1 - MOSCA, PRONTI A DISCUTERE CON UE MA CI SIA VALORE AGGIUNTO
(ANSA) - ROMA, 10 NOV - La Russia è pronta a discutere con l'Ue le modalità di uscita dalla crisi, ma ogni proposta deve avere un valore aggiunto per Mosca. Lo afferma il ministero degli Esteri russo, come riporta la Tass.
putin zelensky biden
2 - IL SEGNALE DI PUTIN PER TRATTARE SENZA ESCLUDERE IL CONTRATTACCO
Gianluca Di Feo per “la Repubblica”
I russi potevano andarsene combattendo, lasciando squadre di incursori nelle case di Kherson per rendere dura l'avanzata ucraina e nascondere la disfatta. Invece Mosca ha deciso di dare un segnale politico e ritirare tutte le truppe a destra del fiume Dnipro. Una scelta che, nei tempi e nei modi, trasmette per la prima volta dall'inizio dell'invasione la disponibilità a una trattativa. I due comandanti, il ministro Shojgu e il generale Surovikin, hanno annunciato il ripiegamento, mettendo il popolo russo davanti alla verità: gli ucraini oggi sono più forti.
Putin Lavrov
Più volte hanno sottolineato: «La cosa più importante è preservare la vita dei nostri soldati». La portavoce degli Esteri, Maria Zakharova, ha lanciato un messaggio esplicito: «Non abbiamo mai rifiutato di condurre negoziati con Kiev e siamo ancora pronti, tenendo in considerazione la realtà emergente». Ancora più rilevante è che sia stata attesa la fine del voto di midterm: adesso la Casa Bianca può valutare la situazione senza farsi influenzare dalle ricadute elettorali.
Insomma è una svolta. Nessuno pensa che ci siano i presupposti per la pace: l'Ucraina non l'accetterà fino alla completa liberazione dei territori occupati. Da ieri però ci sono le premesse per cominciare a discutere un cessate il fuoco, che fermi la carneficina dopo otto mesi di orrore causati dall'aggressione di Putin: una tregua protetta dalla larga barriera d'acqua del Dnipro.
Maria Zakharova
Gli elementi di incertezza sono molti. Dal Cremlino non è venuta una sola parola: la comunicazione è stata gestita esclusivamente dai vertici delle forze armate. Alcuni analisti ipotizzano che la manovra possa essere più profonda e arrivare alle porte della Crimea. Finora però i movimenti prevedono il rischieramento sulle fortificazioni costruite in fretta dietro al fiume. La reazione del governo Zelensky è ispirata alla cautela e al sospetto.
Oggi gli ucraini - come si dice militarmente - hanno l'iniziativa: sono superiori in qualità e mezzi ai russi, possono scegliere dove e come attaccare. Nonostante le sofferenze inflitte alle città, le loro brigate tengono testa agli invasori ovunque. Riescono a farlo grazie alla determinazione degli uomini e agli strumenti forniti dalla Nato: una quantità di armi, munizioni e informazioni senza precedenti nella storia. La paura di Kiev è chiara: i russi vogliono prendere fiato per riorganizzare l'esercito e scatenare una nuova offensiva.
SOLDATI UCRAINI SUL FRONTE DI KHERSON
Una considerazione fondata. Il Cremlino ha gettato nella mischia almeno 50 mila dei riservisti mobilitati a settembre. Altri 150 mila sono stati trasferiti in tre centri di addestramento, in prossimità della frontiera: uno nella zona di Kursk, uno in quella di Bryansk, uno in Bielorussia. Se non ci sarà una tregua, queste truppe andranno comunque all'attacco. Probabilmente a dicembre, quando il ghiaccio compatterà le pianure fangose.
La loro manovra avverrà su tre direttrici lontane l'una dall'altra, in modo da obbligare gli ucraini a dividere le loro unità meccanizzate e gestire una logistica complessa: l'elemento principale che ha permesso i successi di Kiev - la possibilità di concentrare le forze nei punti deboli del nemico - verrebbe a cadere. Quella che Mosca sta allestendo è una massa d'urto pari all'onda d'assalto scatenata lo scorso 24 febbraio. Gli ucraini possono riuscire a fermarla, il prezzo di sangue sarebbe però altissimo. E a quel punto a Mosca resterebbe un'unica risorsa: la bomba nucleare.
SOLDATO UCRAINO CON DRONE A KHERSON
È questa preoccupazione che nelle ultime settimane ha spinto la Casa Bianca a imbastire un canale di comunicazione con il Cremlino, affidato ai due consiglieri per la Sicurezza: Sullivan e Patrushev. Contatti che si sono aggiunti alla linea diretta creata dai vertici militari e alle delegazioni che discutono il rinnovo degli accordi Start: tutti rivolti a sventare l'escalation atomica. Come ha anticipato Claudio Tito su queste pagine, la Nato considerava la liberazione di Kherson il presupposto per ogni trattativa, anche se le cancellerie dell'Europa occidentale condividono i timori degli Usa, mentre i Paesi orientali e la Gran Bretagna vogliono la disfatta totale dei russi.
bandiera bianca sul carro armato russo
Se tacessero le armi, quale sarebbe la situazione sul campo? I confini a Donetsk e Lugansk sono sostanzialmente uguali all'inizio del conflitto. Il Cremlino ha messo le mani solo sul territorio a destra del Dnipro, con le città di Mariupol e Melitopol. Un risultato lontanissimo dalla promessa di «cancellare l'Ucraina e liberare il Donbass».
Putin potrebbe cercare di placare l'opinione pubblica proclamando di avere riportato la frontiera sulla "linea sacra" del Dnipro. Zelensky dovrebbe rinunciare a questa regione e vantare di avere sconfitto i russi, mantenendo il sostegno dell'Occidente. Sarebbe accettabile per il popolo ucraino?
controffensiva ucraina nella regione di kherson 2
Si apre una fase di grandi speranze e incognite terribili. Nel 1991 quando Saddam Hussein ordinò la ritirata dal Kuwait era convinto di ottenere una tregua: le sue colonne vennero massacrate. Anche l'operazione russa è ad alto rischio e i razzi Himars sono in grado di decimare l'armata in marcia. I volti scuri apparsi in tv del ministro Shojgu e del generale Surokin lasciano pochi dubbi su quale sarebbe la risposta: le testate nucleari.