Guido Santevecchi per il "Corriere della Sera"
sun dawu
Diciotto anni di carcere: è la condanna inflitta a Sun Dawu, 67 anni, miliardario utopista che ha trasformato un villaggio di campagna in una cittadina modello per i suoi 9 mila dipendenti e le loro famiglie nella provincia dello Hebei, vicino a Pechino. «Bisogna ridistribuire uniformemente la ricchezza prodotta», aveva fatto scrivere davanti all'ingresso della sua azienda agricola.
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Sun Dawu è leggendario in Cina. Ex militare dell'Esercito popolare di liberazione, dopo il congedo aveva lavorato nella Banca agricola cinese, nel 1989 aveva fondato la sua azienda partendo con 50 maiali e 1.000 polli. La sua gestione moderna e accorta ha portato alla costruzione di un gruppo miliardario, esteso all'agriturismo e alla sanità. Aveva deciso di incentivare i dipendenti costruendo un villaggio per integrare lavoro e vita delle maestranze, completo di scuole, un ospedale con mille posti letto, una biblioteca, uno stadio sportivo. Dell'ospedale diceva: «Sarei onorato se perdesse denaro per curare meglio la gente».
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Il Gruppo Dawu aveva organizzato istituti tecnici per la formazione di agricoltori e allevatori. Sun si definiva un «comunista confuciano». Ma è entrato in rotta di collisione con il Partito comunista, anzitutto perché i capitalisti privati diventati troppo ricchi, indipendenti, famosi e con un seguito sui social network non piacciono a Xi Jinping. E poi, Sun aveva ripetutamente sfidato il potere, ultimamente criticando le autorità all'inizio dell'epidemia di Covid-19; prima aveva anche denunciato l'insabbiamento della peste suina nel 2019; e per anni aveva appoggiato alcuni dissidenti, compreso il Premio Nobel per la pace Liu Xiaobo, pagando le loro spese legali.
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Lo hanno arrestato a novembre, formalmente per una disputa sullo sfruttamento di terra con un'azienda statale confinante. Ma dopo mesi, l'atto di incriminazione è stato arricchito con imputazioni molto più gravi: tra le altre, aver organizzato i suoi dipendenti in una banda per attaccare uffici statali e «aver provocato turbativa dell'ordine pubblico». Una formula usata quando si vuole togliere di mezzo un dissidente.
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L'arresto di Sun Dawu fu compiuto da alcune centinaia di poliziotti, armati di mitra, appoggiati da unità cinofile. Nella retata finirono in carcere 19 familiari di Sun e dirigenti dell'azienda: che ora hanno ricevuto pene tra uno e dodici anni di detenzione. Durante il processo, gli imputati hanno denunciato i sistemi brutali usati dalla polizia per costringerli a confessare: uno dei suoi figli ha dichiarato di essere stato legato per trenta ore di seguito a una sedia, fino a quando le gambe e le braccia non si gonfiarono provocando dolori atroci.
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Sun in aula ha difeso il suo modello industriale: «Io qui dichiaro di aver condotto il mio business in modo idealistico, per ridistribuire la prosperità tra tutti i dipendenti; ora voi sostenete che 38 anni di storia del Gruppo Dawu sono stati 38 anni di crimine». «Se è un pericolo quando un'azienda privata diventa troppo grande, perché non lo è quando un'impresa statale diventa un gigante?».
«Il trattamento che ho subìto ha causato un dolore che non posso descrivere, la vita in questi mesi è stata peggiore della morte, mi hanno negato anche di vedere la luce del sole», ha detto l'imputato in una dichiarazione diffusa dai suoi difensori. La previsione del Nobel Liu Xiaobo si è avverata.
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Liu, morto in prigionia nel 2017, una volta aveva detto che anche Sun Dawu sarebbe stato perseguitato da Pechino, perché aveva coraggio e le risorse per proporre un cambiamento in Cina e così rappresentava «una sfida per il sistema di potere».
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