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    IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - ADDIO TONY MUSANTE, “MERCENARIO” DI SERGIO CORBUCCI, FINITO NEL TRASHISSIMO “PUPETTA” CON MANOVELLA ARCURI


     
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    Marco Giusti per Dagospia

    Adios Tony Musante. Per noi fu soprattutto il protagonista di un capolavoro western come "Il mercenario" di Sergio Corbucci, uno dei film più amati da Quentin Tarantino, e di un capolavoro del thriller italiano, come "L'uccello dalle piume di cristallo" di Dario Argento, opera prima di un maestro del brivido, ma Tony Musante, scomparso a 77 anni a New York, era un vero e solido attore americano, molto legato al Metodo, che, in fondo, capitò un po' per caso in un'Italia in pieno fermento di idee e di produzioni cinematografiche e ne divenne una star a cavallo fra la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70.

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    Eravamo rimasti tutti impressionati dalle sue capacità di giovane attore alla Marlon Brando, più tardi si sarebbe detto alla Al Pacino, nel fenomenale "New York ore 9: l'ora dei vigliacchi" ( "The Incident", 1967) di Larry Peerce, tutto ambientato sulla metro dove Musante, come Joe Ferrante, assieme al giovanissimo Martin Sheen terrorizzava i viaggiatori newyorkesi. Entrambi avrebbero poi fatto una lunga carriera.

    Musante, che era nato a Bridgeport, nel Connecticut aveva già fatto un po' di tv, come "Alfred Hitchcock Presents", ma anche il teleplay, "Ride with Terror", da cui Larry Peerce riprese il suo fil di successo. Lo avevamo visto anche in n piccolo ruolo di omosessuale in "The Detective" di Gordon Douglas, 1968, accanto a Frank Sinatra.

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    Ma fu il suo personaggio di violento con temperino che convinse i produttori italiani a chiamarlo in Italia. Nella intervista che gli feci per "Stracult" raccontava che venne per la prima volta a Roma tutto contento di poter fare il nostro cinema, che adorava da italoamericano, e pochi giorni dopo invece si ritrovò su un set spagnolo dalla lavorazione lunghissima per il suo primo spaghetti western, anzi tortilla western, "Il mercenario", appunto, diretto da Sergio Corbucci, dove faceva Paco Roman, un messicano rivoluzionario alla Tomas Milian che se la vede col freddo Franco Nero e le meravigliose musiche di Ennio Morricone.

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    Non ebbe quasi il tempo di capire dove fosse e cosa stesse facendo. Marina Cicogna lo portò subito dopo a Roma sul set di una commedia di grande successo come "Metti una sera a cena" di Giuseppe Patroni Griffi a fianco di Florinda Bolkan , Jean-Louis Trintignant e Annie Girardot, Dario Argento lo scritturò come protagonista di "L'uccello dalle piume di cristallo" e Enrico Maria Salerno lo portò a Venezia come protagonista morente di "Anonimo veneziano" in mezzo alle musiche di Stelvio Cipriani. In due anni era diventato una star, almeno da noi.

    Le cose non andarono così bene quando ritorna a lavorare con i registi americani nei primi anni '70, anche se gli offrirono ottimi ruoli in ottimi noir come "The Last Run", di Richard Fleischer con George C. Scott, girato fra Spagna e Portogallo, un film che doveva essere diretto da John Huston con un gran copione di Alan Sharp e, soprattutto, "The Grissom Gang" di Robert Aldrich, tratto da un celebre romanzo di James Hadley Chase, dove era uno dei componenti della violenta banda Grissom che rapisce una ragazzina, Kim Darby.

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    Se in Italia era un vero protagonista, Tony Musante in America, con quella faccia dura da italo-americano era condannato a ruoli da coprotagonista. Così finì per sfruttare la sua faccia così caratteristica e preferì diventare una star della tv negli anni '70, come dimostrano la fortunata serie "Toma" (1973-1974), dove è il detective David Toma sempre in corsa dietro i narcotrafficanti, ma anche le sue apparizioni in "Police Story" (1973-1978), una serie creata da Joseph Wambaugh, "The Rockford Files", "Medical Story".

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    Specializzatosi nel noir, Tony Musante ritornò in Italia più volte, riprendendo il filo del discorso iniziato coi suoi primi film. Lo troviamo nella serie tv "Alle origini della mafia" (1976), nel film di Damiano Damiani "Goodbye e Amen" (1977), nel lacrima movie "Eutanasia di un amore" (1978) di Enrico MariaSalerno e nel curioso "La gabbia", che doveva essere diretto da Lucio Fulci e finì nelle mani di Giuseppe Patroni Griffi, dove era lo schiavo sessuale di Laura Antonelli.

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    Trashissimo, Musante recita spesso nudo con un pezzo di lenzuolo a coprire le vergogne. Assolutamente da recuperare. Nel disfacimento del nostro cinema italiano di genere, ovvio che Musante preferisse le serie americane e qualche buon ruolo nei film americani più intelligenti. Recentemente lo abbiamo ritrovato in due bellissimi film diretti da James Gray, che doveva apprezzarlo molto, "The Yards" e "I padroni della notte".

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    Piccoli ruoli ma di grande spessore. Dove era certamente più coinvolto che nelle fiction di Canale 5, dove ogni tanto faceva capolino, come il polpettone peplum "Pompei" (2007) e, soprattutto, il cultissimo, definitivo e megatrash "Pupetta" (2013), con Manuela Arcuri che chiude una lunga e fortunata carriera e dove incontra, anche lui al suo ultimo ruolo, il povero Ben Gazzara.

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