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    STA FINENDO IL DOMINIO DI GOOGLE? – IL GOVERNO STATUNITENSE PENSA A UNO “SPEZZATINO” DEL GIGANTE TECH, PER PORRE FINE AL SUO MONOPOLIO NEL SETTORE DELLE RICERCHE ONLINE – L’IPOTESI DEL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA, SVELATO DAL “FINANCIAL TIMES”, ARRIVA DOPO LA STORICA SENTENZA DELL’ANTITRUST USA, CHE LO SCORSO AGOSTO HA BOLLATO L’AZIENDA COME "MONOPOLISTA" – GOOGLE POTREBBE ESSERE COSTRETTO A CONDIVIDERE CON I RIVALI I DATI DI RICERCA DEGLI UTENTI…


     
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    (ANSA) - Il governo degli Usa sta valutando la possibilità di uno 'spezzatino' di Google per porre fine al suo monopolio nel settore delle ricerche online, in quello che sarebbe il tentativo più audace finora condotto per tenere a freno una delle aziende tecnologiche più potenti al mondo.

     

    Lo riferisce il Financial Times online. Il rimedio è stato delineato dal Dipartimento di Giustizia martedì, emerge in un documento del tribunale, e arriva dopo che i procuratori federali hanno vinto un caso storico ad agosto, quando un giudice ha stabilito che Google ha violato la legge antitrust statunitense e etichettato l'azienda come "monopolista".

     

    DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA USA DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA USA

    Il documento al quale fa riferimento il Financial Times descrive in dettaglio le sanzioni che il Dipartimento di Giustizia potrebbe richiedere ad Amit Mehta, il giudice che presiede il caso.

     

    I pubblici ministeri, emerge, stanno "considerando rimedi comportamentali e strutturali" per impedire a Google di utilizzare prodotti come il browser Chrome, l'app store Play e il sistema operativo Android per dare al suo motore di ricerca un vantaggio rispetto ai concorrenti o ai nuovi entranti.

     

    Il Dipartimento di Giustizia potrebbe anche cercare di costringere Google a condividere i dati di ricerca degli utenti con i rivali e limitare la sua capacità di utilizzare i risultati di ricerca per addestrare nuovi modelli e prodotti di intelligenza artificiale generativa. Il documento di 32 pagine depositato dal Dipartimento di Giustizia contiene la proposta di rimedio iniziale e fa avanzare il processo alla seconda fase, in cui Mehta determinerà le sanzioni da imporre a Google.

     

    google google

    Ad agosto, Mehta aveva stabilito che Google ha speso decine di miliardi di dollari in accordi esclusivi per mantenere un dominio illegale sulla ricerca. Il caso Google potrebbe potenzialmente rappresentare la più grande vittoria antitrust per il Dipartimento di Giustizia da quando un giudice ordinò lo scioglimento di Microsoft 24 anni fa per aver soffocato illegalmente la concorrenza.

     

    La sentenza fu però annullata in appello un anno dopo, rendendo la causa contro Google una seconda possibilità per il Dipartimento di Giustizia di smantellare radicalmente il predominio di una grande azienda tecnologica in un settore chiave. Nell'ambito della seconda fase del processo Google, il Dipartimento di Giustizia e Google sono pronti a depositare le loro proposte di sentenza definitiva e gli elenchi dei testimoni rispettivamente il 20 novembre e il 20 dicembre.

     

    GOOGLE SENTENZA ANTITRUST USA GOOGLE SENTENZA ANTITRUST USA

    Mehta ha fissato le udienze per le richieste di risarcimento ad aprile e ha affermato che intende emettere una decisione entro agosto 2025. Google ha promesso di presentare ricorso contro la decisione fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti, il che potrebbe richiedere anni in più. Nella documentazione depositata in tribunale martedì, il Dipartimento di Giustizia ha individuato quattro aree che il suo quadro di misure correttive per Google doveva affrontare: distribuzione della ricerca e condivisione dei ricavi; generazione e visualizzazione dei risultati di ricerca; scala e monetizzazione della pubblicità; raccolta e utilizzo dei dati.

     

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    Oltre ai potenziali spin-off, i procuratori hanno affermato che i rimedi potrebbero includere il divieto dei contratti esclusivi al centro del caso, in particolare i 20 miliardi di dollari che Google paga annualmente ad Apple per essere il motore di ricerca predefinito di Safari, nonché l'imposizione di misure di "non discriminazione" sui prodotti Google come il suo sistema operativo Android e l'app store Play. 

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