Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
GIUSEPPE CONTE E DONALD TRUMP
La Camera dei deputati americani punta il dito contro l’Italia. Ci accusa di non aver fatto, o non aver fatto bene, i controlli che avevamo promesso sui passeggeri in partenza verso gli Usa, quando all’inizio di marzo l’epidemia di coronavirus stava esplodendo. Così ci mette in imbarazzo davanti al mondo, ci rimprovera di aver contribuito a diffondere la malattia in America, e rischia di provocare il risentimento del presidente Trump, che si era fidato del nostro governo, e in base all’impegno preso non aveva bloccato i voli da Roma e Milano.
coronavirus controlli fiumicino
La storia comincia alla fine di febbraio, quando davanti al drammatico aumento dei contagi, Washington considera di estendere all’Europa lo stop del traffico aereo già decretato il 31 gennaio per la Cina. Il primo marzo l’ambasciata di Via Veneto discute con le autorità italiane le alternative, puntando sull’idea che noi potremmo garantire gli screening sui passeggeri in partenza, evitando che i malati raggiungano gli Usa. In cambio dei controlli, loro lascerebbero aperto il traffico aereo.
giuseppe conte e donald trump al vertice nato di londra
Il 2 marzo l’intesa viene suggellata con una telefonata tra il segretario di Stato Pompeo e il ministro degli Esteri Di Maio, e il giorno dopo il vice presidente Pence annuncia che le verifiche sono già attive sul 100% dei viaggiatori in decollo da Fiumicino e Malpensa. Il ministero della Salute sostiene in realtà di aver dato l’ordine di avviare gli screening il 4 marzo, contraddicendo Pence. Questa sui tempi precisi dell’attuazione è un’altra storia da indagare, ma non rappresenta il focus dell’inchiesta congressuale, che invece si concentra sulle modalità dei controlli, aldilà del fatto che siano partiti in tempo o in ritardo. Le cose infatti non funzionano, e l’11 marzo Trump ordina il blocco dei voli dall’Italia, lasciando aperto solo un collegamento fra Roma e New York per i cittadini che vogliono rientrare nei rispettivi Paesi, ora sospeso dall’Alitalia per mancanza di passeggeri.
Le testimonianze giurate
MIKE POMPEO E LUIGI DI MAIO mike pompeo luigi di maio
Tutto nasce da alcune denunce ricevute dal Committee on Oversight and Reform, in particolare il presidente del Subcommittee on Economic and Consumer Policy Raja Krishnamoorthi, diventate nel frattempo testimonianze giurate. Chelsea Connelly, ad esempio, scrive: «Sono candidata al Ph.D. in Storia dell’Arte all’università di Yale, e sono rientrata di recente da un viaggio di ricerca in Italia. In origine il mio itinerario durava oltre tre settimane, durante cui intendevo visitare musei, biblioteche e chiese a Milano, Venezia, Ravenna, Firenze, Roma e Napoli».
coronavirus controlli fiumicino 1
Chelsea racconta di essere atterrata a Malpensa il 24 febbraio, proveniente da Lisbona, proprio mentre i casi raddoppiavano ogni giorno: «All’arrivo mi hanno misurato la temperatura e lasciato entrare. Ho preso un treno per la stazione, dove è seguito il caos più completo». La studentessa spiega che il suo treno per Ravenna era stato cancellato, e quindi aveva preso quello per Roma, sperando di cambiare a Bologna. Alla fine però tutti i piani saltano. Gli spostamenti diventano impossibili, e quindi Chelsea va a Roma con l’obiettivo di rientrare: «Il 4 marzo ricevo una mail dall’ambasciata, che dice che “tutti i passeggeri diretti negli Usa la cui temperatura è più alta di 99.5 gradi Fahrenheit non sono ammessi a bordo”. Il 5 marzo, indossando una mascherina, lascio l’hotel e prendo il treno per Fiumicino. L’aeroporto è piuttosto vuoto, ma non ricevo alcun controllo del passaporto, domande, o misurazione della temperatura. Non vedo neppure un’area dedicata agli screening». Forse ciò dipende dal fatto che Chelsea non vola direttamente negli Usa, ma parte per il Portogallo, Paese membro di Shengen dove le verifiche sono più rilassate. Poi però racconta che a Lisbona incontra un altro passeggero americano, proveniente da Roma come lei: «Mi dice che non si sente bene, e allora mi allontano».
