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    IL GOVERNO CADE PER 30MILA EURO? - DI BATTISTA: ''DA SALVINI UNA PUERILE DIFESA DI SIRI. MINACCIANO DI FAR CADERE IL GOVERNO PERCHÉ TONINELLI HA TOLTO LE DELEGHE A UN SOGGETTO INDAGATO PER UNA MAZZETTA DI UN IMPRENDITORE SOCIO OCCULTO DI UNO LEGATO A MESSINA DENARO? MA QUESTO SIRI QUANTO È POTENTE?'' - SIRI: ''HO PRESENTATO L'EMENDAMENTO MA NON HO PRESO UN CENT''. E IN EFFETTI LA PROVA SAREBBE ARATA CHE AL TELEFONO DICE ''MI È COSTATO 30MILA EURO''


     
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    BUFFAGNI CONTE BUFFAGNI CONTE

     

    1. SIRI:BUFFAGNI, SI PARLA CORRUZIONE, SALVINI NON IGNORI

     (ANSA) - "L'interesse del paese deve essere messo sempre al primo posto. Quando si parla di corruzione e soggetti legati a mondi mafiosi il ministro degli interni che fino ad oggi ha fatto così bene sono certo non potrà che tenerne conto. Corruzione e mafia non sono problemi elettorali ma sostanziali, abbassiamo i toni e lavoriamo: non si può mettere a rischio il governo di un paese sulla corruzione e sulla Mafia dove il governo del cambiamento non deve avere tentennamenti". Lo scrive su facebook il sottosegretario agli Affari Regionali Stefano Buffagni.

     

    1. GOVERNO: DI BATTISTA, DA SALVINI PUERILE DIFESA DI SIRI

     (ANSA) - "Tra gli gnocchi di semolino e un bombolotto alla crema Salvini spiegasse all'Italia intera le ragioni di questa puerile difesa. Ne guadagnerebbe in credibilità oltre che in calorie". Così Alessandro Di Battista su Facebook commenta la vicenda del sottosegretario Siri.

     

    ARMANDO SIRI MATTEO SALVINI ARMANDO SIRI MATTEO SALVINI

    "Fatemi capire - aggiunge - la Lega pur di difendere un sottosegretario indagato per corruzione minaccia la crisi di governo? In questo momento c'è la crisi libica da affrontare (tra l'altro cominciata con quella guerra scellerata fatta quando la Lega era al governo con Berlusconi), ci sono i truffati dalle banche da risarcire, c'è il salario minimo da garantire e questi tirapiedi di Salvini minacciano di far cadere il governo perché Toninelli ha tolto le deleghe a un soggetto indagato per essersi messo a disposizione (in cambio di una mazzetta) di un imprenditore dell'eolico ritenuto socio occulto di un uomo legato al boss Matteo Messina Denaro? Ma questo Siri quanto è potente? Quante cose conosce se per difenderlo i leghisti minacciano la caduta del governo?".

     

     

    1. SIRI, PRESENTATO EMENDAMENTO MA NON HO PRESO UN CENT

    Buffagni Buffagni

     (ANSA) - "Io non so nulla. Ho presentato un emendamento che mi ha chiesto una filiera di piccoli produttori che mi dicevano di essere in difficoltà. Io non ho fatto altro che portarlo negli uffici, li è finito il mio ruolo". Così il sottosegretario della Lega Armando Siri intervistato nel corso di "Punto di Domanda", in onda stasera alle 23.30, sottolineando di non aver "mai preso un centesimo".

     

    Siri si dice "sereno: tutto quello che è successo - spiega - è lontanissimo da me. Salvini è stata la prima persona a telefonarmi ieri mattina. Mi ha detto leggo queste cose, ho piena fiducia in te. A me questo basta. Io non sapevo nulla di quello che stava accadendo, leggevo nomi di personaggi assurdi, mafiosi". E poi, aggiunge, "non sono vendibile, non sono comprabile. Chiunque dica una cosa del genere è vittima di suggestioni fantastiche". Ragion per cui, ribadisce di non pensare alle dimissioni: resto perché sono innocente. Non spetta a Di Maio deciderlo.

     

    ARMANDO SIRI ARMANDO SIRI

    Lo deciderà la magistratura che sta facendo un'indagine. La prima cosa da fare è collaborare con la magistratura come ho assolutamente intenzione di fare. Non sento di dovere lasciare il mio incarico sulla base di illazioni che non hanno fondamento". Infine, sulla tenuta dell'alleanza con il M5S aggiunge: "Andiamo avanti a lavorare ma senza creare tutte queste polemiche , senza trovare capri espiatori, non aiuta nessuno, non penso sia questo quello che vuole la gente".

