lindsay kemp
Nella notte é morto a Livorno il coreografo, attore, ballerino, mimo e regista britannico Lindsay Kemp. Aveva 80 anni. Era nato a Cheshire il 3 maggio del 1938. La parabola artistica di Kemp ebbe la sua rampa di lancio nello spirito degli anni Sessanta, quando formò la sua compagnia di danza e attrasse l’attenzione internazionale partecipando al Festival di Edimburgo nel ’68.
A renderlo famoso al grande pubblico, oltre i confini della danza, la celebre collaborazione con David Bowie in versione Ziggy Stardust, per il quale si esibì durante i concerti al Rainbow Theatre nell’agosto del 1972. La sua arte come mimo influenzarono le movenze dello stesso Bowie e, più tardi, anche Kate Bush. Kemp ha influenzato l’immaginario popolare non solo con spettacoli come Nijinsky, Mr Punch e Onnagata.
lindsay kemp
Dopo gli anni in accademia navale, dalla quale fu espulso per aver interpretato una Salomé ricoperto solo di carta igienica («E la ragione dell’espulsione fu lo spreco di carta!»), e gli studi d’arte al Bradford College con il pittore David Hockney, finalmente nel 1968 arriva la fama con `Flowers´: «Lo produssi con 500 sterline ricevute in eredità da una zia e da lì per 25 anni ho girato tutto il mondo, sempre attaccato per oscenita’» raccontava a Milano nel suo discorso di ringraziamento per il riconoscimento dell’Accademia di Belle Arti di Brera che gli conferiva un diploma honoris causa.
Considerato uno dei maestri del teatro di danza contemporaneo, Kemp stava allestendo un laboratorio performativo per il teatro sociale di Como che avrebbe dovuto presentare a settembre.
PARLA LINDSAY KEMP
Adriano Ercolani per “la Repubblica” pubblicato da Dagospia il 13.04.2015
lindsay kemp in canada
Fasciato in un’ampia, raffinatissima veste da camera, ci accoglie con cortesia d’altri tempi. L’eleganza ipnotica del suo eloquio è squisitamente british, pregno di reminiscenze letterarie, facile farsi incantare dai suoi ricordi sempre narrati con fascinoso aplomb.
Artista fuori dall’ordinario, Lindsay Kemp ha attraversato ormai quasi cinquant’anni di cultura che da underground è diventata mainstream grazie anche ai suoi “allievi”, da Nureyev a Fellini, da Mick Jagger a Ken Russell. Ma, soprattutto, ha esercitato un’influenza determinante sulla storia del rock: Kate Bush, Peter Gabriel, David Bowie, che più di tutti ha dichiaratamente subìto la sua influenza, sono stati solo
Lo incontriamo nella sua ultima residenza italiana, nel cuore di Livorno, a pochi passi dal mercato popolare, tra colori, fragranze e incontri multietnici, quasi una quinta vivente del suo immaginario barocco.
lindsay kemp a teatro
Kemp, oggi settantaseienne, ha un legame profondo con l’Italia: ha vissuto per anni a Roma (città che ama fin dagli anni Sessanta, quando Fellini veniva a vedere i suoi spettacoli di strada a Piazza Navona), zona Monti, poi è andato a abitare in una chiesa sconsacrata, a Todi, infine si è stabilito nella città toscana dove collabora con il teatro cittadino intitolato a Goldoni. Ogni sua battuta, ogni sfumatura o allusione, è amplificata in modo memorabile dall’incanto continuo della sua mimica facciale e dal giocoso trasformarsi della voce, ora beffarda, ora commossa, ora profonda, toccante.
LINDSAY KEMP BOWIE
È reduce dal ritorno sulle scene a Roma e Genova col suo ultimo spettacolo, Kemp Dances Inventions and Reincarnations , antologia che lui però non intende affatto come un commiato di fine carriera: «Sì, è vero, in alcune parti ripropongo dei vecchi pezzi. Ma ogni volta che salgo su un palco è comunque sempre una reinvenzione. Per questo il sottotitolo della produzione è Invenzioni e reincarnazioni: sono lavori che io amo eseguire ma che ogni volta interpreto in maniera differente: raccontano sempre un oggi, non un ieri».
Così Kemp ripercorre alcune celebri interpretazioni della sua carriera: il diavolo tentatore ne l’ Histoire du Soldat di Stravinskij, la follia mistica del leggendario Nijinskij, la morte straziante de La Traviata, il volo celeste dell’Angelo, che trascina il pubblico nella sua danza circolare, come un derviscio etereo vestito di trascendenza. Un processo di identificazione nei suoi personaggi e di trasfigurazione che avviene in uno stato quasi di trance: «Tutte le mie lezioni iniziano con un momento di pace e silenzio, una forma di meditazione. E poi la musica. Mi abbandono alla musica, come un albero s’abbandona alla brezza, consentendo alla musica di trasportarti in un altro mondo.
lindsay kemp
E così improvvisamente… siamo in Giappone! O in Spagna! Spero sempre che in questo stato di trance si liberi quello che García Lorca chiamava il “Duende”, l’altra faccia della luna che è in noi. Io non recito, vivo effettivamente l’esperienza. Come i bambini quando giocano, per loro quella è la realtà. Non recitare, sii te stesso. Se riesci a seguire questo principio, non sei mai ripetitivo. Sei reale».
Il rapporto tra realtà e illusione è la dialettica costante e interminabile di un artista che ha fieramente incarnato sulla scena il diverso, l’oltraggioso, l’impossibile. Una serie di reincarnazioni interpretate attraverso la maschera cangiante del suo volto: «Quando mi trucco, dipingo con la mia immaginazione cosa vedo nello specchio, ciò che immagino sul mio volto. Credo sia un po’ come portare all’esterno l’interiorità e portare all’interno ciò che è esterno. Rendere visibile ciò che è invisibile».
La casa di Kemp è un museo privato di memorie: magnifici costumi di scena, rarissime locandine di spettacoli consegnati alla storia, volumi e volumi di saggi dedicati alla sua arte, gli scatti del fotografo Guido Harari. Tutto, l’arredo incluso, è testimonianza della sua traboccante personalità e dei suoi innumerevoli ricordi.
LINDSAY KEMP FLOWERS
La sua più grande scoperta, e l’allievo più famoso dell’artista inglese, è una delle icone fondanti del rock: David Bowie. Celebre la loro storia d’amore, che segnò di fatto l’incontro fra gli artisti che avrebbero reso il glam la cifra stilistica dominante degli anni Settanta: «Bowie venne a vedere un mio spettacolo in un piccolo teatro. Qualcuno mi aveva dato il suo Lp, il giorno prima, quello chiamato proprio David Bowie, dell’etichetta Deram. Mi ricordo la canzone: When I Live My Dream . M’innamorai subito della sua musica, della sua voce. Suonai il disco prima dello show e poi feci la mia entrata in scena. Lui era presente e fu molto lusingato.
Venne a trovarmi in camerino, e fu davvero amore a prima vista. Il giorno dopo ci vedemmo nel mio appartamento a Soho e cominciammo subito a pianificare tutto quello che avremmo potuto fare insieme. Si innamorò del mio mondo, rimase incantato soprattutto dal mio Pierrot. Cominciò a venire alle mie lezioni al centro di danza il giorno dopo, e preparammo insieme lo spettacolo Pierrot in Turquoise. La mia storia con Bowie è lunga e drammatica, di solito non amo parlarne. Quando lo faccio la reinvento un po’ come voglio, ricordandomi solo i momenti più belli».
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