Paolo Baroni per “la Stampa”
centro commerciale
Chiudere nei week-end? Gli operatori dei centri commerciali non ne vogliono proprio sapere. Contestano l' ipotesi avanzata dal governo e mettono in guardia da un intervento che farebbe perdere loro una fetta molto consistente del fatturato, tra l' altro in uno dei periodi più ricchi dell' anno.
Secondo il Consiglio nazionale dei centri commerciali (Cncc), associazione che riunisce proprietà, società di servizi e retailer, con le nuove chiusure che il governo vuole imporre si profila «una perdita di fatturato del 30- 40%, con pesanti ricadute anche sull' occupazione, con migliaia di posti di lavoro a rischio». Nel corso dei fine settimana, infatti, i 1.200 centri commerciali attivi oggi in Italia, stando a Federdistribuzione (grandi catene di distribuzione) e Confimprese (imprese della distribuzione moderna) realizzano circa il 50% del loro fatturato settimanale. In ballo ci sono i destini di 36.000 negozi (di cui 7.000 a gestione unifamiliare) e di oltre 587 mila occupati diretti.
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Secondo le stime del Codacons la stretta sui consumi a causa del coprifuoco 21, della chiusura per due giorni dei centri commerciali e di altri lockdown localizzati, assieme a tutte le altre misure previste dai ultimi Dpcm, produrranno una contrazione dei consumi di 25 miliardi di euro tra ottobre e dicembre, con una riduzione della spesa di 950 euro a famiglia. Per questo tutte le associazioni esprimono «perplessità» e «sgomento» di fronte alla richiesta del governo, a cui chiedono di riflettere bene e nel caso non cambiasse idea di prevedere ristori seri e molto rapidi.
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«La situazione è gravissima - commenta il presidente di Confimprese Mario Resca -.
Pur condividendo la linea governativa volta a frenare la pandemia, siamo contrari alla chiusura nei week end su tutto il territorio nazionale. Tali provvedimenti non sono dannosi per il settore solo da un punto di vista economico ma anche di immagine, perché continuano a veicolare un messaggio di allarme, creano diffidenza nell' entrare nei negozi e spingono sempre di più i consumatori verso l' acquisto online, decretando progressivamente la morte del commercio fisico».
Mario Resca
Confcommercio chiede «più programmazione e più coordinamento, perché la soluzione di ultima istanza del "più chiusure" determina costi economici e sociali crescenti, sempre meno sostenibili». A sua volta il Cncc, dopo aver impugnato al Tar le ordinanze di chiusura di Piemonte e Lombardia, ieri in extremis ha controproposto di anticipare alle 18 la chiusura delle attività nei centri commerciali (ad esclusione di quelle essenziali), tenendo però aperto dal lunedì alla domenica ed attuando misure di contingentamento ancor più stringenti nei fine settimana. Per il presidente Roberto Zoia è «una proposta di buon senso, perché così si garantisce alle persone di fare la spesa senza aggregazioni». La lettera inviata Conte, Boccia e Bonaccini, però, sino a ieri sera è rimasta senza risposta.
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