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    IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - CI LASCIA CLAUDIO MANCINI, 96 ANNI, PRODUTTORE, ORGANIZZATORE E PRODUTTORE ESECUTIVO NON ROMANO, DE PIÙ – CON SERGIO LEONE STABILÌ UN RAPPORTO DI FIDUCIA E AMICIZIA. HA RISOLTO QUALSIASI PROBLEMA: MANCA UN ATTORE DA TENERE IMPICCATO PER LA SCENA CHIAVE DI “C’ERA UNA VOLTA IL WEST”? LO FA CLAUDIO MANCINI. MARIO BREGA CHIEDE UNO SPROPOSITO PER UN RUOLO MINORISSIMO IN “C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA”? CLAUDIO GLI SPARA UN COLPO DI PISTOLA FRA I PIEDI - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    claudio mancini claudio mancini

    Un altro pezzo di cinema italiano se ne va. Produttore, organizzatore e produttore esecutivo, ma anche attore, comparsa, capo elettricista, operatore, ex-pugile, Claudio Mancini, non romano deppiù, 96 anni, in gran parte passati in gioventù nelle produzioni Ponti-De Laurentiis, da “Ulisse”, “Attila”, “Barabba” ai più facili Totò movies, e da adulto a fianco di Sergio Leone, col quale stabilì un vero rapporto di fiducia e amicizia, ha davvero fatto di tutto nel cinema italiano e ha risolto qualsiasi problema. Sempre.

     

    Manca un attore da tenere impiccato per la scena chiave di “C’era una volta il West” girata nella Monumental Valley? Lo fa Claudio Mancini. Sul set dello stesso film, l’attore più pazzo del mondo, Al Mulock, decide di buttarsi dalla finestra del suo albergo col vestito di scena a un giorno dalla fine delle riprese proprio sotto gli occhi di Sergio Leone, che pronuncia la celebre frase “Ma non si poteva buttà domani, sto stronzo”, e che fa Claudio Mancini?

     

    Lo porta all’ospedale, non tanto per salvare il moribondo, non ce la farà, quanto per recuperare il costume per la scena del giorno dopo. “A Cla’, il costume”, gli ha appena detto Leone. Non c’era bisogno di dirlo. Il giorno dopo Mancini acchiappa Giancarlo Santi detto “Foschia”, aiuto regista, si conoscono dai tempi di “Controsesso” di Marco Ferreri, gli mette il costume di Mulock e girano la scena. Questa che segue l’ha raccontata lui stesso a Alberto Crespi.

     

    claudio mancini in c'era una volta il west 1 claudio mancini in c'era una volta il west 1

    Mario Brega, amico fraterno di Leone, chiede uno sproposito per un ruolo minorissimo in “C’era una volta in America” e Claudio che fa? Gli spara un colpo di pistola fra i piedi, da sotto il tavolo. E Brega non fa una piega. Lo guarda e dice: “A Cla’, ma che fai, me spari?”. E Mancini: “E te sparo sì, hai rotto er cazzo a chiede tutti ‘sti sordi”. Era gente di un altro mondo. Leone lo volle per il suo quarto film, “C’era una volta il West” e lo ha richiamato per tutti i film che ha girato dopo. Non era adatto a fare il produttore, Leone lo sapeva.

     

    Credo che su qualche film perse anche dei soldi. Ma era adatto, con tutta l’esperienza che si era fatto ai tempi di Ponti De Laurentiis a fare il produttore esecutivo, il supervisor sul set. Più un film era difficile, più avevi bisogno di lui. Sul set di “Un genio, due compari, un pollo”, nella Monumental Valley, organizza un catering, un indiano navajo pretende di essere invitato, non lo vogliono, questo acchiappa un fucile e inizia a sparare. Tutti scappano o si abbassano a terra. Solo Mancini non si abbassa e lo affronta. E in romanesco lo affronta. “Ma che te sei impazzito, me stai a sbragà tutto er catering, ma va a morì ammazzato’.

    mario brega c'era una volta in america mario brega c'era una volta in america

     

    Così lo acchiappa, lo disarma e lo rimette sul suo pickup. E lo rimanda a casa. Nato a Roma nel 1928, cresce come tanti ragazzini per strada. Gioco preferito la sassaiola. Nel 1948 grazie allo zio elettricista entra a Cinecittà. Fa un po’ di tutto. Anche l’attore. Scuro di pelle, fa l’arabo in “Jolanda, la figlia del Corsaro nero” di Mario Soldati con May Britt, ma lo troviamo anche in “La donna del fiume”, sempre di Soldati. Diventato capo elettricista, segue per 13 anni le produzioni di Dino De Laurentiis e Carlo Ponti. Filmoni, come “Ulisse”, “Attila”, La grande guerra”, ma anche parecchi mondo movies.