     

     

    1. «FAVORI A IMPRESE VICINE ALLA MAFIA» GLI EMENDAMENTI NEL MIRINO DEI PM

    Valentina Errante per ''Il Messaggero''

     

    LE CARTE

    «Sta storia mi è già costata 30mila euro», così Francesco Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia, uno dei sette professori ai quali Matteo Salvini si è rivolto per stilare il programma di governo della Lega, parlava con il figlio la scorsa estate. Il riferimento, per i pm, è ai soldi che avrebbe dovuto pagare ad Armando Siri, il sottosegretario che presentava emendamenti per fargli ottenere incentivi.

    di maio di battista di maio di battista

     

    Qualche tempo dopo, l' imprenditore si sarebbe preoccupato di giustificare quell' uscita in bilancio. Ma c' è di più nell' inchiesta che vede indagato Siri per corruzione: Arata, uomo vicino ai potenti e ai sovranisti, per i pm di Palermo è un prestanome di Vito Nicastri, «imprenditore pregiudicato e spregiudicato» arrestato ieri e sotto processo con l' ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa per avere finanziato la latitanza di Matteo Messina Denaro.

     

    Ed è per le società collegate a Nicastri che Siri si sarebbe speso «con un' incessante attività» in cambio della promessa, o della dazione della mazzetta da parte di Arata, «suo sponsor per la nomina a sottosegretario». In tutti i modi avrebbe cercato di garantire incentivi di Stato alla aziende riconducibili al presunto boss, intervenendo anche sugli altri ministeri.

     

    I PEDINAMENTI

    A metterlo nei guai, le intercettazioni e pedinamenti degli uomini della Dia. Agli atti ci sono anche gli emendamenti che il sottosegretario alle Infrastrutture, da ieri senza deleghe, avrebbe tentato invano di far passare, «vendendo così la sua funzione» a vantaggio di quello che la procura di Palermo definisce «un reticolo di società tutte operanti nel mercato delle energie rinnovabili facenti capo solo formalmente alla famiglia Arata ma di fatto partecipate occultamente da Nicastri, vero regista delle strategie imprenditoriali e considerato da Arata la persona più brava dell' eolico in Italia».

     

    giuseppe conte armando siri giuseppe conte armando siri

    Da senatore e sottosegretario «avrebbe asservito la sua funzione a interessi privati». Se i soldi siano arrivati nelle tasche di Siri non è chiaro, per l' ipotesi di corruzione, conta poco. Basta la promessa. Così, il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi, che ieri hanno disposto le perquisizioni nelle quattro società di Arata e nella sua casa di Genova, fanno riferimento a «uno stabile accordo tra il corruttore Paolo Arata, imprenditore nel settore eolico con significativi investimenti in Sicilia e con trascorsa attività politica e molteplici relazioni ancora in atto con i massimi livelli istituzionali, e il sottosegretario Siri, di cui Arata è stato anche sponsor per la nomina, proprio in ragione delle relazioni intrattenute». Arata, spiegano i pm, «attraverso la sua azione diretta nella qualità di alto rappresentante del governo e ascoltato membro della maggioranza parlamentare», avrebbe proposto e concordato con i ruoli apicali dei ministeri delle Infrastrutture e dello Sviluppo economico» l' inserimento di provvedimenti di competenza governativa che contenevano norme ad hoc «per favorire gli interessi economici di Arata ampliando a suo favore gli incentivi per l' energia elettrica da fonte rinnovabile».

     

    Paolo Arata Paolo Arata

    Un emendamento alla legge di Bilancio, mandato dalla segreteria di Siri al senatore leghista Massimiliano Romeo, il capogruppo che avrebbe dovuto sottoscriverlo nel corso dell' iter a Palazzo Madama del ddl Bilancio e un' altra bozza trasmessa al capo di Gabinetto del ministero per le Attività produttive.

    Entrambi proponevano di modificare i criteri di incentivi alle imprese dell' energia alternativa retrodatandoli.

     

    GLI EMENDAMENTI

    Il primo prevedeva che gli incentivi fossero riservati alle aziende che sono entrate in esercizio «al 30 settembre 2017 e documentino di aver inviato la comunicazione di fine lavori al competente gestore di rete entro il 30 giugno 2017». Era tra quelli prioritari targati Lega ma poi è stato stralciato in fase di scrematura. Per conoscenza, Romeo aveva mandato al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, il quale lo aveva bocciato sostenendo che la proposta avvantaggiasse i privati, facendo aumentare le bollette. Il secondo, dello scorso luglio, estendeva gli incentivi anche agli «impianti entrati in esercizio entro i dodici mesi dal decreto ministeriale del 23 giugno 2016».

    Un testo bocciato dal ministero di Di Maio dopo una breve istruttoria.

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