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    IL CAZZONE TOSCANO SCARICA LA DISFATTA SULLA SERRACCHIANI: FUORI LA VICE SEGRETARIA DEL PD (DEBORA HA PERSO TRIESTE) E TUTTO IL POTERE ALL’ALTRO VICE (GUERINI). MATTEO SI AFFIDA ANCHE A ZINGARETTI, ERRANI, CALVANO, FALCOMATA’ E… FASSINO!


     
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    Brunella Bolloli per “Libero Quotidiano

     

    debora serracchiani debora serracchiani

    Rifondare la squadra del Nazareno. Dopo la batosta delle Amministrative e il riconoscimento della vittoria del Movimento Cinquestelle, Matteo Renzi vuole cambiare.

    Non ci pensa proprio a rinunciare al doppio incarico di segretario e presidente del Consiglio, come gli avevano suggerito alcuni esponenti della minoranza, ma pensa a modificare la segreteria, magari sacrificando la vice Debora Serracchiani (che nel suo Friuli ha perso) a vantaggio dell' altro vice Lorenzo Guerini.

     

    Renzi, però, sa ben che la «svolta buona» non passa attraverso un semplice rimescolamento di nomi all' interno della segreteria. Referendum costituzionale e legge elettorale sono le sfide più urgenti a cui sta lavorando il premier consapevole che, in caso di sconfitta a ottobre, è stato lui ad annunciare urbi et orbi: «Me ne vado, lascio la politica».

     

    lorenzo guerini lorenzo guerini

    Dunque, la madre di tutte le battaglie, per il leader Pd è la consultazione d' autunno, quella su cui si gioca il futuro politico suo e del governo. Sebbene non creda fino in fondo agli ultimi sondaggi che vedono in netta crescita il fronte del no, il premier-segretario ha deciso di potenziare la squadra per la macchina organizzativa dei favorevoli al sì. In campo ci dovranno essere tutti i democratici, con una massima presenza sul territorio sempre più costante.

     

    Quindi, al vicesegretario Lorenzo Guerini un ruolo chiave di coordinatore di una segreteria politica che vedrà sempre più coinvolti anche l' ex governatore dell' Emilia Vasco Errani (da ieri pienamente assolto nell' ambito del processo di appello per la vicenda Terremerse), l' attuale presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, oltre al segretario dell' Emilia Romagna Francesco Calvano e al giovane sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà.

    nicola zingaretti nicola zingaretti

     

    Altri assicurano che nella nuova squadra troverà posto il ministro dell' Agricoltura Maurizio Martina, ex bersaniano molto apprezzato anche dai renziani. Voci per ora non confermate, visto che ogni decisione reale arriverà soltanto dopo la direzione del partito anticipata dal 27 al 24 giugno, cioè venerdì.

     

    Ma intanto dal Nazareno fanno filtrare che «Matteo ha ben chiari i problemi e alla direzione farà un' analisi del voto dei ballottaggi e spiegherà da dove intende ripartire». A spingere su questo tasto, cioè il rafforzamento della segreteria, era stato anche il grande sconfitto di Torino, Piero Fassino, che ha subito bacchettato Matteo: troppi errori. Fassino è pronto a dire la sua venerdì: «Non solo sulle colpe del Pd piemontese, ma anche a livello nazionale». Probabile che anche l' ex primo cittadino di Torino sarà inserito nella nuova segreteria al Nazareno.

    VASCO ERRANI VASCO ERRANI

     

    La minoranza dem è pronta a dare battaglia con Pier Luigi Bersani che chiede al premier «più umiltà» e Roberto Speranza che attacca: «Il Pd rischia di essere solo un leader carismatico in tv. Il doppio incarico non funziona». Ma nel coro dei delusi c' è anche Sergio Chiamparino.

     

    BERSANI E MAURIZIO MARTINA ALLA FESTA DELL UNITA BERSANI E MAURIZIO MARTINA ALLA FESTA DELL UNITA

    «Quando si perde in una realtà come Torino in quel modo è evidente che abbiamo tutti delle responsabilità», dice il governatore del Piemonte. «Occorre avere la consapevolezza del problema: un partito deve essere una comunità politica capace di ascolto e di comprensione dei bisogni e delle sofferenze e che fa uno sforzo per tradurli in speranza. Il Pd di due anni fa assomigliava molto a quanto ho descritto, oggi molto di meno».

     

    Sull' esigenza di cambiamento Renzi concorda, ma non accetta l' accusa di aver ceduto ai poteri forti o di aver fatto riforme che non hanno rimesso in pista l' Italia anche a livello internazionale. Dal palco dell' Eliseo, ieri, ha insistito sulle riforme attese da anni, come premessa per «fare nostro» il futuro.

     

    La «paura» di quel futuro come nuovo spartiacque della politica. Si è fermato a dialogare con il tech-guru di Obama e Clinton, Alec Ross. «Serve la cultura del fallimento non come ferita ma come cicatrice», ha detto Renzi. «Dobbiamo passare dal mah al wow».

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