Marco Giusti per Dagospia
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La commedia all’italiana perde uno dei suoi più grandi caratteristi, il napoletanissimo, anche se nato a Arienzo vicino a Caserta, Giacomo Furia, 90 anni precisi, il placido pittore Cardone che con Totò e Peppino danno vita al capolavoro La banda degli onesti. Pochi anni prima lo avevamo invidiato tutti come Rosario, il marito pizzaiolo della maggiorata Sophia Loren nel capolavoro di Vittorio De Sica L’oro di Napoli anche se nessuno portava così candidamente le corna come lui. Del resto con una moglie così' prosperosa era inevitabile.
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17 film con Totò, da Totò Tarzan a Totò sceicco da Totò all’inferno a Desinazione Piovarolo, sempre in ruoli di ragazzone buono e disponibile, perennemente soggiogato dalla personalità esuberante del Principe. Ma era grandioso anche insieme ai De Filippo, tutti e tre. Del resto erano stati proprio loro a volerlo fare esordire a teatro nel lontano 1945.
Furia allora era solo un ragioniere e faceva ripetizioni a Luigi, il figlio di Peppino. Fu Eduardo a individuarne la forza comica e a volerlo a teatro nel ruolo di Peppe O’ Cricco in Napoli milionaria e al cinema nell’Assunta Spina di Salvatore Di Giacomo diretta da Mario Mattoli con Anna Magnani e Titina.
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Da allora Furia si divise equamente tra Totò e Peppino, col primo esordì, appunto, in Totò Tarzan, mentre con Peppino lo troviamo nel primo capolavoro di Federico Fellini, Luci del varietà. Ma lo vollero anche Roberto Rossellini per La macchina Ammazzacattivi nel ruolo di Romano Cuccurullo e Steno per Due notte con Cleopatra, dove incontra Alberto Sordi e, soprattutto, Sophia Loren. Ma sarà Vittorio de Sica a cucirgli addosso il ruolo che lo imporrà come caratterista fondamentale della commedia all’italiana degli anni’50 nell’episodio del pizzaiolo Rosario sposato con Sophia in L’Oro di Napoli tratto dai racconti di Giuseppe Marotta.
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Dopo sarà difficile pensare alla nostra commedia senza un simile caratterista. Lo vuole Alessandro Blasetti in Peccato che sia una canaglia, ancora con Sophia, lo vuole Luigi Zampa in L’arte di arrangiarsi con Alberto Sordi, mentre esce La banda degli onesti di Camillo Mastrocinque che lo vedrà come il pittore della banda composta da Totò e Peppino in stato di grazia. Se Totò lo vorrà in molti altri film, con Peppino ritornerà nel capolavoro di Fellini, l’episodio “Le tentazioni del Dottor Antonio” in Boccaccio 70. E trionferà in una lunghissima serie di Caroselli assieme a Nino Taranto per il formaggio Invernizzi, “Il cliente ha sempre ragione” o “In salumeria”.
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Se Taranto è il pizzicagnolo canterino, Furia è il compare più bonaccione e di sostanza. Come sempre. Il cinema di genere, con horror, peplum, spaghetti western, spionistici non darà grandi soddisfazioni a Furia, più a suo agio magari nel musicarello. E’ lì che lo vediamo, in film come Urlatori alla sbarra, Sanremo, la grande sfida, i più tardi Zum Zum Zum e La ragazza del prete.
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Nello spaghetti western lo troviamo di straforo nel curioso E Dio disse a Caino di Antonio Margheriti, che lo vorrà anche nel fantasy L’implacabile Mr. Invisibile. Avrà qualche ruolo nella commedia sexy, La cameriera nuda, La compagna di banco, L’onorevole con l’amante sotto il letto, La settimana bianca, ma non era particolarmente adatto al genere.
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E’ grande invece come assistente del produttore napoletano Philippe Noiret nell’episodio dell’”ingroppata artistica” in Il comune senso del pudore diretto da Alberto Sordi e scritto da Rodolfo Sonego. Lo ritroviamo non molti anni fa, in buona forma, in un film di Vincenzo Salemme, No problem, giustamente esibito e omaggiato come una perla ritrovata del nostro cinema.
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Purtroppo sarà l'ultimo dei suoi 157 film di ruoli piccoli e grandi, ma che lo hanno visto sempre allegro, disponibile, sorridente. L’ultimo degli onesti, insomma, come in parte titolava la sua autobiografia uscita nel 1997, “La maggiorata, il principe e l’ultimo degli onesti”.