Ettore Livini per “la Repubblica”
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Il latte dà l' addio alle mucche, accelera la transizione "verde" e vegetale e ridisegna la mappa dei big del settore. L' americana Dean Foods, il numero uno del comparto negli Usa, ha portato i libri in tribunale, travolta da un indebitamento superiore al miliardo di dollari. A mandare in crisi la storica società statunitense sono stati il crollo dei consumi del latte bovino negli States (sceso dai 130 litri pro capite del 1975 ai 66 attuali) e il boom dei cugini vegetali: il fake-milk di soia, cocco, zucchero, avena, mandorle & C. è in crescita vertiginosa e con 18 miliardi di giro d' affari ha ormai una quota di mercato del 15% circa.
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La lobby delle vacche Usa ha provato ad opporsi lanciano il Dairy Pride e provando a convincere le authority ad impedire l' uso del termine "latte" su questi prodotti (come accade nella Ue). Ma la missione è per ora fallita: negli States negli ultimi quattro anni hanno chiuso oltre mille centrali di raccolta e in alcuni Paesi come la Gran Bretagna il latte verde è arrivato al 25% del mercato, con punte del 33% tra i 15-34enni.
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Il fenomeno ha messo solide radici anche in Italia. «È cambiata la struttura familiare, in molti fanno prima colazione al bar. Fattori che sommati agli attacchi per le presunte allergie e quelle degli ambientalisti hanno fatto perdere al nostro mondo 250 milioni di litri in cinque anni», dice Massimo Forino, direttore di Assolatte.
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il latte di soia non cosi salutare come dicono
Gli scaffali dei supermercati di Milano parlano da soli: i succedanei vegetali occupano ormai lo stesso spazio del prodotto originale. A prezzi superiori (dagli 1,75 a litro di quello a base d' avena ai 3,39 del riso) malgrado la materia prima sia in buona parte costituita da acqua: la soia è poco più del 2% del totale degli ingredienti, il cocco il 4%, il kamut poco di più.
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La convenienza però (per i produttori) è chiara: la redditività dei latti alternativi è del 6% superiore a quello classico. Danone, per dire, si sta impegnando per diversificare la produzione verso il vegetale dove punta a ricavi di 5 miliardi nel 2025. I big italiani hanno puntato per ora più sulle produzioni di latte bovino ad alto valore aggiunto (senza lattosio, per cardiopatici e microfiltrato) senza spingere troppo verso le varianti in verde.
Un po' perché il latte in eccesso è stato dirottato con profitto verso la produzione di formaggi, un mercato che tiene. Un po' perché c' è la speranza in tempi brevi di allungare la vita del fresco abbattendo il termine di sei giorni per la scadenza (fissato nel 2006) che oggi è un po' superato.
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