Estratto dell'articolo di Antonio Iovane per repubblica.it
alberto sordi giorgio gobbi ricciotto il marchese del grillo
«Durante una pausa del doppiaggio Mario Monicelli mi fa: a' Gobbi, ma tu lo sai che stai a lavora' col più grande di tutti? Perché Alberto può fare tutto». È il 1981, Monicelli e Alberto Sordi hanno appena finito di girare Il marchese del Grillo, la storia di Onofrio del Grillo che nella Roma papalina trascorre le giornate oziando e beffandosi di tutto e tutti grazie alla propria posizione sociale.
Nel ruolo del servitore Ricciotto il regista ha scelto un attore esordiente, il ventiquattrenne Giorgio Gobbi, che in Alberto il cinico, primo episodio della serie podcast Attorissimi, racconta di Sordi rivelando i segreti di quel set. «Seppi che cercavano attori e quando incontrai Monicelli per la prima volta mi feci subito notare per la mia sincerità», ricorda Gobbi.
alberto sordi caroline berg olimpia il marchese del grillo
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E alla fine fu scelto. Come andò il primo incontro con Sordi?
«Non bene, mi salutò con freddezza. Scoprii che all’inizio non mi voleva, quando vide il mio provino disse: ha una bella faccia ma è troppo giovane e inesperto. La produzione pensava a Ninetto Davoli e Franco Califano, ma Monicelli insistette e alla fine feci Ricciotto».
Quand’è che la tensione tra voi si sciolse?
«Dopo la scena in cui Ricciotto informa il marchese che la sua amante non è incinta di lui ma di un altro uomo, quando pronuncio la frase “chi se gratta la fronte c’ha le corna pronte”. Capì che gli davo bene le battute e ne fu contento. Da allora è nata un’intesa»
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alberto sordi caroline berg olimpia il marchese del grillo
Olimpia?
«Le faceva una corte serrata mandandole fiori e champagne in camera. Caroline Berg però si innamorò del ciacchista. Questa roba uscì fuori e Alberto rosicò al punto che chiese che Giorgio non battesse più il ciak. Da allora fu tolto dal set, si occupò di altro ma sul set non tornò più».
Cosa ha rappresentato Sordi, secondo lei, coi suoi personaggi?
«Ha fatto diventare vincente ciò che è perdente. Ha dato dignità ai difetti, alle incongruenze e alle intemperanze degli italiani, gli ha dato una nobiltà. Le ha esorcizzate. Gli ha dato un valore umano e sociale».
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