PAOLO GUZZANTI PRESENTA LA GRANDE TRUFFA A OMNIBUS - LA7
Estratto da “La grande truffa”, di Paolo Guzzanti (Ed. Piemme)
PAOLO GUZZANTI - LA GRANDE TRUFFA
Queste pagine sono dedicate a un tema che abbiamo per comodità chiamato «la grande truffa» senza riferirci a colpi ladreschi come la stangata e neanche a rapine o catene di Sant’Antonio.
La truffa cui ci riferiamo è più simile a una malformazione ereditaria che a un colpo gobbo. Si tratta ovviamente della truffa giudiziaria ed è bene dire subito che non si tratta di un libro contro la magistratura e neppure contro quei singoli magistrati i cui nomi sono emersi dalle cronache per comportamenti che danno i brividi.
Ciò che unisce gli episodi e lo stile della grande truffa è molto più grave delle colpe, se ci sono e quando ci sono, di una corporazione che in alcuni momenti della storia italiana sembra riottosa, ma con il candore degli impuniti.
Il giudice Palamara disse di sentirsi con la coscienza a posto, avendo agito da magistrato seguendo l’indirizzo politico del capo supremo della magistratura, ovvero il presidente del Consiglio superiore della magistratura il quale, non per caso e non senza conseguenze, è anche presidente della Repubblica. E nel caso cui si riferiva il giudice Palamara, si trattava del presidente Giorgio Napolitano.
PAOLO GUZZANTI
L’Italia – considerata come ente astratto ma incredibilmente concreto –, più che un Paese moderno, è un’unica matassa imbrogliata da fili che perlopiù non hanno capo né coda, che non stanno insieme fra loro, da qualsiasi parte provi a sbrogliarla.
E infatti non solo non funzionano, ma il loro fallimento a spese del cittadino è compreso nel prezzo, ma anche nel disprezzo, tant’è che la parola più abusata, noiosa e insignificante del linguaggio politico fin dall’inizio della Repubblica è la parola «riforme».
Scrivo cronache di quel che succede in Italia dal 1962 e sono dunque più di sessant’anni. L’origine del male sta tutta e soltanto nella genesi illiberale dello Stato italiano, in Repubblica o monarchia, sotto (o al fianco) della dittatura o nel corso delle feroci lotte fra partiti.
LUCA PALAMARA - OLTRE IL SISTEMA
L’origine illiberale del nostro Paese è la stessa di due secoli fa: basta leggere l’integrale Pinocchio di Collodi, il romanzo e la Storia della colonna infame di Manzoni e l’insuperabile reportage di Giacomo Leopardi sul carattere degli italiani: non solo sono bandoli della stessa matassa, ma anche prova di quanto siano vive e indistruttibili le radici di quel malessere che abbiamo scelto di definire «la grande truffa».
Ovunque i suoi effetti si presentino, e specialmente nell’erogazione del servizio pubblico della giustizia, invariabilmente si scopre che sono di materiale incorruttibile: persino la corruzione che generano non è corruttibile. Alla base genetica di questo potere c’è un fatto oggettivo e gravissimo: nulla dei principi costituzionali e anche della politica ha come suo fondamento la libertà.
Palamara Vietti Napolitano
Immagino che soltanto a leggere la parola «libertà» un’esplosione di sbadigli abbia generato un senso di nauseato fastidio: per favore, basta parlare di questa parola così vuota e insignificante, parliamo invece dei problemi reali, perché ben altre sono le questioni da risolvere.
Nei primi anni del secolo inventai un brutto sostantivo, «benaltrismo», nei miei editoriali sul Giornale. Paolo Mieli sul Corriere della Sera dette alla luce un altro sostantivo della stessa famiglia: il «cerchiobottismo», la pratica specialmente italiana di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Il benaltrismo si incontra in ogni dibattito televisivo non appena qualcuno tenta con fatica e anche poco allenamento di dare la scalata a quegli oggetti misteriosi che sono i valori. I valori, così come la libertà, sono concetti in genere vuoti, probabilmente perché sputtanati dalla retorica.
paolo mieli foto di bacco
La retorica italiana è una malattia cronica e la potrete apprezzare in ogni seduta parlamentare o di tribunale, a ogni inaugurazione, matrimonio, funerale.
Così dicendo, non pensiamo affatto di scagionare chi fa in modo – in politica, magistratura, giornalismo, carriere statali, università, nella palude della salute – che la madre del mostro sia sempre incinta.
La Costituzione italiana è frutto di una grandissima fatica e tremenda tensione all’interno di un mondo oggi scomparso ma che ancora comanda e il suo modo di comandare permette di perpetuare l’impunità attraverso l’intimidazione. Il potere di intimidazione è scritto nella primissima parte della Costituzione in cui si dice che il bene supremo del Paese sono i partiti, i sindacati, la Chiesa di un tempo ormai remoto.
PAOLO GUZZANTI CON I FIGLI SABINA E CORRADO
Bisogna prima di tutto assicurarsi che i giudici sentano come primo dovere quello di salvaguardare gli innocenti.
Di qui la necessità di una magistratura che prima di tutto protegga gli innocenti da persecuzioni infondate e prepotenze.
[…] Ebbene, spiace dirlo ma la Costituzione italiana non è fondata sulla libertà, ma sul lavoro. E più volte nel testo della Costituzione si parla dei «lavoratori» come sinonimo di cittadini e mai della singola persona.
Ciò dipendeva dai tempi eccezionali in cui la Carta fu concepita, scritta e approvata dall’Assemblea Costituente, per un Paese che usciva sia da una dittatura sia da una guerra straziante e malamente persa e non sentita.
MAGISTRATI
La parola «libertà» non compare nel primo articolo della Costituzione e neppure nel secondo, ma appare incidentalmente come effetto collaterale soltanto nella seconda parte dell’articolo 3, in cui si dice che è «compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
SILVIO BERLUSCONI PAOLO GUZZANTI
paolo guzzanti