Estratto dell’articolo di Massimo Recalcati per “La Stampa”
massimo recalcati
Un grande filosofo come Gilles Deleuze riteneva che il presupposto di fondo della lotta antifascista avesse come prima e imprescindibile condizione la lotta contro il fascista che ognuno di noi porta dentro di sé.
L’intolleranza per la differenza, la convinzione dogmatica di detenere una verità assoluta, la giustificazione politica della violenza, l’odio e lo scherno, l’approvazione della censura e l’interdizione della libertà di parola per chi diverge dalla nostra concezione del mondo, un complesso di superiorità inguaribile, la rappresentazione della Destra come culturalmente indegna, il sarcasmo verso la maggioranza quando il suo orientamento non coincide con i nostri desideri, la tendenza a convertire la critica in insulto, sono in se stesse tentazioni fasciste e autoritarie che hanno paradossalmente trovato diritto di cittadinanza anche nella cultura di gruppo dell’antifascismo.
DELEUZE
Lo scrivo con amarezza rileggendo oggi l’antifascismo militante dei movimenti della fine degli anni Settanta ai quali partecipai con grande entusiasmo giovanile. I miei cattivi maestri di allora non si rendevamo conto che la militanza antifascista che esaltavamo non era, in realtà, altro che il rovesciamento speculare del mostro velenoso che intendevamo combattere. […] L’assioma ideologico escludeva ogni forma di dubbio: se il cuore dello Stato era un cuore fascista bisognava colpirlo senza indugi. […]
Ma nel tempo di una democrazia ormai consolidata nel nostro paese da quasi ottant’anni possiamo provare a essere più intransigenti con il nostro fascismo interno? Possiamo provare a rigettare la tentazione autoritaria che attraversa ciascuno di noi e che spesso ha trovato proprio una certa cultura di sinistra cosiddetta antifascista il suo terreno di coltura?
umberto eco
[…] Esiste ancora oggi uno squadrismo culturale di sinistra che insistentemente ignora il fondamento laico, antidogmatico, plurale della democrazia e che manifesta una evidente allergia nei confronti delle sue leggi? Non è forse la stessa cultura di gruppo che finisce per colludere con le ragioni della guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina nel nome di un ideale utopico della pace che ha il solo effetto di giustificare una brutale aggressione militare senza consentire al popolo che è stato offeso la sua legittima difesa? Non è forse la stessa cultura di gruppo che nel nome altrettanto utopico della libertà si opponeva alle misure di prudenza imposte dall’emergenza sanitaria paventando una virata totalitaria dello Stato democratico?
marco pannella
[…] L’aggressione organizzata, l’uso ideologico della violenza, i comportamenti vandalici, l’esibizione dei simboli dell’odio sono chiaramente estranei allo spirito della democrazia. Ai tempi dei movimenti del ’77 per definire questi comportamenti si usava la formula “organizzazione collettiva della forza”. È la stessa edulcorazione del linguaggio operata dal regime putiniano […] Accadeva alla fine degli anni Settanta nel nome dell’antifascismo. Fu per questa ragione che scelsi di abbandonare quei movimenti per avvicinarmi al Partito Radicale di Marco Pannella. […]
Ora viviamo in un paese dove il fascismo […] non esiste più. Giorgia Meloni, democraticamente eletta dagli italiani, ha giurato sui principi della nostra Costituzione riconoscendoli pienamente. Certo, alcuni dei suoi ministri ci appaiono indegni […] Ma questo non ci dispensa dal difficile compito di provare a essere giusti con le ragioni dell’antifascismo. In uno Stato democratico non dovrebbe mai essere legittimato un uso antifascista della violenza […]