Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”
ORAZIO SCHILLACI
«Seguiremo le indicazioni che ci darà la scienza, così come abbiamo cominciato a fare con gli aeroporti. E di certo non neghiamo l'esistenza del Covid. Siamo stati tra i primi paesi Ue ad adottare misure di prevenzione, prenderemo provvedimenti adeguati all'evoluzione del quadro ma ci sono due punti ai quali non torneremo mai. E sono il green pass e il lockdown. Non ci saranno più, né l'uno né l'altro. Quella storia è finita».
C'è una strada più o meno dritta che parte da Palazzo Chigi e arriva al ministero della Salute. E ci sono decine di persone che nelle ultime quarantott' ore di ritrovato allarme Covid l'hanno percorsa a più riprese. Andata e ritorno, senza sosta, in un viaggio iniziato e finito sempre davanti alla stanza di Giorgia Meloni.
giorgia meloni alla conferenza stampa di fine anno 3
Ecco, chiunque sia uscito dallo studio della presidente del Consiglio nei giorni e nelle ore precedenti all'uscita della nuova circolare del ministero della Salute ha portato con sé una certezza, che racchiude la linea del governo sul contrasto al Covid destinata - nelle intenzioni di chi guida il governo - a rimanere una specie di «primo comandamento» da non mettere in discussione in nessun caso.
«Mai più green pass, mai più chiusure». In fondo, è la parafrasi di quella leggera concessione al politichese a cui Meloni si era abbandonata nel corso della conferenza stampa di fine anno, chiarendo che «il modello di privazione della libertà non mi è parso così efficace, come dimostra la Cina».
meme su salvini e i no vax
Giorgia Meloni, insomma, fissa i paletti. Si fa quello che consiglia la scienza ma a un certo punto, che sono green pass e chiusure, non si arriva.
Ci si ferma prima, come a un semaforo rosso. A Palazzo Chigi respingono le accuse che arrivano dall'opposizione, negano di voler mettere il bavaglio agli scienziati, rovesciano le teorie di chi accusa almeno due dei tre partiti principali della maggioranza (Fratelli d'Italia e Lega) di voler cancellare lo spettro del Covid con un tratto di penna.
«Siamo stati i primi a controllare gli aeroporti e ci auguriamo che il resto dell'Unione europea ci segua compatto», è l'adagio di Palazzo Chigi messo a verbale da uno di quegli uomini-chiave che nelle ultime ore ha fatto la spola tra la sede del governo e il ministero della Salute.
Segue sequenza di provvedimenti che potrebbero essere assunti qualora la situazione peggiorasse, che poi è diventata il corpo della nuova circolare del ministero della Salute elaborata col supporto dell'Istituto superiore di sanità: agevolazione dello smart working, mascherine al chiuso, distanziamento fino ad arrivare a quella responsabilizzazione dei cittadini che comprende, per esempio, misure cautelative che vanno dall'autosorveglianza all'isolamento «raccomandato». È la linea del governo, certo.
ORAZIO SCHILLACI
Ma è soprattutto la linea di Meloni, che secondo le persone a lei più vicine «aveva visto in anticipo e con talmente tanta nitidezza» il tema della recrudescenza del Covid da avocare a sé la scelta del ministro della Salute, poi ricaduta su una persona di strettissima fiducia come Orazio Schillaci. Il contrasto con Forza Italia, che ambiva ad aggiudicarsi quella casella del «Monopoli» del governo e che inizialmente aveva accarezzato il sogno di poter indicare Licia Ronzulli, il nemico numero uno dei no-vax, nasce da lì; la presidente del Consiglio, invece, aveva tirato dritto, sottratto il ministero della Salute al gioco di equilibri della maggioranza e deciso in prima persona, stabilendo quindi il principio che sul contrasto al Covid scelte e responsabilità erano, sono e saranno in capo a una persona: lei.
licia ronzulli si vaccina
Già, Forza Italia. La tensione col partito di Berlusconi, sul punto, rimane un tema da monitorare. Una specie di allarme che balla sempre a ridosso di un punto di equilibrio, di un livello di guardia. Ieri, a quasi tre settimane dalla scelta della capogruppo Ronzulli di non partecipare al Senato al voto sul decreto rave, che contiene anche il reintegro dei medici no-vax, il remake dello stesso film è andato in scena alla Camera e quel punto di equilibrio è stato superato.
Sono stati 13 su un totale di 44 i deputati forzisti (solo 4 di questi erano in missione) che hanno deciso di non partecipare alla votazione finale sul provvedimento, confortati dall'imprimatur che il Cavaliere e la sua cerchia ristretta hanno sintetizzato in una frase: «Sul Covid noi faremo quello che dice la scienza».
Che, in fondo, è lo stesso adagio che si sente in queste ore a Palazzo Chigi, anche se le differenze e le sfumature sono talmente tante che a volte «sembra di trovarci - per usare la sintesi di un autorevole berlusconiano - a scorgere l'inizio del tunnel alla fine di una strada illuminata». Sulla campagna di vaccinazione, per esempio, tema su cui ridurre le tante voci della maggioranza a una sola sintesi sembra già un'impresa ai limiti dell'impossibile. E forse anche oltre.