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Francesco Verderami per il Corriere della Sera
Il vincolo del doppio mandato è una «regola sacra» per i grillini, ma ogni regola ha una deroga in casi eccezionali. «E se si dovesse tornare al voto entro un anno - dice Di Maio - non faremmo le parlamentarie per le liste.
Confermeremmo i candidati di questa legislatura». L' argomento è stato affrontato giorni fa dal vertice del Movimento, ed è una scelta che verrà formalizzata se e quando ce ne sarà bisogno. In prospettiva garantirebbe al leader - che è al secondo giro in Parlamento - la possibilità di ricandidarsi a Palazzo Chigi.
Nell' immediato servirà a blindare i gruppi di Camera e Senato, perché dovrebbe agire come deterrente verso quanti sono già al secondo mandato e potrebbero cadere in tentazione, cambiando casacca pur di non tornare subito a casa.
La decisione messa in preventivo dai capi di M5S non ha un valore solo a uso interno, ha una forte rilevanza politica e lascia intuire quale sia la strategia dei grillini e quali effetti possa provocare sui destini della legislatura: i Cinque Stelle si predispongono a un nuovo voto, che non vuol dire necessariamente puntare già alle urne, ma prepararsi a un' eventualità tutt' altro che remota.
matteo salvini archivio fotogramma
E che preferirebbero piuttosto di restare invischiati nei giochi di Palazzo. Di Maio è consapevole che il capo dello Stato lavorerà quantomeno per chiudere le finestre elettorali di mezza estate e di inizio autunno. Ma c' è un limite oltre il quale il leader grillino non può andare per non veder compromessi gli obiettivi personali e di partito.
Così gioca al rilancio, e preventivando il blocco delle «parlamentarie» fa capire di esser pronto a puntare tutta la posta conquistata il 4 marzo: è un messaggio a suoi deputati e senatori - posti al riparo dalla «caccia» - ed è una sfida agli avversari proiettata verso una prossima, ipotetica legislatura.
GRILLO CASALEGGIO DI MAIO DI BATTISTA
Senza tuttavia perdere di vista quella che nemmeno è cominciata: le manovre sono in corso, in palio ci sono intanto le presidenze delle Camere. Ieri sera Di Maio si è sentito con Salvini, dopo che entrambi hanno pubblicamente lanciato segnali convergenti a Pd e Forza Italia, che sono le rispettive controparti: «Le cariche istituzionali non rientrano nelle dinamiche politiche», preannuncio di una possibile spartizione delle due poltrone.
Niente però può darsi per scontato e da giorni Di Battista esorta il gruppo dirigente grillino a vigilare: «Stiamo attenti a come ci muoviamo. Dobbiamo conquistare una presidenza». Non è (solo) per una logica di potere. È anche perché questo rappresenta il primo banco di prova nel Palazzo agli occhi del Paese. Non a caso il capo dei movimentisti l' ha sottolineato: «Se ne restiamo fuori diranno che ci siamo fatti fregare, nonostante abbiamo i gruppi più numerosi in Parlamento». C' è da tutelare l' immagine, insomma. Ma il potere comunque c' entra, eccome: le presidenze delle Camere non hanno solo un enorme valore istituzionale, sono la porta di ingresso nella stanza dei bottoni, crocevia nelle scelte di alcune delicate authority.
DI BATTISTA
Per ora Di Maio e Salvini hanno in mano il gioco. Il capo della Lega, dopo aver conquistato nelle urne la leadership del centrodestra, al vertice dell' altra sera si è fatto consegnare da Berlusconi anche il ruolo di «regista» della coalizione. Il Cavaliere è all' angolo e la gran parte dei dirigenti di Forza Italia - al pari del ministro democrat Franceschini - teme che i due stiano spingendo «per andare al più presto alle elezioni». Si vedrà se nello sviluppo della sfida i maggiorenti di M5S e Carroccio saranno capaci di mantenere il vantaggio di posizione. E se addirittura le loro relazioni potranno sfociare in un' intesa di governo: «Se me lo avessi chiesto una settimana fa - ha confidato il leghista Giorgetti a un suo interlocutore - avrei risposto di no. Adesso non sarei così netto».
berlusconi convention forza italia 2017
Sarà stata una mossa tattica, un modo per atterrire gli alleati, è certo però che nella notte dello scrutinio elettorale i dirigenti dei Cinque Stelle hanno iniziato a discutere di Lega nella loro «war room»: così hanno ribattezzato la stanza delle riunioni, è questo il nome dato alla chat attraverso la quale comunicano riservatamente. Sono momenti frenetici per il Movimento, alle prese con un complicato rompicapo. E certo in questa fase nessuno aveva messo in preventivo che qualche «problemino» gli sarebbe arrivato dall' interno.
Perché un conto è stato l' appello di Grillo a non fare «inciuci» nel giorno in cui Di Maio festeggiava il risultato elettorale. Un conto è stato, qualche giorno dopo, il video con cui sempre Grillo ha fatto il verso a Mattarella, giocando con la sabbia in riva al mare e mimando «tutti i conti del Presidente» per mettere insieme una maggioranza di governo. Un altro conto ancora è stata l' idea - ancora di Grillo - di aprire all' Olimpiade a Torino, provocando la spaccatura del gruppo consiliare Cinque Stelle. Non proprio una mano d' aiuto del «fondatore» al «prescelto»...
franceschini bloccato sul trenitalia per ferrara fiorello tweet di maio
Giancarlo Giorgetti