1 - «SIAMO NEI GUAI», LO SCONFORTO TRA I DEM E ORA TUTTI ASPETTANO DI CAPIRE CHE FARÀ DRAGHI
Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"
Stefano Ceccanti
Ancora due giorni fa in Transatlantico il professor Ceccanti dava voce alla tesi che nel Pd accomunava ministri e segretario, e cioè che «dopo la decima votazione a vuoto saliranno tutti al Colle per chiedere a Mattarella di restare». Più che una previsione, quella del costituzionalista dem era una prece. Che ieri il capo dello Stato non ha raccolto, ponendo fine alle voci di Palazzo secondo le quali alla fine avrebbe accettato la rielezione.
sergio mattarella all'incontro sul ventennale dalla morte di giovanni leone
Le sue parole - «irritate e ultimative» secondo la versione di un autorevole ministro - non sono solo una risposta a quanti pensavano di tranciare i nodi politici senza scioglierli. Sono anzitutto frutto di un convincimento: accettare il reincarico - dopo il bis di Napolitano - significherebbe per Mattarella dare origine a una prassi.
E questo pregiudicherebbe la «libertà» dei presidenti della Repubblica, che in futuro potrebbero muoversi guidati magari dall'idea di un altro settennato. Perciò ha detto no. Per questo «adesso siamo nei guai», ha commentato Ceccanti: «Ma siamo nei guai tutti. Perché tutto il Parlamento è balcanizzato».
mattarella draghi
La sortita di Mattarella è anche un'indiretta e clamorosa smentita dell'idea in base alla quale di Quirinale si sarebbe iniziato a parlare a gennaio. È chiaro come la verità fosse un'altra: i partiti attendevano di conoscere le mosse delle due personalità più accreditate al soglio repubblicano. Il primo ha risposto e adesso tutte le attenzioni si concentrano sul premier. Finora Draghi non si è espresso, e per quanto le forze politiche insistano a chiedergli di restare a palazzo Chigi fino al 2023, il suo silenzio viene vissuto come una forma di riflessione.
sergio mattarella all'incontro sul ventennale dalla morte di giovanni leone
E nei colloqui tra rappresentanti del governo la richiesta dei partiti non viene considerata «risolutiva», perché «la loro debolezza non potrebbe nulla dinnanzi alla forza di Draghi». Il punto è che muoversi fuori da questi due scenari è come avventurarsi oltre le colonne d'Ercole. E le numerose rotte verso la terra promessa si infrangono già sugli scogli di un interrogativo: Berlusconi scenderà davvero in campo?
Tra i membri della segreteria dem si ipotizza che il Cavaliere al dunque passerà la mano e punterà su Amato, «per farsi nominare tra un anno senatore a vita: in fondo per uno come lui che era stato escluso dal Parlamento, rappresenterebbe una rivincita».
mario draghi e sergio mattarella all altare della patria
Ma provocherebbe l'esplosione dei grillini e del centrodestra. Perciò un'altra parte del Pd teorizza che Berlusconi «andrà fino in fondo» e a quel punto il centrosinistra «non potrà rispondere con la scheda bianca e dovrà trovare un candidato da contrapporgli. In attesa di arrivare a un compromesso».
Già ma chi? La sola idea di chiederlo a Prodi fa venire i brividi ai dem: «È la volta che il Professore ammazza chi si permette di proporlo come candidato di bandiera». Tanto basta per capire con quanta sofferenza il Nazareno si avvicina all'appuntamento, sapendo che per la prima volta nella storia non avrà i numeri per essere determinante. E conoscendo poi il clima che si respira nei gruppi parlamentari.
sergio mattarella all'assemblea dell'anci 9
Ecco perché Mattarella veniva considerato lo scoglio a cui aggrapparsi. Ma un conto era confidare in un suo «sacrificio», parlando con l'entourage del capo dello Stato. Altra cosa era l'intento del presidente della Repubblica, esplicitato peraltro in numerosi messaggi e gesti pubblici. E se il centrosinistra piange, il centrodestra non ride.
Giorni fa alcuni sherpa hanno messo in guardia gli uomini vicini al Cavaliere: più che fare scouting nel campo avverso, andrebbe posta attenzione sui voti di coalizione. Guarda caso ieri il gruppo di Coraggio Italia ha avvisato Berlusconi: siccome veniamo sistematicamente fatti fuori nelle realtà locali, «vorrà dire che ci terremo le mani libere sul Quirinale». Con un Parlamento «balcanizzato» e senza una regia, la Corsa diventerebbe una lotteria. Per ora non c'è un metodo, ci sono solo nomi: Casini, Cartabia, Pera e l'elenco telefonico del Pd. Ma per arrivare al quorum serve la politica.
sergio mattarella mario draghi
2 - CRESCE L'ANSIA NEI PARTITI "E SE CI INCARTIAMO COME SETTE ANNI FA?"