coronavirus controlli fiumicino
Raja Krishnamoorthi
Una producer di Vice News racconta una storia diversa: «Il 2 marzo sono andata in Lombardia per seguire l’epidemia di coronavirus. Sono rientrata il 5 marzo, via Roma. Nel volo interno da Malpensa a Fiumicino non sono passata attraverso controlli di sicurezza aggiuntivi. Però a Roma, i passeggeri sul mio volo per New York hanno dovuto riempire un formulario. L’ho consegnato con la mia carta d’imbarco. Subito dopo, gli agenti mi hanno fatta fermare per un paio di secondi, prima di procedere verso l’aereo». La producer suppone che in quel momento le abbiano fatto un controllo della temperatura a distanza, ma non ne è sicura. Un altro passeggero racconta di essere partito il 3 marzo dall’aeroporto di Peretola, per tornare negli Usa via Lisbona: «Non mi è stata posta alcuna domanda riguardo la mia salute e miei viaggi, e non mi hanno misurato la temperatura».
giuseppe conte scrocca un passaggio nella limousine di trump 1
Il rapporto finale
coronavirus controlli fiumicino 3
Sulla base di queste testimonianze, il 19 marzo Krishnamoorthi apre l’inchiesta, di cui La Stampa ha ricevuto in esclusiva per l’Italia tutti i documenti. Scrive una lettera al segretario di Stato Pompeo, al Commissioner della Customs and Border Protection Mark Morgan, e al direttore dei Centers for Disease Control and Prevent Robert Redfield, chiedendo chiarimenti: «Purtroppo abbiamo ottenuto rapporti sulle carenze degli screening. Abbiamo ricevuto lettere da cinque cittadini che sollevano serie preoccupazioni, e riportano di non essere stati sottoposti ad alcun controllo rientrando dall’Italia e dalla Corea del Sud».
aeroporto malpensa
coronavirus, a fiumicino sono rimasti solo gli aerei alitalia
Krishnamoorthi chiede di essere contattato entro il 23 marzo. Il dipartimento di Stato risponde alle 10 e 3 minuti del 4 maggio, con una lunga mail che scende nei dettagli. Il 7, cioé ieri, la commissione pubblica i risultati dell’inchiesta: «L’indagine ha rivelato un’altra opportunità persa dall’amministrazione per mitigare l’impatto del coronavirus». Quindi aggiunge: «La decisione di affidarsi all’Italia e la Corea del Sud per condurre gli screening è stata presa al livello dei Policy Coordination Committees del Consiglio per la sicurezza nazionale», ossia dalla Casa Bianca. Ma è stato un errore: «Italiani e sudcoreani non hanno praticamente fermato alcun passeggero che volava verso gli Usa. In base alle risposte del dipartimento di Stato, «gli italiani hanno bloccato 13 viaggiatori. Il 5 marzo quattro passeggeri sono stati fermati a Fiumicino, e il 9 marzo altri nove sempre a Roma. Nessun passeggero è stato bloccato a Malpensa», nonostante allora Milano fosse l’epicentro globale della pandemia. La Corea del Sud ha fatto poco meglio, fermando 56 viaggiatori.
coronavirus controlli fiumicino 2
emergenza coronavirus aeroporto malpensa
I Centers for Disease Control ammettono che dal 3 al 14 marzo, quando l’amministrazione si era affidata all’Italia per gli screening, non sapevano come il governo italiano conducesse i controlli e non aveva personale sul terreno per osservarli. L’ambasciata di Via Veneto e il consolato di Milano confermano di aver seguito le operazioni sul posto e telefonando, ma «il dipartimento di Stato non ha conservato i record di queste supervisioni».
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emergenza coronavoris passeggeri a malpensa
Il rapporto poi denuncia che le persone in arrivo da Italia e Corea del Sud non sono state controllate neanche all’arrivo negli Usa. Quindi sottolinea che tra il 17 gennaio e il 29 marzo, circa 250.000 passeggeri sono atterrati negli Usa da paesi sottoposti alle restrizioni di viaggio, ma meno di 1.500 sono stati riportati ai CDC per fare screening. Se si considera che ormai gli scienziati hanno appurato come il ceppo di Covid-19 che ha contaminato New York non sia venuto dalla Cina, ma dall’Europa, si capisce la gravità del potenziale ruolo avuto anche dall’Italia nella diffusione della malattia.
conte trump
Casa Bianca sotto accusa
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L’Oversight Committee è guidato dai democratici, che hanno l’obiettivo politico di colpire l’amministrazione Usa, non Roma. Il nostro governo però fa la figura di essere inaffidabile, e ciò rischia di urtare Trump, perché si è fidato di noi, e per questo ora viene colpito dai suoi avversari.
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