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    "SONO UNO STUPIDO" – UN BIMBO DI 7 ANNI COSTRETTO A RIPETERLO PER 100 VOLTE DAL PATRIGNO CHE È STATO ARRESTATO. LA CONFESSIONE CHOC DEL PICCOLO: "NON L’HO MAI DETTO A NESSUNO PERCHÉ LUI MI DICEVA CHE SE PARLAVO MI UCCIDEVA" – LE MORTIFICAZIONI CONTINUE, LE DOCCE GELATE E L'IDEA CHE “L’EDUCAZIONE SI IMPARTISCE CON LE BOTTE” - LA COMPAGNA NON DENUNCIAVA "PER AMORE DEI FIGLI". A CHIAMARE LA POLIZIA E’ STATA LA…


     
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    Elisa Sola per https://torino.corriere.it

     

     

    bimbo costretto a ripetere dal patrigno 'io sono uno stupido' bimbo costretto a ripetere dal patrigno 'io sono uno stupido'

    «Sono uno stupido». La frase la ripeteva fino a cento volte di seguito, quando la mamma non c’era, in casa col patrigno. Se non lo faceva, erano botte. Ormai quel ritornello, Luca (il nome è di fantasia), 7 anni, lo recitava anche senza esplicita richiesta. Era così abituato a dirle, quelle tre parole, che quando era sovrappensiero si lasciava scappare l’autoaccusa.

     

    «Non sei capace di far nulla»

    Non era l’unica mortificazione che era costretto a subire. Mentre faceva i compiti, nella casa popolare in Barriera di Milano assegnata al compagno della mamma, ogni tanto lui lo sorprendeva da dietro urlando: «Non sei capace a fare nulla, sei un bastardo incapace». E quando la rabbia dell’uomo aumentava, Luca era costretto a «fare la doccia».

     

    Sotto il getto dell’acqua l’aguzzino gli stringeva la pelle fino a farlo urlare. Sulle cosce e su tutto il corpo sono rimasti tanti piccoli lividi. «Non l’ho mai detto a nessuno perché lui mi diceva che se parlavo mi uccideva», ha rivelato il piccolo. L’incubo di Luca, della madre e della sorellina di due anni è finito giovedì sera, quando gli uomini delle Volanti della polizia hanno arrestato un italiano di 30 anni. Per almeno tre anni ha sottoposto a sevizie la compagna, italiana di 33, e quel bimbo, che l’uomo non tollerava perché non era «figlio suo». La filosofia era: «L’educazione si impartisce con le botte».

     

    Insulti e botte alla compagna

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    La mamma, una delle tante donne (almeno una la giorno, è la stima per difetto a Torino) che subiscono violenze dagli uomini, era bloccata dal terrore. Ai poliziotti, che sono intervenuti perché la nonna di Luca li ha chiamati dopo una telefonata con la figlia, ha detto: «Non l’ho mai denunciato per amore dei miei figli». Il cosiddetto «amore» erano insulti quotidiani alla donna, davanti agli occhi dei bimbi, ma anche botte e mortificazioni per Luca.

     

    «Ti auguro la morte»

    Quando gli agenti delle Volanti sono accorsi nell’alloggio dell’Atc, si sono messi ad ascoltare per pochi secondi fuori dalla porta cosa stesse accadendo, raccogliendo elementi di prova. «Ti auguro la morte, tanto ti deperisci facilmente, arriverai a suicidarti», urlava lui contro la vittima, che teneva in braccio la bimba di due anni, disperata.

     

    Quando ha visto i poliziotti che hanno portato via l’aguzzino, la donna ha deciso di sporgere querela e di chiedere protezione. Sono emersi molti dettagli di brutalità quotidiana. E la storia di Luca, vittima che non ha potuto scegliere cosa fare e che ha subìto per anni scenate come quella di qualche sera fa, quando il patrigno, a tavola, alla mamma ha detto:

     

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    «Ti butto addosso l’acido e così fai la fine delle donne che vanno in tv dalla D’Urso». Nonostante avesse una gamba parzialmente amputata, l’uomo picchiava con tutta la forza che aveva. Il primo ceffone che ha dato, tre anni fa, alla compagna, l’aveva stesa a terra. Il pm di turno ha ordinato per l’uomo il carcere, o i domiciliari, nel caso in cui un familiare potesse ospitare l’indagato: nessuno lo ha voluto.

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