Federico Capurso per "la Stampa"
Un precedente c'era, quello di Giorgio Napolitano. E su quello contavano alcuni tessitori di Palazzo in vista della partita del Quirinale, con l'unico vero obiettivo di blindare la legislatura fino al 2023. Una formula semplice: «Il Presidente può restare al Colle e Draghi a palazzo Chigi». Se però cercavano un segnale di disponibilità, Sergio Mattarella, che a detta del sito de L'Espresso ha firmato ieri il contratto per l'appartamento romano dove trasferirsi a fine mandato, non poteva offrirne uno più chiaro, anche se di senso opposto: il carattere eccezionale della rielezione di Napolitano deve restare tale.
sergio mattarella all'assemblea dell'anci 4
Non un passo indietro, ma una conferma netta di quanto sempre sostenuto e di fronte alla quale il mazzo delle possibilità deve per forza di cose essere rimescolato. Lo si fa nelle segreterie di partito, dove nessuna reazione pubblica emerge al deciso «no, grazie» del Capo dello Stato. L'ossequioso silenzio, però, a certe latitudini porta con sé il sollievo di un desiderio esaudito, in altre l'agitazione di chi deve bruciare una delle carte più pesanti della sua mano. La quiete si incrina per un attimo in Forza Italia, dove non si è mai fatto segreto delle più alte aspirazioni di Silvio Berlusconi.
Chiede infatti di «prendere atto» delle parole di Mattarella, il senatore Maurizio Gasparri, rivolgendosi a chi «continua ad accanirsi» sulla possibilità di un bis. Gasparri scaglia una freccia solitaria che rende bene l'idea del clima serale nella casa dei forzisti, rispettosamente allietati dalla notizia. Nelle ore precedenti, Berlusconi era infatti tornato a incassare dagli alleati promesse di compattezza intorno alla sua "candidatura".
sergio mattarella e mario draghi
Giorgia Meloni e Matteo Salvini, d'altronde, sono entrambi disposti all'idea di tornare al voto in primavera. La leader di Fratelli d'Italia lo chiede apertamente da mesi e il segretario della Lega non si tirerebbe indietro. Nelle file leghiste, però, c'è anche chi avrebbe visto con favore una rielezione di Mattarella. Per il numero due di via Bellerio, Giancarlo Giorgetti, sarebbe stata infatti l'assicurazione migliore sulla stabilità del governo.
E per la ragione opposta a quella di Salvini: perché nello stesso momento in cui la strada di Mario Draghi per il Colle si allarga, si indebolisce la garanzia sulla permanenza della Lega in maggioranza. Un obiettivo, quello della legislatura da portare a termine, che Giorgetti condivide con Luigi Di Maio.
MARCELLO PERA
Per responsabilità, certo, ma anche e soprattutto perché l'opera di intrecciatura di relazioni internazionali di Di Maio, iniziata da quando è alla Farnesina, non può ancora considerarsi conclusa. Tra chi, come il ministro degli Esteri, aveva all'interno del Pd accarezzato l'idea di una rielezione di Mattarella, non ha spento però del tutto le proprie speranze: «Se torneremo a incartarci come sette anni fa - si chiede una fonte autorevole del Nazareno -, si rifiuterebbe davvero?». La domanda non nasconde una speranza, ma manifesta una preoccupazione.
DRAGHI BERLUSCONI
Anche se intorno al segretario Enrico Letta si fa notare come Mattarella abbia ribadito la sua posizione adesso, con largo anticipo, proprio per evitare che si finisca in un vicolo cieco tra qualche mese. Raramente, però, all'interno del Pd le spinte sono convergenti. E così, se Letta non lascia trasparire nulla, più a sinistra rinverdisce l'idea dell'ideologo Dem Goffredo Bettini e del leader M5S Giuseppe Conte di portare Draghi al Quirinale e trovare un accordo di maggioranza per sostituirlo a palazzo Chigi. Ipotesi che Conte ha dovuto rimettere nel cassetto per placare i malumori interni, ma senza Mattarella, ragiona uno dei tessitori M5S, «di fronte a un impasse, potrebbe diventare Draghi la via d'uscita per tutti».