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    VATICANO CITTA' APERTA! BERGOGLIO: "AMO IL NEOREALISMO. SONO CRESCIUTO CON ANNA MAGNANI E ROBERTO ROSSELLINI" - IL PAPA NEL NUOVO LIBRO DI DARIO EDOARDO VIGANO' PARLA DEL SUO RAPPORTO CON IL CINEMA ITALIANO - "I FILM DEL NEOREALISMO CI HANNO INSEGNATO A GUARDARE LA REALTA' CON OCCHI NUOVI. IL FILM CHE HO AMATO DI PIU' E' STATA "LA STRADA" DI FELLINI CHE HA SAPUTO DONARE UNA LUCE INEDITA ALLO SGUARDO SUGLI ULTIMI"


     
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    Dario Edoardo Viganò per la Repubblica

     

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    ln questo colloquio, estratto dal volume "Lo sguardo: porta del cuore. Il neorealismo tra memoria e attualità", il Pontefice racconta il suo amore per i capolavori del Novecento, da “Roma città aperta” di Rossellini alle grandi opere di De Sica e Fellini. Una passione nata grazie ai genitori: «Ci portavano spesso in sala, così capimmo gli effetti della guerra».

     

    Nel suo magistero non di rado fa riferimento al cinema: talvolta la sentiamo citare questo o quel film. Da dove nasce questo suo particolare rapporto col cinema?

    «Devo la mia cultura cinematografica soprattutto ai miei genitori. Quando ero bambino, frequentavo spesso il cinema di quartiere, dove si proiettavano anche tre film di seguito. Fa parte dei ricordi belli della mia infanzia: i miei genitori mi hanno insegnato a godere dell'arte, nelle sue varie forme. Il sabato, ad esempio, con la mamma, insieme ai miei fratelli, ascoltavamo le opere liriche che trasmettevano alla Radio del Estado (oggi Radio Nacional).

     

    Ci faceva sedere accanto all'apparecchio e prima che cominciasse la trasmissione ci raccontava la trama dell'opera. Quando stava per iniziare qualche aria importante ci avvertiva: "State attenti, questa è una canzone molto bella". Era una cosa meravigliosa. E poi c'erano i film al cinema, per i quali i miei applicavano lo stesso metodo: come facevano con le opere, ce li spiegavano per farci orientare».

     

    Lo sguardo, porta del cuore Lo sguardo, porta del cuore

    Ed è in questo contesto che è nato anche il suo rapporto con il neorealismo italiano.

    «Sì, tra i film che i miei vollero assolutamente che noi conoscessimo c'erano proprio quelli del neorealismo. Tra i dieci e i dodici anni credo di aver visto tutti i film con Anna Magnani e Aldo Fabrizi, tra cui "Roma città aperta" di Roberto Rossellini che ho amato molto.

     

    Per noi bambini in Argentina, quei film sono stati molto importanti, perché ci hanno fatto capire in profondità la grande tragedia della guerra mondiale. A Buenos Aires la guerra l'abbiamo conosciuta soprattutto attraverso i tanti migranti che sono arrivati: italiani, polacchi, tedeschi... I loro racconti ci hanno aperto gli occhi su un dramma che non conoscevamo direttamente, ma è anche grazie al cinema che abbiamo acquisito una coscienza profonda dei suoi effetti».

     

    Dove sta l'attualità di questi film?

    «I film del neorealismo ci hanno formato il cuore e ancora possono farlo. Direi di più: quei film ci hanno insegnato a guardare la realtà con occhi nuovi. Quanta necessità abbiamo oggi d'imparare a guardare! La difficile situazione che stiamo vivendo, segnata a fondo dalla pandemia, genera preoccupazione, paura, sconforto: per questo servono occhi capaci di fendere il buio della notte, di alzare lo sguardo oltre il muro per scrutare l'orizzonte».

     

    Ma in che modo questo cinema può insegnarci a guardare?

    roma citta aperta roma citta aperta

    «Quello neorealista è uno sguardo che provoca la coscienza. "I bambini ci guardano" è un film del 1943 di Vittorio De Sica che amo citare spesso perché è molto bello e ricco di significati. In tanti film lo sguardo neorealista è stato lo sguardo dei bambini sul mondo: uno sguardo puro, capace di captare tutto, uno sguardo limpido attraverso il quale possiamo individuare subito e con nitidezza il bene e il male».

