1. QUEI GIORNI DELLA PROPOSTA ALL'EX GOVERNATORE (BUTTATA UN PO' A CASO)
Francesco Verderami per il ''Corriere della Sera''
giuseppe conte festa fatto
Si avvertiva ancora l' eco dell' applauso con cui il Consiglio europeo aveva salutato il congedo di Mario Draghi dalla presidenza della Bce, quando Giuseppe Conte chiese di incontrare l' uomo che con il suo «whatever it takes» aveva salvato l' euro e l' Unione dal default monetario e politico.
L' immagine dei capi di Stato e di governo che erano scattati in piedi in segno di riconoscenza verso il governatore europeo uscente doveva aver impressionato il presidente del Consiglio italiano, che ieri ha raccontato di avergli proposto il ruolo di capo della Commissione europea.
giuseppe conte festa fatto
Ma proprio il modo in cui Conte ha ricostruito l' evento, il passaggio nel quale ha detto di aver «cercato di creare consenso attorno al nome di Draghi», è rivelatore di un' idea se non estemporanea quantomeno priva di solide basi. E allora anche la risposta che ottenne, anche questa rivelata dal premier, va interpretata. È vero, «Super Mario» spiegò a Conte che voleva prendersi «un momento di stacco». E non c' è dubbio che ambisse a una pausa, dato che aveva appena rifiutato l' offerta di guidare il Fondo monetario internazionale: offerta avanzata in modo condiviso dai grandi della Terra.
Ecco il dettaglio che svela l' altra ragione per cui Draghi volle tagliar corto: avendo un' esperienza consolidata delle dinamiche di Bruxelles, desiderava evitare che il suo nome finisse nel tritacarne di una trattativa dall' esito pressoché scontato. Perché certe nomine, compresa la presidenza della Commissione, hanno valenza politica e ruotano attorno all' asse franco-tedesco che nessuno può scalfire. E dunque c' è una differenza considerevole tra l' offerta del Fmi avanzata in modo «condiviso» e l' idea di un premier dal peso non rilevante, lanciata senza essere stata concordata.
Ma c' è un altro risvolto della narrazione di Conte che ha colpito: l' insistenza con la quale ha voluto evidenziare una valutazione fisica e persino psicologica del suo interlocutore, «che mi disse di esser stanco, di volersi riposare, di non sentirsi». Se ieri il premier non fosse stato nel bel mezzo di un' intervista pubblica, si potrebbe sospettare che questo velenoso passaggio fosse stato preparato nei minimi dettagli. E se la risposta serviva al premier per allontanare da sé il sospetto di temere Draghi, in realtà l' ha alimentata. Sfoggiando una tecnica mediatica che ha ricordato gli epici duelli di D' Alema con Prodi.
giuseppe conte festa fatto
Come quel passaggio che sembra una difesa dell' ex governatore e che invece limita con la derisione: «Quando si invoca il suo nome lo si tira per la giacchetta». La battuta è logora: per anni è stata usata da chi nervosamente sentiva avvicinarsi il rumore dei nemici. Di solito era accompagnata da un' altra frase, che Conte non si è risparmiato.
«Draghi non lo vedo come un rivale ma come un' eccellenza». Strano allora che il premier non lo abbia inserito tra le centinaia di inviti al rutilante festival degli Stati generali di Villa Madama.
A meno che «l' eccellenza» non sia vissuta come un' ingombrante ombra. Perché fu questa la sensazione dei ministri del Pd il giorno in cui Draghi scrisse sul Financial Times l' articolo sulla necessità di una svolta in Europa, messa in ginocchio dalla pandemia. Quel giorno la delegazione democratica chiese a Conte di citare l' ex governatore nel discorso che di lì a poche ore avrebbe tenuto in Parlamento. Ma Conte non lo fece.
2. FALSA RIPARTENZA DEL PREMIER CUPO
Marcello Sorgi per ''La Stampa''
Se era studiato, se lo poteva studiare meglio. Il ritorno in scena di Conte, dopo un silenzio, in realtà neppure così lungo, ma che aveva acceso molti interrogativi e pareva destinato a durare ancora un po', è sembrato mirato a tre obiettivi.
GIUSEPPE CONTE NON LAVORA CON IL FAVORE DELLE TENEBRE
Nessuno dei tre centrato.