     

     Fa un po’ di tutto, anche l’operatore. Fino a quando impara a fare l’organizzatore e su “Barabba”, nel 1960, risulta in produzione. Passa dal “Filumena Marturano” di Eduardo De Filippo del 1951, alla versione diretta da Vittorio de Sica, “Matrimonio all’italiana” con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, dove figura assieme a Alfredo Melidoni come produttore supervisore. Difficile capire i suoi ruoli nel cinema degli anni ’50. Ma è chiaro che con le spalle protette da Ponti e De Laurentis a Cinecittà se l’”accomanna”.

    claudio mancini claudio mancini

     

    Quando David Lean va in Jugoslavia per capire se può girare lì “Il Dottor Zivago”, Mancini lo accompagna. Nel 1963 lo troviamo assistente del produttore, Lorengo Pegoraro, per il curioso “Nudi per vivere” firmato Elio Montesti, un nome che nasconde tre celebri registi, Elio Petri Giuliano Montaldo Giulio Questi. Con Petri e Montaldo rimarrà amico. Sarà produttore esecutivo di “La decima vittima” di Petri, film odiato da Ponti che risolverà il finale tagliando trenta pagine di copione, mi ha detto Ursula Andress.

     

    claudio mancini claudio mancini

    E si dovettero inventare quella scena assurda in aereo che risolveva malamente il fatto che mancasse il finale, da girare in Congo. Sarà organizzatore di “La classe operaia va in Paradiso” e produrrà in prima persona anni dopo il complesso e discusso “La proprietà non è più un furto”. Montaldo lo ritroverà nelle produzioni di Leone, “Il giocattolo”. Ma farà il produttore esecutivo addirittura di certi film di Marco Bellocchio, “Sbatti il mostro in prima pagina”, che nasceva per la regia di Sergio Donati, altra creatura nata con Leone, e poi per “La visione del sabba”. In realtà, quando lo chiamò Leone, aveva fatto di tutto, ma non lo spaghetti western.

     

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    Eppure fu proprio Leone a volerlo a tutti i costi. Intuendo che il suo lavoro era l’esecutivo, l’organizzatore su grandi set, non il produttore. Con Leone resterà fino alla fine, da “C’era una volta il West” a “Giù la testa” a “Il mio nome è nessuno”, girato da Tonino Valerii. In proprio mette in piedi “Occhio alla penna” di Michele Lupo con Bud Spencer, “Il trucido e lo sbirro” e “La banda del Trucido” di Umberto Lenzi con Tomas Milian. Sosteneva di essersi inventato lui il nome Trucido. Possibile. L’ho intervistato varie volte e non si inventava nulla.

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    Produsse come unit manager per Bino Cicogna anche “Nell’anno del signore” di Gigi Magni, e in proprio il fantascientifico “Contamination” di Luigi Cozzi. Ma leggo anche l’ultimo film di Dino Risi, “Giovani e belli” con Anna Falchi, dove figura come supervisore alla produzione. Il suo ruolo non è mai chiaro, passa da un film che supervisiona a uno che produce indifferentemente, ma è chiarissimo che se un set funziona, lui sta lì. Grande scuola.

     

    Lo recuperano per le grandi serie televisive di questi anni, soprattutto per “IL commissario Montalbano”, prodotto da Carlo Degli Esposti. Ma lavorò anche su “Gente di mare” e “Caravaggio”. Oltre a un grande professionista, perdiamo anche una memoria storica importante del nostro cinema. Quella che aveva sparato a Mario Brega non la sapevo… Chissà che faccia avrà fatto Sergio Leone…   

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