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    ''IL MINISTERO DELL'INTERNO HA SCHIACCIATO MIO PADRE. LO STATO È RIUSCITO A FARE PIÙ MALE DELLA MAFIA''. PARLA IL FIGLIO DI ROCCO GRECO, IMPRENDITORE SUICIDA DOPO ESSERE STATO MESSO AL BANDO CON UN'INTERDITTIVA ANTIMAFIA, LUI CHE AVEVA MANDATO IN GALERA UNDICI MAFIOSI. ''I BOSS AVEVANO PROVATO A DELEGITTIMARE MIO PADRE, LE ISTITUZIONI CI SONO RIUSCITE''


     
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    Estratto dall'articolo di Salvo Palazzolo per ''la Repubblica''

     

    «Il ministero dell' Interno ha schiacciato mio padre con una manciata di parole, parole vuote», ripete Francesco Greco, il figlio di Rocco, l' imprenditore di Gela che mercoledì mattina si è sparato un colpo di pistola alla tempia. «Lo avevano messo al bando, come fosse un delinquente, dicendo che aveva avuto "atteggiamenti di supina condiscendenza nei confronti di esponenti di spicco della criminalità organizzata gelese". Hanno dimenticato che nel 2007 mio padre aveva denunciato i boss del pizzo.

    ROCCO GRECO ROCCO GRECO

    Hanno dimenticato pure di averlo risarcito, in quanto vittima della mafia».

     

    A ottobre, gli avevano negato l' iscrizione nella white list per i lavori di ricostruzione dopo il terremoto nel centro Italia. Poi, a gennaio, il prefetto di Caltanissetta ha firmato un' interdittiva antimafia. Che reazione ha avuto suo padre?

    «Da uomo che credeva nella giustizia ha presentato dei ricorsi al Tar Lazio e al Tar Palermo. Si sentiva tranquillo: in quella white list era stato già iscritto. E, poi, una sentenza del tribunale di Caltanissetta, del dicembre 2017, aveva ribadito in maniera chiara che era vittima del racket».

     

    Quella volta, era finito lui sul banco degli imputati, addirittura con l' accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Perché?

    «Una storia assurda. I mafiosi che aveva fatto condannare a 134 anni di carcere l' avevano denunciato, sostenendo che i soldi pagati non erano pizzo, ma spartizione di affari in società. Una ricostruzione che il giudice ha spazzato via senza alcun tentennamento».

     

    E allora perché quei provvedimenti del Viminale e della prefettura di Caltanissetta?

    «Mio padre non si dava pace. Dopo l' interdittiva aveva perso da un giorno all' altro venti contratti con pubbliche amministrazioni e aziende private. Aveva dovuto licenziare 50 operai».

    (…)

     

    E oggi credo di poter affermare che mio padre sia stato ucciso anche da una giustizia ingiusta e superficiale.

    Mi addolora dirlo, ma in questo caso lo Stato è riuscito a fare più male della mafia. I boss avevano provato a delegittimare mio padre, le istituzioni ci sono riuscite».

     

    Perché il gesto estremo del suicidio?

    «Papà era tormentato. Pensava ai suoi tre figli, l' azienda di famiglia sembrava distrutta. A mio madre aveva detto: "Il problema sono diventato io. Se mi faccio da parte, tutto si sistemerà". Ma nessuno pensava che arrivasse a tanto.

    ROCCO GRECO ROCCO GRECO

    Evidentemente, si sentiva umiliato: da cittadino coraggioso che aveva denunciato il pizzo, facendo arrestare undici mafiosi, a imprenditore costretto a chiudere i cantieri nel giro di un fine settimana. Come fosse marchiato.

     

    (…)

     

    «Lavoreremo duramente per riprendere l' attività, dobbiamo onorare la memoria di nostro padre. Sulla tomba, gli ho promesso che porterò ovunque la sua voce, perché il calvario che ha vissuto non schiacci nessun altro imprenditore. E perché sia fatta giustizia. La morte di Rocco Greco non può restare impunita. Anche se niente potrà riportarlo qui con noi».

     

     

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