giuseppe conte enrico letta
1 – CORSA A TRE NEL PD PER LE SUPPLETIVE A ROMA, IL NO DI CONTE ALIMENTA I SOSPETTI
Da www.agi.it
Nel Partito Democratico è corsa a tre per la candidatura al seggio di Roma 1, lasciato vacante dopo l’elezione a sindaco di Roberto Gualtieri. Dopo il ‘niet’ di Giuseppe Conte, individuato dai dem come possibile candidato della coalizione di centrosinistra, i nomi che si fanno sono di due donne e un uomo.
CECILIA D'ELIA
L’ex segretaria della Cisl, Annamaria Furlan, piace a Enrico Letta che l’ha voluta fra i sei dell’osservatorio indipendente delle Agorà democratiche. Furlan avrebbe il vantaggio di allargare la base del consenso a mondi che vanno al di là dell’ettorato del Pd, così come cerca di fare il segretario con la costruzione del ‘campo largo’.
In più è una donna e Letta ha più volte detto, fin dal suo insediamento al Nazareno, di volere dare più spazio alle democratiche negli incarichi di vertice.
annamaria furlan foto di bacco (1)
Per la stessa ragione, il leader dem vedrebbe con favore la candidatura di Cecilia d’Elia, portavoce della Conferenza delle donne democratiche e Responsabile Politiche per la Parità della segreteria.
Il nome di Cecilia d’Elia potrebbe essere quello capace di mettere d’accordo i vertici del Pd e i dirigenti romani – che stanno facendo pressing per candidare Enrico Gasbarra – oltre che a catalizzare il consenso delle realtà romane legate ai movimenti per i diritti delle donne.
“Sarebbe un’ottima candidata”, viene confermato da una fonte autorevole del Pd. In pole, tuttavia, c’è anche Enrico Gasbarra. Su di lui, cresciuto politicamente nella Democrazia Cristiana, potrebbero convergere anche Italia Viva e Azione.
enrico gasbarra
“Se il Pd proponesse una candidatura davvero riformista e radicata sul territorio, si è parlato nei giorni scorsi di Enrico Gasbarra che in quel collegio ha vinto tutte le elezioni locali in cui si è presentato, come si farebbe a non sostenerla?”, chiede infatti il renziano Michele Anzaldi.
Di sicuro, quello di Gasbarra è un profilo che piace a molti nel Pd romano. La sua candidatura ed eventuale elezione, viene anche spiegato da fonti parlamentari, non confliggerebbe nemmeno con la necessità di tenerlo “in caldo” per le prossime regionali, quando scadrà il mandato di Nicola Zingaretti e si potrebbe così realizzare una sorta di ‘staffetta’ con l’attuale presidente della Regione Lazio.
enrico letta giuseppe conte
Sul profilo di Gasbarra sembrano puntare, d’altra parte, anche i minisindaci dei municipi che insistono su Roma centro: “E’ evidente che solo una candidatura condivisa, molto conosciuta e riconoscibile sul territorio, che abbia avuto esperienze amministrative di primo piano nella nostra città, possa rappresentare degnamente i cittadini del collegio, anche in vista delle importanti scelte che dovranno riguardare la città di Roma”, dichiarano in una nota congiunta le presidenti e i presidenti dei municipi I, II, XIV, e XV di Roma Capitale, Lorenza Bonaccorsi, Francesca Del Bello, Marco Della Porta e Daniele Torquati.
CECILIA D'ELIA NICOLA ZINGARETTI ANDREA ORLANDO
“Per questo motivo – osserva ancora Calenda – occorre una rifondazione del sistema politico. Questa è una politica screditata. Penso che bisognerà continuare con Draghi anche dopo il 2023. Penso che sia l’unica soluzione, altrimenti si sbatte la testa contro un muro. Come farebbe a governare una destra che mantiene pulsioni anti-europee? O un Pd che non riesce a svincolarsi dall’abbraccio con il Movimento 5 stelle?”.
letta conte
E se Draghi volesse succedere al presidente della Repubblica Sergio Mattarella? “Molto meglio al Colle che niente. Io dico che, per esempio, dal Colle non si controlla il Pnrr.
Draghi sarebbe una garanzia, un’assicurazione per il l’Italia ma così non potrebbe muoversi come sta facendo ora per cambiare il Paese. Poi se mi si chiede Draghi al Colle o nulla… io dico Colle tutta la vita”.
CARLO CALENDA MEME
2 - UN PASTICCIO CHE ALIMENTA I SOSPETTI SUI 5 STELLE
Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
Colpisce il silenzio tombale del Pd dopo il «no» del grillino Giuseppe Conte alla candidatura offertagli in un seggio sicuro di Roma. Ma sorprende ancora di più la motivazione data dall'ex premier del M5S. Mentre i suoi cantori nel Movimento spiegano imbarazzati che vuole «stare tra la gente», Conte ha dichiarato in tv di volere arrivare in Parlamento «dalla porta principale»: e cioè alle elezioni politiche.
Conte, Claudio Mancini e Gualtieri
La frase ha lasciato basiti i vertici del Pd per due ragioni, entrambe tali da far pensare o a una gaffe o a strategie esposte in modo incauto. La prima è che il segretario Enrico Letta è appena tornato alla Camera dopo un'elezione suppletiva a Siena; seguendo il ragionamento di Conte, dunque, da una «porta di servizio».
Prima gaffe, che l'alleato del Pd ha tentato di ridimensionare parlando di «situazione diversa» per Letta. Il secondo effetto del «no» è che alimenta i sospetti di chi vede in Conte un tifoso del voto nel 2022: prospettiva vista come l'inferno dai suoi Cinque Stelle, pronti a tutto per evitare questo epilogo. È noto che la loro ostilità nei confronti della candidatura del premier Mario Draghi al Quirinale ha come giustificazione ufficiale la convinzione di scivolare verso le urne.
ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE
I grillini sono quasi certi di essere falcidiati dalla riduzione dei parlamentari introdotta col loro referendum costituzionale, alla quale si aggiunge una crisi di consensi che non accenna a fermarsi. Per questo vogliono arrivare al 2023. Il capo di Azione, Carlo Calenda, pronto a candidarsi contro di lui, ha replicato che in realtà Conte aveva paura di essere battuto. Ma anche fuori dalla nebulosa centrista, esponenti di primo piano del Pd confidano in privato che la scelta di non confrontarsi con l'elettorato rischia di fare apparire l'ex premier come un politico spaventato dal voto popolare.
giuseppe conte roberto gualtieri 9
In fondo, aggiungono, è stato sempre cooptato:a Palazzo Chigi. E grazie a questo ha ottenuto una popolarità che ancora resiste. Le urne sarebbero un tabù perché potrebbero smentire la narrativa grillina. Ma il contraccolpo più scivoloso è per un Pd che sull'asse con i Cinque Stelle di Conte ha investito e continua a investire. Lo fa in vista del voto per il Quirinale, e per le alleanze del futuro.
Eleggerlo deputato avrebbe significato poter contare su un maggior controllo del gruppo parlamentare grillino. Si tratta di una massa di voti, tentata dall'appoggio alle candidature più disparate per il Quirinale. E non compattamente, come pure assicura Conte bollando come «totalmente sbagliata» l'analisi di chi accredita divisioni e cordate. Insomma, come minimo, si è assistito a un pasticcio politico che riduce i margini di manovra della sinistra. E certamente non contribuisce a nutrire la fama di affidabilità del Movimento.