Luigi Ferrarella per il “Corriere della sera”
CARLO MONDONICO E ANDREA GRECO DI A
Si chiamasse Maurizio Belpietro o Alessandro Sallusti, o lavorasse in qualche testata di opposto orientamento ma di pari ribalta, chissà già che mobilitazioni: proprio come era avvenuto prima che a Strasburgo la Corte europea dei diritti dell' uomo condannasse due volte l' Italia, nel 2013 e poi ancora pochi mesi fa nel 2019, perché i due giornalisti, responsabili di diffamazione, nel 2004 e nel 2012 erano stati sanzionati con la pena detentiva in carcere, che per Strasburgo è ingerenza spropositata di uno Stato rispetto al diritto alla libertà di espressione, salvo nei casi in cui i giornalisti siano responsabili di discorsi di odio o di incitamento alla violenza.
ASIA ARGENTO
Invece Carlo Mondonico scrive su «Novella 2000», diretta da Giorgio Nicola Bernardini De Pace, e il 12 settembre 2013 in un articolo su «Asia Argento ubriaca di Max Gazzè» inanellò una sfilza di calembour a doppio senso («ubriaca d'amore», «cenetta ad alto tasso alcolico», «vinello sempre al seguito», «susseguirsi di baci e brindisi», «presenza fissa la bottiglia di vino») ritenuti diffamatori dall'attrice patrocinata dall' avvocato Ervin Rupnik, ma declassati dai giornalisti (difesi dall'avvocato Jacopo Antonelli Dudan) a pettegolo gossip, mezzo «costo» e mezzo «motore» della notorietà di chi vive nel mondo dello spettacolo.
CARLO MONDONICO
Ora, nella disattenzione generale, e bellamente sorvolando sulle pronunce di Strasburgo e anche sulla prevalente giurisprudenza di Cassazione, davanti al Tribunale di Bergamo (che deciderà oggi) l'accusa ha chiesto la condanna per diffamazione a un anno e otto mesi di carcere: carcere «vero», cioè non soltanto senza conversione in pena pecuniaria, ma addirittura senza neanche il beneficio della sospensione condizionale della pena (solitamente concessa entro i 2 anni).
ASIA ARGENTO
Dopo che a chiedere il rinvio a giudizio nel 2015 era stato il pm Massimo Meroni, in udienza la richiesta di tipo ed entità della pena è stata formulata da un viceprocuratore onorario, e pare abbia spiazzato anche l'attuale reggenza della Procura, che non ne era stata informata e la cui dichiarata linea nei processi per diffamazione non è per il carcere.