Marco Giusti per Dagospia
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Non abbiamo davvero idea di quale divinità fosse, neanche ventenne, Isa Barzizza divisa tra cinema e varietà in un’Italia che iniziava a uscire dalla guerra e finalmente a ridere. Totò la incorona per sempre nella celebre scena del wagon-lit già nella rivista
“C’era una volta il mondo” nel 1948, e quattro anni dopo i due ripetono la stessa scena nel primo film italiano a colori, “Totò a colori”. Fanno ridere i battibecchi con l’onorevole Trombetta, ma gli spettatori hanno gli occhi fissati sulle gambe affusolate di Isa Barzizza. I giornalisti riportano che non è stato necessario cambiare nulla a Isa, né colori dei capelli, né tonalità della pelle, per le riprese a colori.
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Per lanciare in America “Dove sta Zazà” con Nino Taranto e Isa nel ruolo di Zazà, sui giornali d’oltre Oceano si scrive “”Italy’s most beautiful girl in her first strip tease”. A quel punto la Barzizza è una star di prima grandezza, un’attrice che guadagna 16 milioni di lire all’anno. Un manager teatrale importante come Paone, le chiede 154 milioni di lire per la rottura di contratto. Una notizia che finisce per giorni in prima pagina. Ha detto di essere malata e invece gira un film alla Farnesina.
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Giuseppe Marotta insorge a difesa dell’attrice “più gentile d’Italia”, che non può essere chiusa a chiave da un impresario per nove anni. E’ un patrimonio nazionale. Alla fine si metteranno d’accordo e Isa Barzizza apparirà nel varietà “Gran Baldoria” assieme a Elsa Merlini e Enrico Viarisio al Teatro Nuovo di Milano, con un pubblico che viene da ogni parte d’Italia solo per vedere lei e le sue gambe. Orio Vergani, che è pazzo di lei, la definisce sulle pagine del Corriere, “un fiore da vetrina, Boucher e Fragonard se la sarebbero certamente contesa come modella”. Nel film “Milano miliardaria” di Steno e Marchesi, tra le tifoserie milaniste e napoletano si scommette di tutto.
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Tino Scotti, meglio noto come il Cavaliere, scommette sua moglie, la bellissima Isa Barzizza, col napoletano Dante Maggio se il Napoli vincerà sul Milan. Altri tempi. Figlio di un maestro amatissimo come Pippo Barzizza, di una bellezza elegante, bionda, scoperta quindicenne da Erminio Macario nel 1947 con “Le educande di San Babila” e “Follie d’Amleto”, poi passata al Totò di “C’era una volta il mondo e “Bada che ti mangio”, Isa Barzizza non ha il tempo di diventare davvero una soubrette che è già una star del nostro cinema. Gira una ventina di film in quattro-cinque anni.
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Tutti con i più grandi comici del momento. “I due orfanelli” con Totò, il già citato “Dove sta Zazà” con Nino Taranto, “Totò al Giro d’Italia” con Totò, ma anche con Coppi e Bartali. Ne “I pompieri di Viggiù” la troviamo a fianco di Totò che fa il manichino e poi si finge pazzo di fronte al marito geloso. Quando Totò accetterà il duello con l’Onorevole Mazza che si lamenta delle battute satiriche sulla politica nei varietà di Totò, proprio Totò si porterà dietro come secondi due grandi soubrette del tempo, Isa Barzizza e Elena Giusti.
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Ma il duello con l’Onorevole Mazza diventerà un numero comico, pronto a essere ripreso nella scena del wagon-lit con l’Onorevole Trombetta. Ma mi faccia il piacere… In “Adamo ed Eva” di Mattoli non può che essere Eva e Macario è Adamo. A Isa regalai un manifesto stupendo del film, quando abitava ancora a Roma. Ma aveva un rapporto particolare con i suoi spettacoli e i suoi film, come se li avesse fatti un’altra Barzizza. Poi incontra Dapporto in “Il vedovo allegro”, Walter Chiari in “L’inafferabile 12”, torna con Totò in “Figaro qua, Figaro là”.
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E, ancora, “Sette ore di guai”, “Il mago per forza” con Tino Scotti, “Era lui, sì sì”. In “Porca miseria” di Giorgio Bianchi con Carlo Croccolo il critico del Corriere si lamenta che non si vedono le celebre gambe di Isa Barzizza. E’ bella, ma non è Sofia Loren. E’ una ragazza di classe, istruita, ha fatto il Liceo Gioberti a Torino, è figlia di una stella dello spettacolo italiano, di un grande innovatore, non corrono voci maligne su di lei. E lei stessa, molti anni dopo, dirà che nessun produttore o regista o capocomico l’ha mai importunata sul set.
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La definiscono rosea, gentile. Quando nel 1953, nel pieno del suo successo, si sposerà con Carlo Alberto Chiesa, il direttore del telegiornale della Rai, sceglierà un orario assurdo, le 5 e tre quarti di mattina, nella chiesetta di Monte Mario a Roma, per non farsi fotografare da nessuno. Profilo basso. La porterà all’altare suo padre, amatissimo. I due avranno una figlia, e già nel 1955 Isa non girerà più nulla. Quando, in un brutto incidente d’auto sull’Aurelia, il marito Carlo Alberto Chiesa perderà la vita nel 1960, Isa Barzizza prenderà la decisione di lasciare cinema e teatro, lasciandosi solo il doppiaggio.
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Quando tornerà negli anni ’70 non sarà più la Isa Barzizza che faceva impazzire il pubblico italiano del dopoguerra, la soubrette giovanissima che poteva stare a fianco di Totò, Macario, Viarisio, Dapporto, Chiari, senza mai perdere la sua eleganza naturale. Nelle varie volte che l’ho intervistata sembrava che avesse fatto tutti i film e gli spettacoli che aveva fatto senza grande sforzo. Il mondo dello spettacolo italiano allora era una grande famiglia, tutti erano gentili. Sembrava non avere grandi aneddoti da raccontare, erano rapporti di lavoro molto professionali. E del resto era così giovane. Ma quando la invitai a parlare di Totò in uno serata di Rai Due a Napoli con Renzo Arbore, Serena Rossi, Carlo Croccolo, già vederla sul palco con De Luca era uno spettacolo.
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