Estratto dell’articolo di Gianluca Di Feo per www.repubblica.it
ALI MAHAMAN LAMINE ZEINE
Espulsi tutti i militari occidentali, tranne gli italiani. La giunta golpista del Niger, il Paese chiave del Sahel e delle rotte dell’emigrazione, continua la sua marcia di isolamento. Dopo avere mandato via il contingente francese e gli istruttori europei, a sorpresa sabato ha annunciato la rottura della collaborazione con gli Stati Uniti: l’attività della task force americana adesso viene considerata «illegale» dalle autorità di Niamey.
Per il Pentagono si tratta di un brutto colpo. La base di Agadez, completata solo due anni fa con una spesa di 110 milioni, è l’unica assieme a Gibuti ancora operativa tra l’Equatore e il Mediterraneo. Da lì decollano i droni che sorvegliano le falangi di Al Qaeda e Isis, sempre più attive in tutta la regione, ma tengono d’occhio anche l’espansione russa nel Continente.
ALI MAHAMAN LAMINE ZEINE
E la decisione dei generali nigerini è arrivata immediatamente dopo gli incontri con i responsabili statunitensi per l’Africa di Esteri e Difesa, l’assistente del segretario di Stato Molly Phee e il generale Michael E. Langley, che la scorsa settimana si sono recati nella capitale per cercare di riaprire il dialogo sospeso dopo il putsch di luglio.
I colloqui non sono andati bene: il portavoce della giunta, Amadou Abdramane, ha denunciato «l’arroganza» del capo della delegazione di Washington che ha «compromesso le lunghe relazioni tra i due Paesi».
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La prospettiva di abbandonare le ricognizioni dal Niger viene considerata un danno strategico dagli Usa. «Se non possiamo vedere, non possiamo capire – ha dichiarato alcuni mesi fa il generale Langley – Se perdiamo la posizione nel Sahel, questo ridurrà la nostra capacità di vigilare e dare l’allarme, con conseguenze pure per la sicurezza degli States». Il grande timore dell’intelligence è che le milizie jihadiste radicate nella zona possano progettare attentati clamorosi, come accaduto in Afghanistan alla fine degli anni Novanta.
Ancora più preoccupata è Parigi, che vede minacciato il controllo delle miniere di uranio fondamentali per alimentare le sue centrali nucleari: i golpisti hanno evocato il bando delle esportazioni, chiedendo rivedere gli accordi economici giudicati troppo vantaggiosi per la Francia. Su questo scenario incombono poi le ambizioni di Mosca, che ha firmato a gennaio trattati di assistenza militare con Niamey. Non risulta che forze russe siano presenti nel Paese, mentre l’“Africa Korp” che ha sostituito la Wagner schiera mille uomini nel confinante Mali. […]
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Nel peggioramento complessivo dei rapporti tra i golpisti e l’Occidente c’è una sola eccezione: l’Italia. Lo scorso 9 marzo c’è stata la prima trasferta di una delegazione ad alto livello: il direttore generale della Farnesina, l’ambasciatore Riccardo Guariglia, e il comandante del Covi, il generale Francesco Paolo Figliuolo, hanno incontrato i ministri degli Esteri e della Difesa. Il clima dei due giorni di colloqui viene definito «idilliaco». Dopo il golpe, la presenza militare e civile italiana è stata ridotta, concentrando il personale nella capitale, ma i programmi di cooperazione allo sviluppo non sono mai stati interrotti.
NIGER - I GOLPISTI ACCLAMATI ALLO STADIO ALLA FOLLA
Adesso i nigerini chiedono di far ripartire i corsi d’addestramento da parte dei nostri istruttori, grazie ai quali negli scorsi anni sono stati formati 9.100 soldati e gendarmi. Il ministro della Difesa, l’ex capo di Stato maggiore Salifou Modi, ha gestito in passato proprio questa attività interfacciandosi a lungo con il generale Figliuolo.
Il primo frutto della visita è stata la ripresa delle lezioni per i paracadutisti nigerini: presto anche il nostro contingente – che attualmente conta 250 donne e uomini – potrebbe venire aumentato.
NIGER - I GOLPISTI ACCLAMATI ALLO STADIO ALLA FOLLA
L’apertura è testimoniata anche dall’intervista a Repubblica del primo ministro Ali Mahaman Lamine Zeine, che ha lodato le critiche di Giorgia Meloni alle politiche colonialiste francesi. Il disegno nigerino è chiaro: fare di Roma l’interlocutore europeo, cercando un referente alternativo a Parigi. Per il governo Meloni si tratta dell’opportunità per cominciare a concretizzare il Piano Mattei e ridare impulso alle iniziative in Africa. […]