutalmente bocciato da Laura Boldrini che da presidente doveva con Grasso conferirgli il reincarico (ma disse più o meno: dovrete passare sul mio cadavere).
vincenzo spadafora marco mengoni
Senza laurea e senza patente, ma con mille relazioni che ogni qualche anno sono state puntualmente rinnovate da quasi zero, Spadafora è finito (non indagato) nelle intercettazioni della cricca perché amico dell' ex provveditore alle opere pubbliche del Lazio Angelo Balducci (favorì un contrattino Unicef al figlio Filippo). Dotato di un proprio padre spirituale gesuita e di una vocazione durata qualche giorno verso i dieci anni, ha avuto - dettaglio meno noto - un sodalizio spirituale pure con un altro amico di Balducci, Pietro Vittorelli, l' abate di Montecassino che andava a trovare persino sotto la neve, su al monastero, anni prima che il prelato fosse accusato di aver sottratto i fondi dell' 8 per mille per feste, viaggi, articoli di lusso.
calderoli - giancarlo giorgetti
È alla fine del 2012, comunque, che conobbe Luigi Di Maio. Forse per irresistibile attrazione tra format, fu proprio il futuro capo dei Cinque stelle ad avvicinarlo, durante un incontro in Campania dove presenziava come capo dell' Authority. «Personaggio interessante, sembra me», ebbe a dire Spadafora alla fine di quell' incontro. Poi il «personaggio» si fece vicepresidente della Camera: di lì un sodalizio in crescita, fino all' apoteosi della fiducia. Spadafora nominato, insieme con il casaleggino Pietro Dettori e l' amico d' infanzia Dario De Falco, nel Comitato elettorale M5S che ha sede di fronte al Colosseo, nell' appartamento dove è domiciliato lo stesso Di Maio.
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Roberto Maroni Giancarlo Giorgetti Giancarlo Giorgetti