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    CI VORREBBE SALOMONE - IL GIUDICE DI TEL AVIV HA STABILITO CHE, PER ORA, IL PICCOLO EITAN RESTA IN ISRAELE E PASSERA' META' DELLA SETTIMANA CON LA ZIA E L'ALTRA META' CON I PELEG - UN COMPROMESSO IN ATTESA DELL'UDIENZA DELL'8 OTTOBRE, DURANTE LA QUALE IL TRIBUNALE DOVRA' DECIDERE DOVE DEBBA ESSERE DISCUSSA LA CUSTODIA - SECONDO L'EX CAPO DELL'UFFICIO QUESTIONI INTERNAZIONALI, "SE C'E' STATA UN'AZIONE DI RAPIMENTO, DI SOLITO L'APPROCCIO E' CHE IL BAMBINO VENGA RIMANDATO NEL PAESE DA DOVE E' STATO PORTATO VIA..."


     
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    Davide Frattini per il "Corriere della Sera"

     

    Schmuel Peleg entra in tribunale Schmuel Peleg entra in tribunale

    Shmuel, Etty, Gali. I Peleg arrivano per primi ed entrano insieme nell'aula. Aya Biran è accompagnata dall'avvocato - il marito Or è ancora in Italia - e dice solo poche parole: «Sono preoccupata per Eitan, voglio che ritorni a casa il più presto possibile». È per questa definizione di «casa» che le famiglie si sono presentate ieri mattina davanti alla giudice Iris Ilotovich Segal, che ricopre la carica nella corte di Tel Aviv per la famiglia dal 2017.

     

    Aya Biran entra in tribunale Aya Biran entra in tribunale

    Dopo due ore e mezza le porte si riaprono con quello che i legali di tutte e due le parti definiscono un compromesso per il bene del bambino sopravvissuto all'incidente sul Mottarone: «Passerà metà della settimana con Aya (oggi sarà con lei, ndr ) e l'altra metà con i Peleg», non specificano dove, di sicuro non in una struttura protetta. Fino all'8 di ottobre quando è prevista l'udienza - già estesa ai due giorni successivi - sull'istanza presentata dalla zia materna (e nominata tutrice legale dal tribunale italiano) che chiede il rientro del piccolo a Travacò Siccomario (Pavia) sulla base della convenzione dell'Aia e di quello che prevede per il sequestro internazionale di minori.

     

    Shmuel Peleg Shmuel Peleg

    È su questo punto - spiega Yuval Sasson al quotidiano Haaretz da ex capo dell'ufficio questioni internazionali per il procuratore dello Stato - che ruotano tutti gli elementi legali. «L'affidamento è complicato. I genitori erano israeliani, Eitan è vissuto in Italia da quando aveva un mese. Ma l'8 ottobre il tribunale dovrà affrontare e poi decidere dove debba essere discussa la custodia. Se c'è stata un'azione come un rapimento, di solito l'approccio è che il bambino venga rimandato nel Paese da dove è stato portato via e lì venga definito a chi affidarlo. In generale Israele vuole rispettare la sovranità dell'Italia e del suo sistema legale perché si aspetta lo stesso trattamento».

     

    tal e gali peleg tal e gali peleg

    Aya e Shmuel - indagato dalla Procura di Pavia per sequestro di persona e che è stato interrogato dalla polizia israeliana - sono stati i due parenti ammessi all'udienza a porte chiuse. Non hanno dovuto rispondere a domande della giudice - laureata all'università Bar-Ilan, è stata anche docente - che si è basata sugli interventi e i documenti presentati dai legali. Gli avvocati chiedono ai media di rispettare in queste due settimane la privacy delle famiglie, che si impegnano «al silenzio stampa» dopo un periodo di presenza costante sui media internazionali.

     

    Lo stratega della comunicazione assunto dai Peleg è andato all'offensiva da quando il nonno lo ha portato a Tel Aviv sabato 11 settembre con un volo privato via Lugano: interviste nei programmi televisivi più seguiti a lui, alla nonna Etty e a Gali, sorella di Tal, la madre di Eitan morta sul Mottarone. È Gali - uscita dall'udienza tremando e con lo sguardo fisso a terra - ad aver iniziato la pratica di adozione in Israele. Assieme ai genitori (divorziati) ha ripetuto che «Eitan non è stato rapito, è ritornato a casa, deve crescere in questo Paese».

     

    SHMUEL PELEG NONNO EITAN SHMUEL PELEG NONNO EITAN

    I Peleg si sono opposti alla decisione di iscriverlo a una scuola cattolica, la scelta era però già stata fatta dal padre e dalla madre prima della strage sulla funivia. Fino ad ora i Biran avevano potuto vedere il bambino di 6 anni, che è cittadino italiano, solo una volta una settimana fa. Haggai - fratello di Aya e Amit, morto nell'incidente - lo aveva incontrato a casa di Shmuel. Aveva riconosciuto che fosse «in buone condizioni di salute» ma i legali avevano espresso la sua preoccupazione che fosse in atto «un lavaggio del cervello» con idee «inculcate nella testa del piccolo».

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