PIERLUIGI PANZA per corriere.it
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Salvatore Veca, scomparso a 77 anni, si era laureato nel 1966 con Enzo Paci e Ludovico Geymonat, due dei grandi maestri di Filosofia che vantava allora l’Università di Milano. Da giovane assistente Veca si occupò per un decennio di studi teoretici e riflessioni su Marx e divenne condirettore della rivista «Aut Aut» con Enzo Paci e Pier Aldo Rovatti.
Dopo un breve passaggio a Bologna, diventando docente a Scienze Politiche a Milano scoprì e fece proprio il pensiero di John Rawls. In Una teoria della giustizia del 1971, che Veca fece tradurre da Feltrinelli nel 1982, il filosofo di Harvard aveva riattualizzato il contrattualismo di Locke, Hobbes e Rousseau.
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La politica non doveva aspirare a un astratto bene comune, ma ricercare procedure per rendere le istituzioni più giuste e i beni equamente distribuiti. Il giusto prendeva il sopravvento sul bene e ne conseguiva un liberalismo di stampo egalitario, in cui i vantaggi economici erano ammissibili solo se a beneficiarne erano i meno fortunati. È l’idea di giustizia come equità.
Veca, che dal 1990 al 2006 fu docente di Filosofia politica a Pavia (dove rivestì la carica di preside), portò in Italia questa riflessione declinandola, oltreché negli studi e nella didattica, in un’incessante attività di partecipazione alla vita sociale, culturale ed editoriale, che lo rese uno dei più noti intellettuali progressisti.
Anche se oggi, nella stagione della disintermediazione, profili come il suo non accendono più i giovani, Veca non si ritirò mai dalla vita attiva. A partire dalla direzione scientifica della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, assunta nel 1974, il filosofo promosse infaticabilmente lo sviluppo di un Centro di Scienza politica, gli Annali della Fondazione e un’ampia attività di ricerca, documentazione, dibattiti e pubblicazioni nell’ambito della teoria politica e sociale.
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Consulente di saggistica anche del Saggiatore, di cui aveva diretto (con Marco Mondadori) la collana «Theoria», Veca, persona disposta ad ascoltare, entrò a far parte di innumerevoli comitati scientifici e di riviste quali «Rassegna italiana di sociologia», «Teoria politica», «Biblioteca della libertà», «Politeia», «European Journal of Philosophy», «Reset», «Quaderni di Scienza politica», «Il Politico», «Rivista di filosofia», «Italianieuropei» e altre.
Aveva fatto parte anche del Consiglio nazionale della Società filosofica italiana, era stato componente del Consiglio nazionale del ministero dei Beni culturali, collaboratore della Fondazione Corriere della Sera e, dal 2005, componente del Comitato generale Premi della Fondazione Balzan.
Con generosità aveva promosso anche attività musicali, come la nascita dell’ensemble cameristico I solisti di Pavia, presentato mostre d’arte (anche contemporanea), era stato garante per il Fondo ambiente italiano, membro di istituti scientifici e accademie come quelli di Bologna e di Torino e vicino all’Anpi.
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Quest’ampia attività, che lo rese noto specialmente a Milano, dove fu presidente della Casa della cultura e portatore di un «riformismo ambrosiano» e intervenne anche in dibattiti sulle scelte dei sindaci, quasi distoglie da un accenno ai suoi libri. I volumi più legati a Rawls e a una teoria normativa sono La società giusta e Questioni di giustizia (declinati in forma divulgativa in L’altruismo e la morale con Francesco Alberoni).
I successivi sviluppi del suo pensiero, incentrati sulla difesa del pluralismo come valore per la società democratica e sulla cittadinanza, si trovano in Libertà e eguaglianza o divulgati in Progetto Ottantanove scritto con Alberto Martinelli e Michele Salvati. Nel 1997, con Sebastiano Maffettone, pubblicò l’antologia L’idea di giustizia da Platone a Rawls un po’ in controcanto a La società aperta e i suoi nemici (1945; Armando 1973-74) di Karl R. Popper, il cui primo volume si intitola Platone totalitario.
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Veca è stato una figura che, negli anni Settanta, i giovani avrebbero definito maître à penser. Se chi oggi lo piange sono le istituzioni culturali e la politica è forse perché non si sono affermate quelle pari opportunità di accesso egalitario e meritocratico a tutti i ruoli del Paese sostenute proprio da Veca.
La camera ardente e i funerali
La camera ardente di Salvatore Veca sarà allestita l’8 ottobre dalle 11 alle 19 presso la Casa della Cultura di Milano, in via Borgogna. I funerali si svolgeranno sabato 9 ottobre mattina alle 11 nella Chiesa degli Angeli Custodi, in via Pietro Colletta, a Milano.
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