     

    A questo proposito viene alla mente un altro grande maestro del cinema italiano come Federico Fellini, che lei ama spesso citare, per la sua capacità di restituire lo sguardo sugli ultimi.

    roma citta aperta roma citta aperta

    «Sì, "La strada" di Fellini è il film che forse ho amato di più. M'identifico molto in quel film, in cui troviamo un implicito riferimento a san Francesco. Fellini ha saputo donare una luce inedita allo sguardo sugli ultimi. In quel film il racconto sugli ultimi è esemplare ed è un invito a preservare il loro prezioso sguardo sulla realtà».

     

    Se dovesse, dunque, indicare qual è la qualità più importante dello sguardo neorealista?

    masina la strada masina la strada

    «Direi quella di aver saputo guardare non solo dentro la storia, ma anche dentro il cuore degli uomini. In questo sta la sua catechesi di umanità: valida allora e valida oggi. Uno sguardo che tocca la realtà, ma anche il cuore, è uno sguardo che la realtà la trasforma.

     

    Non è uno sguardo che ti lascia dove sei, ma è uno sguardo che ti porta su, che ti solleva, che ti invita ad alzarti. Il cinema neorealista ha avuto questo potere, proprio della grande arte, di saper cogliere nell'inverno ciò che era già primavera. È uno sguardo che nelle tenebre custodisce il gusto e il senso della luce».

     

    Che valore ha per lei il cinema nella dinamica tra storia e memoria? E quanto è importante custodire questa "memoria per immagini"?

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    «Questo è un discorso decisivo per il futuro. Nella mia esperienza di pastore ho attinto diverse volte alla "memoria per immagini": in Amoris laetitia, faccio riferimento al film "Il pranzo di Babette", di Gabriel Axel (1987), per spiegare l'importanza della "gioia che deriva dal procurare diletto agli altri"; in Fratelli tutti ci sono ben tre riferimenti al film "Papa Francesco - Un uomo di parola", di Wim Wenders (2018).

     

    Il cinema insegna a creare e custodire la memoria, attraverso uno sguardo che sa tradurre e decifrare il messaggio. Dobbiamo essere bravi custodi della "memoria per immagini" per trasmetterla ai nostri figli, ai nostri nipoti. Non bisogna sottovalutare l'importanza di questi documenti che, pur essendo un patrimonio recente, è paradossalmente molto fragile e necessita di costanti cure: molto è già andato perso a causa dell'incuria e della mancanza di risorse e competenze. Su questo fronte dobbiamo fare di più, anche come Chiesa".

     

    stephane audran il pranzo di babette stephane audran il pranzo di babette

    Fare di più da parte della Chiesa significa anzitutto non disperdere il patrimonio delle fonti audiovisive o forse poter immaginare qualcosa che si affianchi alle grandi istituzioni vaticane dell'Archivio e della Biblioteca apostolica?

    «Penso a un'istituzione che funzioni da Archivio Centrale per la conservazione permanente e ordinata secondo i criteri scientifici, dei fondi storici audiovisivi degli organismi della Santa Sede e della Chiesa universale. Potremmo chiamarla una Mediateca».

     

    Il libro e l’incontro

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    Questo testo è un estratto da "Lo sguardo: porta del cuore. Il neorealismo tra memoria e attualità" di Dario Edoardo Viganò (Effatà, pagg. 104, euro 14), Vice Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali della Santa Sede. Il volume contiene un’intervista sul cinema al Papa.

     

    Incontro con l’autore all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede il 21 luglio alle 10: l’ambasciatore Pietro Sebastiani introduce, poi interventi di Francesco Bruni, regista e sceneggiatore; Enrico Bufalini, direttore dell’Archivio storico Luce; Gianluca Della Maggiore di Uninettuno; la direttrice Teche Rai Paola Sciommeri. Modera Giovanna Pancheri, contributo video di Violante Placido.

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