DESIREE MARIOTTINI E LA MADRE
Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera - Edizione Roma”
A trentasei anni Gianluca Zuncheddu ha già conosciuto un lutto inesprimibile: la perdita di una figlia. Neppure il vocabolario ti aiuta: manca la parola che descriva la condizione di un genitore privato di un figlio. É il suo giorno nell' aula bunker di Rebibbia dove si celebra il processo per la morte di Desirée Mariottini, la sedicenne stuprata e uccisa da un mix di sostanze stupefacenti in via dei Lucani il 18 ottobre 2018.
gianluca zuncheddu padre di desiree mariottini
E lui, ascoltato in coda a una lunga serie di testimoni (fra i quali i medici legali che si occuparono della vicenda), risponde, spiega, racconta. Poi, durante il controesame si fa più riluttante, meno concreto, più esitante: «Io l' avrei salvata se avessi potuto intervenire» dice l' uomo di strada che è in lui, già coinvolto in un' inchiesta per spaccio di stupefacenti.
Zuncheddu parla, ad esempio, della volta in cui la riportò a casa, dopo che Desirée si era resa introvabile e lei glielo fece pesare, denunciandolo per aver violato il divieto di avvicinamento disposto dal giudice dopo la separazione dalla moglie, Barbara Mariottini.
desiree con la madre
Un'età complicata quella di Desirée. Resa più aspra da un'handicap a un piede che pareva condizionarla rendendola più insicura e ancora più infelice. Un dato, quello dell'introversione della ragazza, che le difese tenteranno di utilizzare a proprio vantaggio.
Come se la narrazione di una ragazza complessa potesse distrarre dalla brutalità dei fatti ricostruiti dall' aggiunto Maria Monteleone e dal sostituto Stefano Pizza.
Quando la notizia della morte di Desirée è arrivata il padre era agli arresti domiciliari ma oggi in aula allude ad approfondimenti svolti in prima persona: «Sono stato a San Lorenzo - dice - e ho saputo lo squallido retroscena sulla morte di mia figlia».
gianluca zuncheddu padre di desiree mariottini 3
Desirée, dice di aver ricostruito suo padre, sarebbe stata venduta agli spacciatori da una delle ragazze del giro di via dei Lucani. Circostanze che non sarebbero emerse in sede di indagine affiorano ora durante il dibattimento, possibile? Zuncheddu risponde con le lacrime ad alcune domande. É provato ma appare sincero, autentico nel suo dolore. Quanto ad Alinno Chima, detto «Cisco», uno degli imputati al processo, la Cassazione ha confermato le motivazioni per convalidare la custodia in carcere nei suoi confronti.
CHIMA ALINNO
Le ragioni? «L'assenza di qualunque integrazione dell' indagato sul piano socio-economico in particolare per quanto concerne la disponibilità di lecite fonti di guadagno, la spiccata capacità a delinquere tratta dalla diuturna attività di spaccio e dalla estrema gravità del fatto» scrivono i giudici riferendosi, di fatto, al pericolo di fuga che potrebbe verificarsi se «Cisco» fosse scarcerato. Commenta il difensore, l' avvocato Giuseppina Tenga: «Il Riesame ci aveva dato ragione, ora la Cassazione respinge le nostre richieste. Vedremo cosa stabiliranno i giudici al processo dove ci pare si stia facendo chiarezza».
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