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    IL NUOVO SAPORE DA ASSAGGIARE A "MASTERCHEF"? IL TURPILOQUIO: E' UN TUTTO UN FIORIRE DI "CAZZO", "FANCULO", "MERDA", "FOTTITI" - ELENA LOEWENTHAL: "NON C'E' CONSERVAZIONE SENZA INNOVAZIONE. E DOPO LE LACRIME, ABBONDANTEMENTE SDOGANATE NELLE PASSATE EDIZIONI, L'IMMANCABILE NOVITA' QUEST'ANNO SONO LE PAROLACCE, SULLA BOCCA DI GIUDICI E CONCORRENTI. IL PIU' GETTONATO E' L'ORGANO RIPRODUTTIVO MASCHILE CHE ACCOMPAGNA PREPARAZIONE, PRESENTAZIONE, VALUTAZIONE DI OGNI PIATTO"


     
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    Elena Loewenthal per “la Stampa”

     

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    Giunto alla sua dodicesima edizione, Masterchef è una garanzia: rassicurante e divertente, non delude mai. I tre giudici di lungo corso sono diventati consumati teatranti (nella migliore accezione del participio presente) con battute tanto prevedibili quanto calzanti e una mimica facciale in cui lo spettatore non meno consumato di loro legge la mappa di tutte le papille gustative in gioco.

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    Il casting dei personaggi, pardon, concorrenti, ha raggiunto livelli di eccellenza sempre più sofisticati: il campionario umano ai fornelli è davvero strabiliante. Chissà come e dove li pescano.

     

    Ogni concorrente ha cucita addosso una storia, che sia strappalacrime o invidiabile, credibile o fuori contesto. Tutti hanno una fede cieca nell'arte del cucinare, tutti vanno in visibilio davanti allo chef ospite e sognano da sempre di essere lui/lei. Poi magari non hanno idea di come si metta su una besciamella, ma impiattano a suon di pinze e bisturi e danno alle loro creazioni nomi d'arte degni di Raymond Queneau.

     

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    Ma, come ben si sa, non c'è conservazione (è il caso di dirlo, visto il contesto) senza innovazione, e anche a questo proposito la sanno lunga, a Masterchef. Che è sempre lo stesso e anche per questo ci piace tanto.

     

    Ma che è puntualmente capace di sorprenderci ogni anno che passa con un tocco da maestro, un nuovo sapore da assaggiare per la prima volta. Come quello delle lacrime, abbondantemente sdoganate in una delle passate edizioni, con dovizia di piagnistei d'ogni genere: piangevano (e continuano a piangere) nerboruti giovanotti e studentesse accigliate, massaie annoiate e timidi liceali.

     

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    L'immancabile novità quest' anno sono le parolacce. Il turpiloquio, sino alla precedente edizione placcato all'origine o, alla peggio, schermato da sequenze di impronunciabili asterischi, è ora sdoganato, ed è tutto un fiorir di c***i, fan***o, me**a, fot***i e chi più ne ha più ne metta, sulla bocca di tutti, giudici e concorrenti. Il più gettonato, anche nelle sue forme composte, verbali o sostantive che siano, è di gran lunga l'organo riproduttivo maschile, che accompagna la preparazione, la presentazione e la valutazione di praticamente ogni piatto. Il che non è detto che sia un male, beninteso: il mondo cambia e Masterchef è un segno dei tempi.

     

    giorgio locatelli antonino cannavacciuolo bruno barbieri masterchef giorgio locatelli antonino cannavacciuolo bruno barbieri masterchef

    È innegabile che certe parole considerate impronunciabili sino a pochi anni orsono facciano ormai parte (eccome! ) del comune parlare e sentire. Un porca la miseria non scompone più nessuno. Senza contare che la cucina, per quanto sotto i riflettori come sono le postazioni di lavoro dei concorrenti, è luogo dell'intimità dove ci si lascia andare. Un po' come il bagno.

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    Ma non si può negare che lo spettatore si ritrovi destabilizzato da tanta spontaneità: non riesce sempre a reprimere il sussulto in poltrona di fronte all'irripetibile sequela di improperi che sfodera la brunetta spedita al pressure test, al vai a farti etc pronunciato a denti stretti nelle direzioni più disparate. Prima o poi ci si abituerà, al turpiloquio sdoganato da Masterchef: un po' perché così va il mondo, un po' perché quel palcoscenico tanto rassicurante quanto sorprendente altro non è se non lo specchio di quello che siamo, tutti noi, cuochi più o meno provetti.

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