Il primo: separare i destini del governo dai risultati, temuti assai negativi, a giudicare dai sondaggi, delle regionali, a cui tuttavia il premier si era interessato, suggerendo l' alleanza locale tra Pd e 5 stelle almeno per la Puglia, una delle regioni in bilico. Oggi il premier pare a tal punto rassegnato alla debacle, da osservare che una competizione tra una squadra unita - il centrodestra - e un' altra, la sua, che fa di tutto per dividersi, non può che avere esiti nefasti. Che non dovrebbero però, a suo giudizio, non si sa come, pregiudicare il destino del governo.
Il secondo obiettivo è Mario Draghi, che ha fatto molto parlare di se per l' intervento di Ferragosto al meeting di Rimini di Cl. Conte ha rivelato di aver pensato a lui come possibile Presidente della Commissione europea, tanto da avergliene parlato a suo tempo, pur trovandolo freddo sull' ipotesi. Draghi in realtà sapeva bene che il passaggio diretto dalla guida della Bce a quella della Commissione sarebbe stato difficile, se non impossibile, specie nel clima non sempre favorevole tra i 27 partner nei suoi confronti. E con tutto il rispetto per Conte come negoziatore, ha preferito defilarsi.
olivia paladino e giuseppe conte al cinema america
Ma il premier mette le mani avanti anche rispetto alla possibilità di vedere SuperMario in pista per il Quirinale: dichiarandosi, a sorpresa, a favore della rielezione di Mattarella. Un modo di rinviare la scadenza di un paio d' anni, tanto è durato il precedente Napolitano, al quale tra l' altro si era dato il crisma dell' assoluta eccezionalità. Sempre che l' attuale presidente sia interessato, l' elezione del successore cadrebbe così nella nuova legislatura, molto probabilmente caratterizzata da una forte prevalenza del centrodestra, invece di sfruttare l' ultima chanche di equilibri ballerini, ma di centrosinistra, nello scorcio restante di quella attuale.
È esattamente ciò che gli attuali alleati della maggioranza giallo-rossa vorrebbero evitare, trovando un accordo, che al momento tuttavia non s' intravede, per consentire al Pd di avanzare una propria candidatura per il Colle, in cambio dell' impegno di lasciare ai grillini la guida del governo.
GIUSEPPE CONTE AL MARE
Infine Conte s' è pronunciato senza incertezze per il "Sì" al referendum, schierandosi in questo modo con Di Maio e i 5 stelle, cosa prevedibile, ma alimentando senza volerlo la campagna per il "No". Finora infatti era solo intuibile che una stentata vittoria dei "Si" o addirittura un' imprevista, al momento, affermazione dei "No" si sarebbero trasformate in un' ulteriore elemento di instabilità per l' esecutivo.
Ora è certificato dal presidente del consiglio.
3. LO SPETTRO DEL SUPER TECNICO CHE AGITA IL PREMIER "I POTENTATI MI VOGLIONO FUORI"
Estratto dall'articolo di Giovanna Vitale per ''la Repubblica''
Fosse stato per lui, sarebbe rimasto zitto fino alle elezioni. Le forche caudine che rischiano di costargli la guida del governo, se l' esercito di Matteo Salvini e Giorgia Meloni dovesse infine espugnare tutte le regioni al voto esclusa la Campania, l' unica considerata non contendibile e tuttavia insufficiente a scongiurare - in caso di esito nefasto - l' inevitabile terremoto della maggioranza e dell' attuale segreteria pd, già parecchio in sofferenza senza dover aggiungere ulteriori scossoni.
(…) Eccola la chiave per sterilizzare il peggiore degli incubi: inutile «continuare a tirarlo per la giacchetta», è Draghi che non vuole. Sa bene, l' avvocato pugliese, che il banchiere apprezzato in tutto il mondo è il solo a potergli sfilare la poltrona. Dalla sua avrebbe non solo i poteri forti, sospettati apertamente di tramare contro il Conte due come mai prima: «Con i 209 miliardi del Recovery Fund può esserci la tentazione di buttarci giù - sibila il premier - lo sento, non vivo nell' iperuranio, ci sono contesti, potentati che avrebbero molto da suggerire». L' operazione Draghi incontrerebbe il favore di quasi tutto l' arco costituzionale. A partire dalla sua stessa maggioranza, sempre più friabile e rissosa.
giuseppe conte in aula