RAKOWITZ
Antonio Riello per Dagospia
In Trafalgar Square, dove si celebrano gli eroi guerreschi della Nazione Britannica (Horatio Nelson in primis), sorge il cosiddetto "quarto basamento" che avrebbe dovuto, in origine, sostenere una statua equestre del sovrano William IV (mai realizzata per mancanza di fondi) e che invece è rimasto vuoto. Siamo, per capirci, proprio di fronte all'ingresso principale della National Gallery.
Negli anni novanta, su proposta della RSA (Royal Society for encouragement of Arts), si è pensato di utilizzare questa struttura all'aperto per ospitare dei progetti di Arte Contemporanea. Da allora una speciale commissione analizza le proposte e stabilisce chi e che cosa esporre. Il primo, nel 1999, è stato Mark Wallinger con il suo indimenticabile e imbattuto "Ecce Homo". Marc Quinn, Yinka Shonibare, Thomas Schütte e Anthony Gormley sono solo alcuni di quelli che qui hanno fatto seguito a Wallinger.
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Pochi giorni fa, dopo che l'amato "pollicione" gigante di David Shrigley aveva tenuto banco per quasi due anni, si è inaugurata la nuova installazione di Michael Rakowitz dal titolo "The Invisible Enemy Should not Exist".
Da lontano, distrattamente, potrebbe sembra un reperto appena rubato dal British Museum: uno di quei tori alati - con volto umano - che decoravano le entrate delle mura nella città di Niniveh in Mesopotamia. In effetti si tratta di una impressionante rappresentazione di Lamassu, una divinità Assiro-Babilonese, che l'artista ha scelto come fulcro per questo lavoro.
RAKOWITZ 2
La scultura originale di Lamassu che ha ispirato Rakowitz non esiste più dal 2015. Si trovava esattamente tra le rovine di Niniveh che sono situate vicino a Mosul. La zona è stata purtroppo occupata per lungo tempo dalle milizie dell'Isis che ne hanno fatto scempio dilettandosi, tra l'altro, a distruggerne in modo sistematico i reperti archeologici.
"The Invisible Enemy Should not Exist" è stata completamente realizzata usando delle lattine riciclate di sciroppo di dattero, un prodotto molto comune e popolare in Iraq. L'artista, cittadino statunitense di origine irachena, noto soprattutto per le sue installazioni site-specific di forte impegno sociale, ha qui evidentemente giocato con memorie personali e familiari.
L'impatto visivo è davvero notevole. I commenti sul Guardian e del Times sono stati molto positivi, il "popolo di Instagram" ha gradito un po' meno meno, ma i più in verità si sono lamentati sostanzialmente del brutto tempo che ha afflitto l'inaugurazione (una pioggia fastidiosa anche per i parametri londinesi).
Gli ingredienti per un'opera di successo sembrano comunque esserci tutti: "mediaticità" (ISIS e sua inevitabile ricaduta emozionale), "riciclo" (le lattine in alluminio riutilizzate), "coefficiente antropologico" (mitologia connessa alla contemporaneità), "coefficiente etnico" (usi e costumi dell'Iraq), "giusta location" (non se ne potrebbe immaginare una migliore), "coefficiente di de-colonizzazione" (gli archeologi che all'epoca avevano scavato il sito erano dell'Impero Britannico), "food narrative" (il mangiare e il bere come necessaria ossessione collettiva del presente), "titolo" (decisamente suggestivo).
rakowitz
THE INVISIBLE ENEMY SHOULD NOT EXIST
FOURTH PLINTH, TRAFALGAR SQUARE, LONDRA WC2
riello ANTONIO RIELLO